Nebbia potrebbe essere inteso come una riflessione lunga nove canzoni che gira attorno ad una domanda: se tutti gli altri sparissero, si potrebbe cancellare la sofferenza?
Quanto dipende il nostro star bene dalle altre persone? E quante sono le persone che davvero valgono? Possiamo fare a meno di tutto? Spiegato meglio: ha senso parlare di benessere (in senso quanto più ampio possibile) senza relazione? Quanto serve soffrire? Quanto è utile? E quanto dipende il nostro star male dagli altri? Quante volte possiamo ricominciare una storia?
Me e gli altri. Qualsiasi cosa facciamo, per chi la facciamo? Quanto, di quello che facciamo, lo facciamo esclusivamente per noi? E non per ricevere approvazione, conferme, credito?
“Ciò che conta è il processo, non il prodotto”, è una frase attribuita a Duchamp.
Fare un disco è, già di per sé, una risposta che ti dai. Ma ogni disco è una risposta, ma anche una domanda. La prima sua richiesta - intrinseca - è quella di venire ascoltato. Ma in NEBBIA ne sopraggiungono sempre altre, una domanda dopo l’altra, fino a che la risposta non diventa più necessaria, e resta solo l’interrogazione, sospesa, per far sì che ci si possa riempire di questo stand by della comunicazione, questa assenza del proprio io che cerca sempre di rispondere, di parlare, di riempire lo spazio bianco, il vuoto.
Ci sono immagini e parole che ritornano lungo tutte canzoni, come la ricerca di un mantra che riesca a regalare un po' di pace, un attimo di tregua.
C'è questa ipotesi assurda da cui si dipanano le storie: vediamo ogni cosa perché la luce la colpisce, e il suo riflesso arriva ai nostri occhi sotto forma di radiazioni luminose. Ma se fossimo capaci di voltarci e aprire gli occhi un infinitesimo più rapidi della velocità della luce, prima che il tutto che ci sta attorno arrivi ai nostri occhi, come sarebbe il mondo? Di che colore saresti tu? Cosa vedremmo? Riusciremmo forse a far scomparire ogni cosa? E se sì, quando vorremmo farlo? Quando vorremmo che tutto sparisse? Eh?
COMMENTI (3)
retrogusto di Capra in alcuni passaggi.
non è una cosa brutta eh
bello bello bello
oggi ero triste, poi è uscito il disco e mi hanno telefonato da un locale dove devo cominciare a lavorare.
Ora è tutto più bello.