Valetina Iaconis è una perfezionista. Una musicista classe '94 di Como che non ha mai smesso di studiare. Prima canto in Lombardia e Roma, poi chitarra, pianoforte e produzione da autodidatta. Ancora adesso, dopo dieci anni da quando ha iniziato a suonare con il moniker di Anita Cane Violinis, dice: «Sto tuttora studiando cercando di incastrare tutto, sento di avere ancora molto da imparare». Il suo «maledetto perfezionismo» l'ha portata a fare pezzi eleganti, nu soul, con una voce leggera e precisa. Come nel caso del suo nuovo singolo, Raise your vibe, dove fa capolino anche un tocco di elettronica. Le abbiamo chiesto come si fa a mantenere una vita da studentessa anche dopo dieci anni di musica.
Quando hai cominciato a suonare?
La forte passione per la musica è arrivata tardi, intorno ai 20 anni, anche se già da piccola amavo cantare e scrivere, oltre che ascoltare musica e ballarci sopra. A 20 anni, mentre studiavo mediazione linguistica e culturale all’università, ho deciso di iniziare a prendere delle lezioni di canto in una scuola della zona. Da lì ho deciso di scrivere le mie canzoni. Dopo la laurea in mediazione, ho deciso che la mia strada doveva essere la musica. Ho studiato canto all'Atelier del Canto di Saronno, con Irene di Vilio per poi approfondire lo stile neo-soul facendo la pendolare tra Como e Roma per un paio d’anni per seguire i corsi di Ainè. Nel frattempo ho iniziato a studiare da autodidatta chitarra, pianoforte e produzione. Ho preso anche qualche lezione di pianoforte da Paolo De Santis, uno dei produttori con cui ho collaborato. Sto tuttora studiando cercando di incastrare tutto, sento di avere ancora molto da imparare.
Con chi collabori?
Preferisco scrivere i testi da sola, anche se capita e capiterà di collaborare anche con altri artisti. Per arrangiamenti e produzioni, finora ho collaborato con diversi producer: Philipp Schulz, Paolo De Santis, Gioele Garofalo, Michele Beneforti. Ognuno ha dato un contributo diverso ai miei pezzi, e non escludo di lavorare ancora con loro in futuro. In più, si è creata una bellissima amicizia e sintonia musicale con Mafalda e Zanira, due artiste con cui condivido molto anche a livello personale, e che spesso ultimamente mi hanno accompagnato nei live come coriste.
Come definiresti la tua musica?
Cerco di fare musica autentica, influenzata più o meno consciamente da tutto quello che ho assorbito negli anni, ma mi piace inserirmi nel genere neo-soul. Non tanto perché ami le etichette, ma perché è un termine che rappresenta il mondo a cui sento di appartenere più di ogni altro. Racchiude hip-hop, jazz, soul, r&b, funk e tutto ciò che sta alla base di questa musica anche a livello culturale e di sensibilità, sia artistica sia umana.
A chi ti ispiri?
La mia musica è influenzata più o meno consciamente da diversi tipi di musica. Quella che mi ha influenzato più di tutti è stata probabilmente Erykah Badu, ma anche artiste come Alicia Keys, Lauryn Hill, artisti italiani come Ghemon (uno dei primi a farmi appassionare all’hip-hop soulful), Neffa, Davide Shorty, sicuramente producer come J Dilla, ma anche roba più alla Kaytranada. E poi, sotto questo strato di musica “raffinata” e di hip-hop old school, risuona sempre un po’ la musica della mia infanzia, i pezzoni dance anni ‘90 tipo Rhythm is a dancer, This is the rhythm of the night. Sento anche una grande affinità con il trip-hop alla Massive Attack, la dub, certi tipi di musica elettronica e house. Ma credo di aver ascoltato un po’ tutti i generi di musica, e ogni giorno mi rendo conto di quanta altra me ne manca da ascoltare. Ne sono abbastanza ossessionata.
Com è nato il tuo nuovo singolo?
Il mio ultimo lavoro è il singolo Raise Your Vibe, prodotto con Paolo De Santis (Desanudo) e con la collaborazione di Roger, rapper della zona conosciuto soprattutto per il freestyle. Il pezzo è nato a settembre dell’anno scorso, in un giorno di sperimentazione su Ableton. Partendo da una prima idea compositiva, ho poi sviluppato la produzione con Paolo, e Roger, ispirato dal beat, ha deciso di dare il suo contributo. Raise Your Vibe è una specie di mantra, con una parte di testo minima che si ripete fondendosi con la strumentale per “alzare la frequenza” di chi ascolta. Italiano e inglese, vecchio e nuovo, diversi generi di musica si fondono in un flusso unico con l’idea creare un suono unico e autentico. Mostra un nuovo lato del mio progetto, aggiungendo al cuore neo-soul una sfumatura più elettronica-downtempo, sempre con un pizzico di nostalgia anni ‘90.
Come erano i tuoi primi live?
Siccome sono una nostalgica, voglio ricordare i miei primissimi live, quelli che facevo per le strade di Milano da sola, portandomi solo un pedalino loop, il microfono e una cassa. Lì stava nascendo un po’ tutto. Avevo deciso di riprodurre delle cover usando solo la mia voce e nonostante non avessi mai fatto live e sapessi di musica ancora meno di adesso, avevo trovato il coraggio di avventurarmi da sola nelle postazioni di strada e iniziare a dare voce a quel fuoco che si era acceso. Prendevo Ready or not dei Fugees e iniziavo a riprodurre il basso, poi il synth, poi i cori, e poi la batteria, sbattendomene di quanto fosse imperfetto quello che usciva. Oggi mi faccio molti più pensieri quando suono (maledetto perfezionismo), ma il palco rimane sempre casa. Una delle sensazioni più belle è condividerlo con altri artisti che hanno il tuo stesso fuoco, come è successo per esempio ai miei ultimi release party in cui ho invitato un paio di amiche e amici musicisti come ospiti. Lì si crea un’energia potente che poi è anche gran parte del senso che ha il fare musica.
Progetti futuri?
In questo ultimo periodo mi sto concentrando sul processo creativo, che in questo momento ha particolarmente bisogno della mia attenzione. Vorrei scrivere un album o un altro EP, ma sto ancora capendo che direzione prendere. Con gli ultimi pezzi ho sperimentato diversi lati di me, passando da un pezzo più rappato a un pezzo interamente suonato in band e con un testo importante, a un pezzo molto più elettronico, e ora sono divisa tra queste diverse spinte. In più, sto tornando ad approfondire le basi del songwriting e della composizione, perché sento di avere delle lacune da colmare per riuscire a scrivere i pezzi che vorrei davvero scrivere. E voglio approfondire anche il mondo della produzione, che per me è parte integrante di quello che creo. Insomma, è una fase di trasformazione e ridefinizione, artistica e personale, che sono curiosa di scoprire dove mi porterà.
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L'articolo Anita Cane Volinis prima degli esami di Redazione è apparso su Rockit.it il 2025-01-25 13:30:00
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