TESTO
a un anno da questa mia prima caduta non sono più in grado di alzarmi
sono la foglia spezzata dal soffio in cui voglio perdermi e dimenticarti
calde carezze ora gelidi schiaffi poche certezze ora troppi rimpianti
concedimi un ultimo ballo prima che parta per cieli distanti
foglie perse nella tua luce risplendono con la stagione più calda
per poi morire nell’anonimato nel secondo esatto che anticipa l’alba
mentre bisbigli il gemito tragico della banshee dagli occhi arrossati
e maliarda scavi il mio fegato per banchettare con gli altri dannati
ma non è la notte che stritola il giorno è la tua ombra che non ha mai fine
e se d’estate scaldavi il mio manto oggi ti prego non farmi morire
in questa pioggia di spine nebbia che cala fitta come china
dove a me resta soltanto un ricordo come la rugiada di prima mattina
perché siamo tutti legati a vertigini e non alle linfe vitali
ci illudiamo bevendo il veleno dolce dei nostri sogni carnali
pozioni letali che ci incatenano a un suolo fangoso a valle
volando per un paio d’ore senza capire che siamo solo farfalle
—
giunge l’equinozio che solca ogni livido
sorriso spento di un barlume timido
ho creduto a cristalli di neve promesse candide come lampare
ma ora il tuo freddo mi sta divorando mentre ti attendo da solo all’altare
mi son nutrito con l’odio del mondo solo per poterti donare aria pura
per provarti fiducia ogni giorno e farti scordare perché si ha paura
ma chi sono io per sfidare il destino e nuotare contro le sue onde?
foglie secche coprono i morti e niente seppellirà mai le fronde e penso:
forse avrebbe fatto meno male svanire circondato da fabbriche che affondano nel cielo
obelischi parlano con nuvole di nero senza nessuna vignetta a recintarne il profilo
frastuoni primordiali lenti annullano parole e il pensiero da confuso si fa muto mentre
foreste sintetiche elette a cattedrali ora esigono l’ennesimo tributo
e invece cado di continuo da quest’angolo di terra che da stupido chiamavo paradiso
attendo e mi arrendo al silenzio dell’afa di agosto stringimi, finché non mi avrai ucciso,
ora che un altro colore sparisce da tutte quelle foto in cui ho tentato di catturare il vento
e mi accorgo che nulla finisce ma tutto cambia volto e ritorna ostinato come il tempo
—
tu cieca e impassibile io fermo e sparuto
muta giudicavi il mio pianto strozzato
sorda quando il mio unico urlo serviva a invocare il tuo aiuto
ma se il mio sangue scorreva copioso tu mi raggiungevi guidata dal fiuto
e ora vomito pece e inietto i deserti con cui ci compongo epitaffio e requiem
però poi mi sussurri da dietro la nuca e d’incanto mi neghi la quiete
mi neghi il respiro con cui mi esorcizzo, il riposo di cui sei affamata
e la solitudine in cui mi consolo nella speranza che te ne sia andata
come ieri anche oggi mi sveglio tormentato da vista e olfatto
soggetto al profumo di nostre blandizie finché non sarò assuefatto
resterà il tatto per cancellare il tuo nome indelebile dalle pareti,
cicatrizzare ogni trauma invisibile e fare tesoro di tutti i detriti
se sadicamente vorrai farmi vivere lasciami voce ed udito
fammi sentire per sempre solo questo canto che ti ho dedicato
fin quando il passato non sarà crollato e la primavera un lontano cullarmi
ottobre, saprai farmi ancora del male ma mai quanto un aprile che non sa risvegliarmi
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Questo brano è stato inserito in alcune playlist dagli utenti di Rockit: Abissi (di @rockitadmin con 951 brani)
ALBUM E INFORMAZIONI
La canzone ottobre si trova nell'album ultima necat uscito nel 2023 per Mille Piccoli Cieli.
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L'articolo hinab - ottobre testo lyric di hinab è apparso su Rockit.it il 2023-10-25 12:16:35
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