Alborosie era il cantante dei Reggae National Tickets, poi ha deciso di risalire alla fonte della propria musica e si è trasferito in Giamaica. Vive lì da alcuni anni ed è stato il primo bianco a vincere un MOBO Award, il premio più prestigioso della black music. Per capire qualcosa di più di come vive e come fa musica, abbiamo tirato in mezzo una sua grande amica: Nina Zilli. Ecco il resoconto della loro telefonata trans-oceanica.
Ciao a tutti sono Nina Zilli e ho qui in linea con me Alborosie, oppure anche Alberto dei Reggae National Ticket che tutti noi ricordiamo molto bene. Sono qui per intervistarlo e sono anche un po' in imbarazzo perché lo conosco, però è sempre bello provare ad essere dall'altra parte. Alborosie, sei pronto?
Sono pronto, intanto ti saluto, sono anche io emozionato per questa tua nuova esperienza da intervistatrice.
È un po' imbarazzante ma ce la faremo. Parto dalla fine, da "Sound the system", che è il tuo nuovo disco. Ormai è uscito ed è un disco super roots, in un momento in cui la Giamaica è più per la dancehall.
Si, io sono sempre stato un pochino super roots, fin dagli inizi ho sempre spinto questo tipo di sonorità, quindi per Alborosie non è qualcosa di nuovo. È qualcosa di nuovo magari per la Giamaca, appunto perché adesso va un po' di più il crossover, con questi suoni mischiati con l'hip hop. È comunque un disco diverso, molto diverso dai precedenti, perché un disco deve essere sempre nuovo e fresco. Però sono fedele alla linea di roots-reggae.
E ti sei divertito molto a farlo perché ti cucini tutto in casa tua, in un bellissimo studio peraltro. Mi sa che ti sei divertito con delle cose di una volta, analogiche.
Guarda, il mio studio è proprio caffè e tarallucci.
Io faccio finta di non esserci stata così me lo devi raccontare.
Si, esco dalla mia camera, bevo un caffè in pantofole e accappatoio e mi siedo in studio. (ride, NdR)
Si, e il tuo studio è una roba pazzesca, uno entra e già si sente a casa. La musica, quella antica, la senti, e poi tantissimi strumenti, echi, hammond.
Diciamo che sono molto legato al periodo vintage, proprio ieri ho acquistato altre cosine, anche ormai non ho più lo spazio. Ma diciamo che l'idea che ho dello studio non è proprio lo studio figo, tutto pulito, per me è un po' come un laboratorio, come andare dal meccanico, che ha tutti gli attrezzi in giro (ride, NdR).
Esatto, e tu il disco l'hai fatto tutto lì.
Si, tutto qui. Ci ho messo un po' di tempo, perché lavorando all'80% da solo ci sono tanti tempi morti: mi prendo il tempo per riposare le orecchie, le idee. Lavorando da solo è anche un po' difficile mettersi a confronto con se stessi. Quindi il passaggio da artista a produttore richiede un po' di tempo per capire cosa si sta facendo.
Devi uscire da te stesso.
Sdoppiamento di personalità
Inizi a parlare di te in terza persona (ride, NdR). Questo è un disco roots, che in inglese vuol dire radici. Le tue origini sono importanti?
Le mie origini sono sempre con me, ormai sono metà italiano e metà giamaicano, perché vivo qui da tanti anni e l'esperienza che ho fatto qui è importante. Sono metà e metà. Le mio origini sono fondamentali, sono importantissime e quindi le tengo: le ringrazio perché senza di loro non potrei essere qua. It is a must.
(Foto di Martei Korlei)
Quindi sei pronto a rispondermi a questa domanda marzulliana? Ti senti più giamaicano, Italiano o hombre del mundo?
Io sono cittadino del mondo.
Esatto, lo sapevo già. Questo cittadino del mondo si spara dei tour pazzeschi, mi racconti quello che è iniziato quest'estate?
Ho fatto sette settimane e mezzo in Europa, adesso mi sono fermato perché con la fase europea sono in stand by. A novembre in quattro settimane facciamo tutto il Sud America, incluso il Messico, dopo facciamo un exploit di 4 date in Europa. Facciamo lo Zenith di Parigi e altre location grosse.
Oggi mi ha scritto su twitter un nostro fan svizzero, chiedendomi se ero con te a Parigi. Lui viene a vederti. Io gli ho risposto "magari".
Non mancherò di invitarti. A Parigi è una data bella, importante.
