Anna Carol, la ragazza con la valigia e la chitarra

"Evoluzione" è un EP scritto a metà tra Rotterdam e Bolzano, dopo che un giro d'Europa l'ha riportata alla tappa di partenza, casa. Per cantare finalmente in italiano, provando a tenere assieme jazz, R'n'B

Anna Carol, foto di Tiberio Servillo
Anna Carol, foto di Tiberio Servillo

Si chiama Evoluzione (qui la nostra recensione) l’EP d'esordio di Anna Carol. Partendo da Bolzano, questa ragazza ha girato buona parte dell'Europa, portando con sé un'ottima voce e la sua chitarra. E ora, che obiettivi si pone?

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Scrivi nella tua biografia: “Gli ultimi anni li ho passati all’estero, prima in Germania (e un periodo a Londra), e poi 4 anni a Rotterdam e Amsterdam”. Ci racconti un po' di questi viaggi?

A volte mi trovo a ripensare alla mia decisione di partire verso nord dopo le scuole superiori. Se in apparenza la ragione era quella dello studio, nel profondo, sentivo che c’era qualcos’altro. Sono da sempre stata di indole curiosa. Ti racconto un particolare perché penso renda l’idea: in tutti i luoghi in cui ho vissuto – Colonia, Londra, Amsterdam e Rotterdam – ho sempre evitato di prendere la metropolitana o i mezzi pubblici. Camminavo a piedi o prendevo la mia bicicletta: andavo in giro per ore, cercando di cambiare sempre percorso, di cogliere luoghi ogni giorno inediti, di lasciarmi attrarre da quanti più dettagli riuscivo a cogliere. Credo quindi di essermi spostata in cerca di nuovi stimoli che in quel momento la mia città non era in grado di darmi, avevo probabilmente bisogno di cercare – o creare – un’identità mia, una libertà nuova, che mi appartenessero e mi rispecchiassero totalmente.

Non deve essere stato semplice, però.

Quando sei molto giovane, abbandonare le tue comodità per affrontare una nuova esperienza non è sempre facile: adattare corpo e mente a nuove forme, spazi incogniti e linguaggi sconosciuti richiede impegno. Molto impegno. Ed è in quell’impegno e in quella fatica che ancora oggi mi riconosco, nell’ostinata caparbietà di cercare sempre di andare a fondo delle cose: ho capito che i miei spostamenti erano dettati dalla mia volontà di trovare questa mia libertà. Quella libertà che ti permette d'evitare di restare adagiato sulla superficie delle cose.

Hai ascoltato tanta musica di quei Paesi?

Ho vissuto in città in cui si respirava sempre un gran fermento nel mondo intorno alla musica: conservatori, club aperti e specializzati ognuno nel proprio genere musicale. In quest’ottica, la qualità dipende sempre dai luoghi frequentati. Io all’inizio mi affidavo sempre a musicisti che vivevano lì da più tempo. C’è da dire che, soprattutto nei primi anni, quelli in cui vivevo in Germania, la musica italiana non stava vivendo un periodo troppo brillante. I talent erano il fulcro della scena pop nascente. Sono anche stati gli anni in cui tantissimi musicisti italiani hanno iniziato a muoversi per studiare all’estero. La cosa che più mi piaceva era che scrivere le proprie canzoni era la normalità, band e artisti, già da giovani, venivano spronati a farlo.

Dove hai trovato la scena musicalmente e culturalmente più fertile?

Magari può suonare scontato, ma Londra è la città più incredibile di tutte. Ci sono stata solo 7 mesi, ma l’ho amata fino all’ultimo momento. La musica R&B dal vivo nei club, il Troy bar, e poi il teatro, con attori inglesi pazzeschi.

Ora dove stai?

Da un anno a questa parte sono tornata nella mia città natale, Bolzano. Con tutta un’altra prospettiva. Con la libertà che ho guadagnato negli anni passati.

Quindi le tue canzoni sono nate qui?

A dire il vero metà delle canzoni di Evoluzione sono nate nell’ultimo periodo in cui ero a Rotterdam. Contengono molto di quel periodo. Per questo l’EP si chiama così, perché è una testimonianza dei miei cambiamenti.

Quanto la tua biografia ha influenzato la tua musica?

Lo spostamento di città in città si è riflesso totalmente in un viaggio musicale con vari periodi di focus, dal jazz all’R&B al soul fino al pop. Anche a livello di tematiche c’è stata un’influenza: il tema della nostalgia, del ritorno e della lontananza sono spesso presenti.

A chi ti ispiri? 

Ho molti artisti guida! Menzionerei Laura Mvula, Lianne La Havas, Lucio Dalla e i Radiohead.

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All'inizio scrivevi in inglese, come mai hai scelto di optare per l’italiano per l’EP d’esordio?

Prima di passare all’italiano ho scritto, suonato e registrato parecchie canzoni in inglese, il mio progetto allora si chiamava Carol Might Know. Quando ho deciso che sarei tornata in Italia mi trovavo ancora in Olanda, ho sentito la necessità di provare a sfidarmi scrivendo nella mia lingua. È stata una sensazione bellissima, le canzoni che avevo in cantiere le ho tutte ricominciate da zero con un testo in italiano, così è stato anche per Quando tornerai. Da lì in poi non sono più tornata all’inglese e, nel frattempo, essendomi anche trasferita in Italia, cantare in inglese non aveva più senso, spesso rappresentava un ostacolo per chi mi ascoltava.

Quanto c'è di jazz invece nella tua musica?

Penso di non aver avuto un percorso troppo diverso da qualsiasi musicista curioso. Ho iniziato a 16 anni con la prima band rock e il pop più sfrenato, poi una band blues (proprio riproduzioni di cose come Muddy Waters, Chuck Berry, fortissimo!), poi a 18 anni ho scoperto il jazz dopo aver comprato il disco che conteneva Ella Fitzgerald, Billie Holiday, Anita O’Day, Nina Simone ho iniziato lo studio di questo genere, fino agli artisti contemporanei. Parallelamente mi sono addentrata nel R&B, inizialmente con la grande Erykah Badu. La necessità di scrivere è nata gradualmente, quando mi sono resa conto che cantare esclusivamente le canzoni di qualcun altro non mi bastava per esprimermi.

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L'articolo Anna Carol, la ragazza con la valigia e la chitarra di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2020-04-08 17:21:00

Tag: album

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