Molti lo conoscono come cantante e chitarrista dei Bud Spencer Blues Explosion, ma il suo primo album come solista, "Goldfoil", ne ha rivelato il lato più intimo, sincero, in un'opera di rilettura e riscrittura del blues tradizionale condotta attraverso un percorso di dodici strumentali, suonati interamente da solo. Abbiamo colto l'occasione per parlarne con Adriano Viterbini: di questa sua nuova veste, degli ascoltatori e dei musicisti di blues in Italia, delle chitarre d'epoca...
Ciao Adriano, anzitutto complimenti per "Goldfoil", che per quanto riguarda la mia personale classifica (da prendere ovviamente con beneficio d'inventario) è il disco italiano dell'anno.
Grazie infinite, sono super felice di avere quel posto nella tua classifica personale.
Figurati. Diciamolo subito, per chi non ha ascoltato il disco (ma può rimediare qui): ti presenti in una veste che avrà spiazzato qualche fan della prima ora dei Bud Spencer Blues Explosion...
"Goldfoil" è il disco semplice, sottovoce, evocativo, caldo e pieno di sana malinconia, che avrei sempre voluto registrare. Negli ultimi anni sono cresciuto umanamente, e musicalmente sono alla continua ricerca di qualcosa che somigli alla mia anima, e che mi dia l'opportunità di esprimermi al meglio nei diversi ambiti musicali che amo. Ho cercato di registrare un disco che attingesse a piene mani nel passato, collocandolo però al giorno d'oggi, e proiettandolo nel futuro. Nella mia testa suona così, spero che i fan dei BSBE abbiano apprezzato.
In che modo rapporteresti il tuo progetto solista a quello con i BSBE? Sono agli antipodi o si intrecciano tra di loro? Intendo soprattutto a livello musicale.
Il mio modo di suonare la chitarra sta cambiando nel tempo. Provo a maturare un sound più omogeneo, che possa permettermi di suonare "alla Viterbini" in diversi generi. Probabilmente le nuove composizioni dei BSBE risentiranno di questa consapevolezza. "Goldfoil" e i Bud sono due miei lati: uno più pacato, l'altro più vorticoso.
Questo disco ti ha visto fare un bel passo in avanti verso gli appassionati del blues tradizionale e non contaminato, che da noi sono probabilmente la maggioranza degli ascoltatori del genere. Come vedi, dall'interno, la scena blues italiana? Parlando di chi lo ascolta...
Gli italiani amano il blues, probabilmente per la sua immediatezza. Come in ogni genere ci sono i puristi, disposti ad ascoltare solo ciò che è classico o riconosciuto come seminale. Poi c'è chi ascolta con curiosità anche chi porta avanti e chi contribuisce all'evoluzione del genere, come Tinariwen o Chris Whitley, per fare due esempi. Negli ultimi dieci anni, tra i ragazzi, il blues si rivela miscelato al garage ed al punk.
...E invece, parlando di chi lo suona. Io trovo che, a fianco a un bel numero di trad agguerriti, ci siano un po' di gruppi che giocano col blues stravolgendo le regole, rendendo la partita molto più interessante... Penso ai Waines, ai Mojomatics, ai King Howl Quartet, e ovviamente ai BSBE: anche se tu, con questo disco solista, hai barato e stai giocando in tutte e due le squadre!
Mah, guarda, io colloco "Goldfoil" in un altro ambito, probabilmente parallelo a quello trad e quello alt, ma diverso. "Goldfoil" si rifà ad un modello di disco stile Takoma, inserito nel circuito odierno. Avevo bisogno di registrare un disco libero, svincolato da tutto, sincero, sicuramente nei miei confronti.
Allora è questo il disco che hai sempre sognato di fare? O "Do It"? O nessuno dei due e ti stai tenendo l'asso nella manica in attesa di sorprenderci ancora?
L'obbligo di ogni musicista è quello di migliorarsi e cercare di dare il massimo in ogni sua testimonianza. Alla base di ogni mia registrazione c'è stata questa premessa, e lavoro ogni giorno perché voglio migliorare. "Goldfoil" mi sta regalando tantissima soddisfazione, per la prima volta riesco ad ascoltare un mio disco rimanendo calmo.
Vedendo i video su FB ma soprattutto ascoltando l'album, che è un caleidoscopio di suoni di chitarra (acustica) diversissimi tra loro, ti ho scoperto vero e proprio feticista dello strumento, soprattutto d'epoca...
Già... adoro le chitarre, i pick up, i vecchi amplificatori, gli effetti, sia cose vecchie sia le novità incredibili. Mi piace immaginare una mia chitarra, ogni strumento ha la sua canzone, e ogni strumento riesce a regalarti sensazioni diverse. Il feeling che si crea con una chitarra di ferro anziché una di legno, e viceversa, può dare origine ad un bel brano, o ad una buona idea.
Come sta andando il tour? Come risponde un pubblico solitamente drogato di volume (e che ti conosce prima di tutto come suo dispensatore primario) a un repertorio di strumentali in solitaria che vanno da Jack Rose a Blind Willie Johnson?
Il concerto di "Goldfoil" è qualcosa a cui vorrei assistere io. Sono molto fortunato, perché chi viene ad un mio live vuole sentire le mia sonorità. In più ho la possibilità di comunicare e conoscere un pubblico diverso. Al di là del rumore o del piano, l'anima e l'attitudine sono le cose che più ci tengo arrivino.
Dovessi immaginare di fondare oggi una band di blues elettrico, con voce batteria hammond e tutto, non so, stile Bluesbreakers (perdonami se la sponda inglese è sempre la prima alla quale penso) o quella di Muddy Waters, quali musicisti italiani (siamo campanilisti per una volta) contemporanei chiameresti con te?
Angelo "Leadbelly" Rossi, Alberto dei Verdena, e ovviamente Cesare dei BSBE. Mi piacerebbe fare anche un bel disco di deltabluesrap come si deve.
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L'articolo Adriano Viterbini: "Il disco che avrei sempre voluto fare" di Silvio Bernardi è apparso su Rockit.it il 2013-11-14 00:00:00
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