Adesso una domanda seria, non che prima si sia parlato di fregnacce, tu sei sempre stato un artista che si è esposto politicamente, anche in Giamaica. Le tue canzoni non sono superficiali, da "Herbalist", a "Operation Uppsala". Se scrivessi una canzone sull'Italia che titolo le daresti?
Seguo sempre quello che succede in Italia, qui in Giamaica ho due canali italiani. Devo essere duro, uno dice sempre che i politici hanno rovinato il paese, succede ovunque, la gente tende sempre a dar la colpa ai politici, ma il problema è chi li vota.
Io penso però ai tagli alla cultura, che hanno fatto negli ultimi vent'anni. Forse uno capisce perché continuano a fare tagli alla cultura: l'ignoranza è la loro forza.
Posso dirti che dal di fuori, abitando in questa parte del mondo, influenzata dai media americani, ogni giorno fanno vedere cose sull'Italia. Io sono abbastanza sconcertato dal livello di corruzione e dal fatto che nessuno faccia nulla. Anche da parte del popolo non c'è una presa di posizione di un certo tipo, è sconcertante.
Bisognerebbe indignarsi, come diceva Stéphane Hessel. Io voglio comunque pensare positivo. Io spero che internet, l'informazione - oddio ce n'è talmente tanta che poi diventa anche disinformazione - che questo ci possa aiutare. A te è servito tantissimo, anche nel tuo lavoro. Com'è essere un artista Giamaicano, e quindi internazionale?
È tutto connesso, tu ti ricordi che veniamo anche dal periodo storico con "Help" di Red Ronnie, quello dei centri sociali, della musica alternativa e underground italiana. Adesso questa scena si è un po' persa, ma non a caso utilizzava la musica reggae, che è proprio la musica di protesta e io sono rimasto fedele a questo tipo di messaggio e di sonorità. Secondo me la musica deve servire a cambiare la vita delle persone. Io non concepisco la musica fatta per essere cantata solo sotto la doccia o mentre guidi la macchina o quando fai l'amore con il tuo compagno o la tua compagna.
Grande Albo.
Io sono per la musica, come quando leggi un libro e in qualche modo ti cambia la vita, come guardi un film che in qualche modo ti cambia la vita, un film, e così deve essere anche la musica.
Esatto, e dovrebbero esserci tantissime persone come te. E parlando di musica e di questo tuo grande amore, e perché te la vivi giorno per giorno, te la cucini tutto da solo, vivi tanto i tuoi dischi. Com'è avere quel Mobo sopra il tuo mixer, quel premio, quel premio così importante, il più importante che c'è?
Il MOBO Awards è il premio alla Music of Black Origin, vuol dire che sto facendo black music.
Esatto, e tu sei un bianco, poi ovviamente non è questione di colore. Tu sei il primo bianco, diciamolo e sottolineiamo bene questa cosa, a vincere quel premio.
Io sono onorato, è sempre un riconoscimento, un achievement, quando la tua passione, il tuo amore per la musica viene premiato. Però tutta l'esperienza è importante. Ormai sono vent'anni che faccio questa cosa, è un percorso: è tutto importante, dal primo giorno fino a oggi.
Ti hanno detto: tu sei il numero uno in questa musica, che effetto fa?
Guarda, io lavoro e basta, io lavoro e mi diverto con la musica. Sono venuto in Giamaica perché volevo immergermi nella musica reggae, volevo capire veramente cosa stavo facendo, perché lo stavo facendo, perché avevo i capelli così. Allora sono andato alla fonte. Tutta la mia esperienza è un Mobo, non posso non essere riconoscente al premio, perché tu sai che viene votato dal pubblico, non viene votato da un giuria di 12 persone come il Grammy.
Io credo che il pubblico per noi sia quello davvero importante. Poi credo che anche tu non dia molta importanza alla competizione. Viviamo la musica in un altro modo.
Il bello della musica è che siamo tutti vincitori. Tu sei una grandissima artista, siamo tutti sulla stessa barca, chi più chi meno.
Prima abbiamo scherzato su questa cosa del colore della pelle, noi siamo paladini dell'uguaglianza, di quella vera. Ma poi effettivamente molti italiani non si sentono mai gli unici bianchi, con un colore diverso dalla maggioranza. Io mi chiedo spesso come si possa sentire un africano a Garbagnate. E quindi lo chiedo a te, da italiano in Giamaica.
