Descrizione

Foresta è nata per sbaglio mentre cercavo di scrivere un'altra canzone. Ero appena tornata a casa dopo una serata tirata troppo per le lunghe solo perchè stavo parlando con una persona che mi interessava, erano le cinque ed avevo questo mix di emozioni che mi infastidiva. Non riuscivo a capire bene se provassi effettivamente qualcosa o se era semplicemente dipendente dalla situazione in cui ci eravamo trovati, ubriachi per strada a parlare anche quando non c'era più nessun altro. In più conoscendo la volatilità delle mie emozioni e dei miei impulsi, avevo deciso di non fare niente, ma questo mio non fare niente mi aveva fatto frustrare ancora di più, come se ci fosse un qualcosa che si agitava nel mio petto e mi faceva venire voglia di urlare, o strapparmi la faccia. Quindi rientrata a casa avevo preso la chitarra per scrivere una canzone che parlasse di questa persona, ma ero completamente bloccata e non mi uscivano nè le parole nè la melodia. Allora smatto, come faccio sempre se non mi riesce qualcosa, e inizio a suonare cose a caso tutta scazzata. Non ricordo come è successo, ma è così che è nata Foresta, con una sequenza di accordi che neanche mi ero accorta di star facendo e una melodia instintiva seguita immediatamente da parole che uscivano come se mal digerite e vomitate. è un flusso di pensieri che si è gettato da solo fuori dalla mia bocca; io mi volevo semplicemente togliere la faccia dalla frustrazione. Eppure è una delle canzoni che mi racconta meglio, anche nel suo risultare a volte poco chiaro, molto rarefatto, altre alle parole è in generale un mood che mi rispecchia molto. Questo mio voler essere sola ma allo stesso tempo in mezzo agli altri, questo mio sentire emozioni in modo forse troppo forte e rincorrerle continuamente solo per rendermi conto di star andando in cerchio, mai spostandomi veramente, perdendomi nella confusione che ho in me molto simile al meandro di una foresta dove sei arrivato per caso e non ricordi neanche tanto bene come e perchè, sei solo là, ed è tutto molto rarefatto, non vedi molto bene dove stai andando, anche borderline macabro forse ma allo stesso tempo bello da vedere e da vivere. è per questo che dico che vado lenta per vedere cosa resta, perchè avendo la vista sempre lievemente appannata da questi sbalzi di emozioni, da questi dubbi, l'unico modo che ho per vedere veramente qualcosa è aspettare che mi si palesi daventi, senza andare in giro come a tentoni ne buio. Però non parla solo di me inteso come me Ginevra, parla di me come una qualsiasi ragazzo/a x, non conosco un pischello della mia età che non si senta perso o confuso in qualche modo. In maniera più concerta, per esempio, il non voler veder nessuno e allo stesso tempo stare ad una festa è un sentimento molto comune in molti dei miei amici, dove in realtà preferirebbero stare a casa ma hanno paura di perdersi qualcosa, la cosiddetta fomo (fear of missing out). La prima strofa invece è quasi un'analisi, come risulta il mondo ad un pischello appena uscito dal liceo che si vede miliardi di possibilità aprisi di fronte hai suoi occhi tutte in potenza, niente è veramente tra le sue mani. Allo stesso tempo però vede tutto il resto del mondo muoversi quasi meccanicamente, sempre in vista di uno scopo, come se si fermassero due secondi per pensare o fare qualcosa al di fuori dell'utile non partirebbero più. E quindi si sente ovviamente schiacciato, perché giustamente uno a diciotto anni appena uscito da un ambiente protetto come il liceo non ha idea di chi è o chi vuole essere per i prossimi settant'anni, però c'è questa fretta di laurearsi, di trovare un lavoro, di affermarsi entro i trent'anni, forse ancora prima, come se la vita si fermasse li, e se non ci riesci allora sei uno sfigato che ha solo perso tempo. Conosco veramente tante persone indecise che ancora non hanno idee di quello che vogliono fare, e se qualcuno decide di prendersi un anno in più per pensare o di cambiare indirizzo un anno dopo deve essere solamente stimato perché avuto il coraggio di fare qualcosa che altri non avrebbero mai fatto strettamente per paura di non diventare 'utile'.
All'inizio della seconda strofa parlo della mia cinicità verso le relazioni, come in raltà conoscere e mettersi con una persona vuol dire solo che prima o poi vi manderete a fanculo. Poi si apre un qualcosa di più morale forse, il discorso di Dio vs corpo visto come anche giusto vs sbagliato e di questo mio voler essere una persona giusta ma essere allo stesso tempo attirata dalle cose 'sbagliate', anche pericolose forse, quelle cose strettamente corporee dove le persone si sentono in obbligo di dirti 'eh poi tra 10 anni te ne penti', cose che possono andare dal fumare, ai tatuaggi, a qualsiasi cosa che possa in qualche modo danneggiarti. Tende anche, come tutta la canzone, al mio preferire il caos e l'incertezza (amo cambiare idee, amo perdermi, amo contraddirmi). Ritrono al discorso delle relazioni chiedendo all'ipotetica persona x di rimanere piano senza troppi rumori perché sono sfortunatamente una persona che cambia idea e si stanca facilmente, quindi in teoria il suo avere troppo il fiato sul mio collo dovrebbe in qualche modo salvaguardare, ma in pratica non è cosi perché come dico dopo io voglio consumare ed essere consumata, prefersico una relazione breve e intensa a una duratura e tranquilla.
Però in realtà, dopo tutta questa analisi, la cosa che mi piace di più di questa canzone è la sua ambiguità, come io potrei star dicendo tutto e niente, lasciando spazio alle interpretazioni, vorrei che ognuno riuscisse a trovare un pezzo di se nelle sfumature che lascio, anche se in completo disaccordo con quello che avrei voluto dire. Non vorrei che diventasse solo una mia canzone, ma, forse troppo ambiziosamente, un inno a qualcosa, al dubbio, alle incertezze, al caos, perché per me sono fottutamente belli.

Credits

COMMENTI

Aggiungi un commento avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia