TESTO
siamo tornati sconosciuti seduti sui bordi di una panchina
in un’altra notte bianca spesa ad accogliere la mattina,
in mente sempre meno dettagli torbida pioggia fina
e un ultimo rauco saluto seguito da sbuffi di nicotina
cammino ma la rotta non è data dalla banderuola
meglio seguire il limpido canto che porta al dubbio che consola
o lasciare che muoia la nostra memoria con l’inverno
cancellando i nostri nomi conservati in ogni quaderno?
com’è possibile rassegnarsi e abituarsi a non essere forte?
come posso pensare a te dimenticando la nostra sorte
se tutto scorre come sempre e piantare radici non blocca i secondi
e luce calda emerge ma perde contro cicatrici di tagli profondi?
eppure era bello sperare in un’altra estate,
credere in un risveglio dopo troppe giornate sbagliate
e in una quiete sotto alle frasche che sa fermare il cielo violento
ma il dolore non si placa neanche se a perdere è il cemento
ed ecco aprile giunto cauto e consapevole che farà vittime
tradite dalla brezza e dalle viole spente per ultime
e condannate a invecchiare non prima di aver commesso errori
presto rifiuti nella catena di montaggio delle stagioni
chissà solo se è possibile fare almeno un passo indietro
poi un altro e allontanarmi da ciò che vedo ma in cui non credo
farne un terzo per ritrovarci e ricordare d’essere vetro
farne un ultimo per rimediare e concedermi un congedo
da questa terra arida e stanca in cui i sentimenti si fanno sbiaditi
dove l’eterno non esiste sebbene si attenda all’infinito
come se il tempo mi stesse strappando di dosso quei giorni che abbiamo rubato
per scappare da tutto il disordine solo per prendere fiato
eppure era bello aspettare l’alba insieme,
ascoltarti parlare piano coprendo ogni nembo che geme,
addormentarsi di nascosto, svegliarsi col calar del sole
e toccare l’orizzonte sfiorando il suono delle tue parole
—
non credevamo a una parola se non a quella che tutto scuote
come musica che scandisce ogni momento tra pause e note
e come un’eco remota crescevano alti i prati e ricchi gli alberi
che riparavano dalla grandine il trionfo di un volo di rondini
ora rimane un anemone muto rimproverato da troppe omelie
mi osserva affogare nel mio sguardo vuoto e imbevuto di nostalgie
e intanto affanno le mia grida bramando aria tra ogni lacrima
infierendo nella carne per alleviare d’un peso l’anima
ma un ansito non basta a porre un freno
nulla cambia dall’equinozio con cui dovrei riprender lena
non resta niente di quella preghiera, veleno profano e terreno
non resta nemmeno quello zefiro che danzando lambiva la nostra schiena
restano mani che si inseguono cercando spiragli tra vecchie pareti
ipnotizzate da fili invisibili, strangolate da troppi segreti
convinte dall’ignoto che la lontananza sia la scelta peggiore
e che cadere sia necessario per salvare un amore che muore
eppure ho scelto di arrendermi al tuo cospetto
e al ricordo del tumulto che scatenava un crescendo in petto
e di lasciare andare gli affetti che allontanavi come campiture
tinte mute eliminate per conservare le sfumature
consumate per colorare il ritmo dei miei battiti
e sperare di rivedere un movimento farsi strada
ma i giorni migliori divennero ore, minuti e infine attimi
siamo rimasti io e i ricordi e il battito che si dirada
ma che senso ha ripararsi tra le macerie?
e sommare rime sterili in strofe opulente incastrate in serie
per continuare a ergere scuse illuso che tornino i tempi andati
fra piatte metafore in cerca d’un fine e terrorizzate dagli spazi vuoti?
prendo fiato e con voce fioca e vista appannata
vago randagio di fronte ai frutti di ogni promessa mai mantenuta
e se ciò che è stato mi sevizia col suo fruscio lento e scordato
la soluzione sta nel silenzio di un nuovo crepuscolo disabitato
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ALBUM E INFORMAZIONI
La canzone aprile si trova nell'album ultima necat uscito nel 2023 per Mille Piccoli Cieli.
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L'articolo hinab - aprile testo lyric di hinab è apparso su Rockit.it il 2023-10-25 12:16:35
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