(ride, NdR) Diciamo che non è sempre facile. Non è facile, io qui sono una minoranza, la Giamaica è un paese nero. Ci sono lati positivi e lati negativi, quindi impari a muoverti tra questi lati, positivi e negativi. Impari a sopravvivere, alla fine non ti rompe le scatole nessuno, diciamo, ma devi sapere come comportarti. Non è neanche fortuna, io devo dire che in cielo c'è davvero qualcuno che mi guarda. Te lo dico con il cuore, da persona molto spirituale.
(Foto di Martei Korlei)
Esatto è un delicato equilibrio. Ecco, dichiarazioni da pugile e pagliacciate in giro no, meglio evitarle.
(ride forte, NdR) No quello no.
Ma quello neanche a Rho, per dire.
Ovviamente
Da quello che dici già immagino la risposta: tu torneresti a vivere da noi?
No. Io ho la mia famigliola in Giamaica, i miei genitori italiani che spendono tantissimo tempo qui con me. L'Italia, vi do una brutta notizia, l'Italia è proprio vuota in questo momento, manca il sale manca il pepe, mancano le spezie che qui invece trovo, la situazione è abbastanza deprimente, dal punto di vista mio, personale e artistico, non potrei tornare ed essere motivato, artisticamente parlando.
E poi ormai hai ottenuto il massimo riconoscimento per la tua musica anche in Giamaica.
Ormai sono qua, la mia famiglia spende più del tempo qua, dell'Italia mi manca proprio solo la mozzarella, diciamo. (ride forte, NdR) Io sono un amante della mozzarella, l'unica cosa che in Giamaica non c'è è la mozzarella.
Allora, compratori di mozzarella di bufala, mandate mozzarelle ad Alborosie
Chili e chili
Il tour sta andando benissimo, sei soddisfatto di questo disco?
Ormai la nave è salpata, solchiamo i mari, ogni tanto ci fermiamo in America, in Sudamerica o in Europa, ma la nave continua ad andare. È una posizione comoda: la gente canta le canzoni, io mi diverto, loro si divertono e vedono che mi diverto. E la facciamo così questa cosa, molto alla buona.
Con che band stai andando in giro? Sono i soliti?
Sì, sono i soliti ignoti giamaicani, sempre la stessa formula.
Non ricordo, hai sempre anche i fiati?
Fiati dipende se ho voglia di spendere più soldi o se devo risparmiarli, perché io non sono Berlusconi, devo stare attento alle tasse.
Quando vieni in Italia secondo me Giba e Zaghi, i fiati storici dei Reggae National Tickets, vengono anche gratis.
È un invito! I tour costano tanto, la gente magari non conosce le dinamiche di un tour. Io come Alborosie devo pagare la band e i tecnici: più porto, più pago e alla fine mi ritrovo con i conti.
Con due ceci e un peperone.
Le cose sono sempre più difficili, perché il mondo non sta andando alla grande e bisogna stare attenti, perché inizia a piovere e quando piove ti bagni.
Ma quanto sei saggio. Senti, io terminerei con una miniclassifica velocissima. Tipo: le 5 voci più belle della Giamaica.
Partiamo da Bob.
Non si può non mettere.
Facciamo Bob. Poi Burning Spear. Poi Buju Banton.
E certo, il bestione.
Shabba Ranks, perché ci vuole.
Per forza, grande classico. E poi un Alton Ellis, un John Holt?
No, una voce femminile: Marcia Griffiths.
Ah, bravo, io avrei forse scelto Phyllis Dillon, ma va bene lo stesso.
Invece una delle voci definetely più belle d'Italia e del mondo - se si spinge un po' - è Nina Zilli.
(ride, NdR) Va bene, io chiuderei qui l'intervista.
Te lo dico non perché sei tu, ma io sono un fan dai tempi ed è per questo che abbiamo fatto un pezzo insieme. Io lavoro con questi talenti puri e tu sei uno di questi. Non importa se sei famoso o no, quando hai il talento io lo riconosco e siamo fratelli.
Grazie Albo. Veramente reciproco. Non si vede ma mi sto inchinando. Ti mando un bacio, saluti a tutti.
Ciao a tutti.
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L'articolo Alborosie intervistato da Nina Zilli di Nina Zilli è apparso su Rockit.it il 2013-09-30 13:52:00
COMMENTI (1)
da quando qualche anno fa un mio nipotino appena adolescente mi parlo' di Alborosie , non ho piu' smesso di seguirlo, tanto che quest estate lo visto live in gallipoli e lo chiamavano Maestro ciao e lunga vita a te...