L’Italia di questo 2018 si presenta con un volto nel quale è difficile riconoscersi: da Nord a Sud il territorio è attraversato da un allarmante rigurgito xenofobo, misogino, omofobo e razzista. Perché le violenze delle quali sentiamo parlare nei telegiornali, se non sono perpetrate ai danni della comunità LGBT, sono rivolte alle donne o ai migranti. Le segnalazioni si rincorrono senza sosta, gli episodi si moltiplicano, sia nella vita “reale” che in quella online. In questo contesto allarmante c’è però chi si indigna, chi non volta le spalle al problema, ma lo guarda dritto in faccia facendo sentire la propria voce. Tra queste persone troviamo Antonia Peressoni, fondatrice di Indie Pride, associazione che si propone di unire artisti e addetti ai lavori del mercato discografico per combattere omofobia, sessismo e bullismo.
La musica nel corso della storia si è dimostrata un importante strumento di mutamento sociale e culturale, facendosi molto spesso portatrice di importanti battaglie. Che ruolo deve avere nel contesto socio-culturale contemporaneo? In che modo deve concretizzarsi la sua denuncia verso omofobia, sessismo e bullismo?
In questo contesto la musica riveste un ruolo basilare. È forse la forma d’arte più diretta e con un maggior seguito, soprattutto a livello giovanile. In quanto forma d’arte deve sempre essere contestualizzata nel periodo storico e socio-politico in cui si muove. Credo che i musicisti e gli operatori non se ne rendano ancora conto: nel momento in cui ti ritrovi su un palco o hai una certa visibilità, assumi una responsabilità rispetto ai messaggi che mandi e sul come li mandi. Bisogna metterci la faccia, bisogna prendere posizione, non nascondersi o rimanere in silenzio. Gli artisti hanno dei fan che oltre a seguirli per la musica, li prendono come esempi da seguire a livello personale. Bisogna quindi fare attenzione a ciò che si dice.
Si pensi a quello che è successo poche settimane a CRLN in apertura al concerto di Gemitaiz (ricordiamo che l’artista è stata oggetto di cori sessisti da parte del pubblico di giovanissimi che stava partecipando al concerto, ndr).
Esattamente! Gemitaiz doveva parlare. In passato ha preso posizione sul Ministro Salvini e su quello che ha fatto con gli immigrati. Quando però l’evento spiacevole ai danni di una giovane ragazza l’ha in qualche modo toccato in prima persona, è rimasto in silenzio. Avrebbe dovuto prendere posizione immediatamente, e farlo con decisione.
Nel 2012 quindi, per dare maggiore voce alle problematiche della comunità LGBT, sempre più soggetta ad episodi di violenza, nasce il progetto Indie Pride, che nel corso degli anni si è fatto portatore di ulteriori battaglie e, forte del successo ottenuto, si costituisce nel 2016 come associazione. Cos’è cambiato dal 2012 ad oggi? Quali traguardi sono stati raggiunti e dove, invece, sono stati fatti dei passi indietro?
Innanzitutto, dal punto di vista politico, sono stati fatti degli incredibili passi avanti con l’introduzione della Legge Cirinnà che, per quanto martoriata nel suo contenuto, ha portato a una grande vittoria nell’orizzonte dei diritti civili. Tuttavia, nel 2012 Indie Pride nasceva in quanto in sede parlamentare c’era in discussione l’emanazione di una legge contro l’omo-transfobia, presentata da Ivan Scalfarotto. Dal 2012 il progetto è fermo lì, non si è fatto niente. Per quanto riguarda il punto di vista meramente “sociale”, quello delle persone, trovo che vi sia una maggiore presa di posizione e una maggiore consapevolezza, soprattutto all’esterno del mondo LGBT e nello specifico tra i più giovani. Rispetto a otto anni fa, soprattutto nelle grandi città, la questione “di che orientamento sessuale sei” non è più un problema, e forse c’è una maggiore attenzione su certe tematiche che diventano oggetto di discussione con più facilità. Nel mondo musicale, infine, ho notato una maggiore volontà di farsi portatori di un certo messaggio sociale, una maggiore sensibilità verso certe tematiche, prima messe da parte per paura di essere attaccati o isolati.
Tra i sostenitori di Indie Pride troviamo alcuni dei nomi più importanti della scena musicale italiana, come Levante, Colapesce,Tre Allegri Ragazzi Morti e Maria Antonietta: in che modo vengono coinvolti i singoli artisti?
I nomi che mi hai fatto sono quelli degli artisti che abbiamo contattato negli scorsi anni per singole campagne che abbiamo portato avanti. Fino a qualche tempo fa non avevamo la forza e la maturità per poter riuscire a mantenere questi rapporti nella costruzione di un percorso condiviso. Dall’anno scorso questa cosa è andata migliorando, e quindi si sta cercando di creare una rete di incontri aperti agli addetti del settore musicale per capire come portare avanti questa causa assieme. In questo momento stiamo collaborando molto con gli artisti della Garrincha Dischi, con i quali ci confrontiamo da molto tempo. Per ora, tuttavia, il rapporto con gli artisti è abbastanza “unilaterale”, nel senso che siamo noi ad avvicinarci a loro.
A coronare l’attività dell’associazione troviamo l’Indie Pride Festival, che quest’anno si terrà al TPO di Bologna il 27 ottobre, un momento di musica, festa, discussione e riflessione. Cosa ci dobbiamo aspettare da questa edizione e chi vorreste raggiungere con questo evento?
Quest’anno l’abbiamo pensato all’insegna della contaminazione. Adesso abbiamo annunciato i nomi degli artisti che saliranno sul palco, ma assieme a loro ne saliranno altri. Oltre a questi, poi, ci saranno degli interventi realizzati dalle diverse realtà associative con le quali stiamo collaborando, che toccheranno moltissime tematiche: ci saranno, ad esempio, i ragazzi di We Reading, che porteranno diverse letturesul tema dello stupro. Quello che proporremo sarà un momento di festa e riflessione, il tutto accompagnato dal sorriso sulle labbra. Perché diciamolo: siamo stanchi di lacrime, odio, rabbia e disperazione! Dobbiamo ricordarci che il sorriso è l’arma più potente che abbiamo. Voglio ricordare l’esempio del ragazzo inglese che qualche settimana fa ha postato una sua foto con il sorriso stampato in faccia, dopo aver subito un brutale pestaggio da parte di due omofobi. Il sorriso è disarmante!
Ci sai dire qualcosa di più sulla band formata per l'occasione da Io e la tigre, Cimini e i Botanici?
Come detto prima, abbiamo un bellissimo rapporto con Garrincha Dischi e queste band arrivano proprio da lì. In particolare questi artisti ci sostengono sin dall’inizio, e la proposta di farli suonare assieme è arrivata proprio da Garrincha. Non sappiamo ancora di preciso cosa faranno, ma di sicuro ci stupiranno. Vedere per credere.
La lotta per l’abbattimento dei pregiudizi, delle discriminazioni e delle violenze è ancora lunga, questo è un dato di fatto. Perché l’odio e la paura del diverso (da chi?) hanno radici ben profonde, difficili da sradicare, e le cose da fare per porre fine a tutto sono molte e ci vorrà tanto lavoro. Da qui a un anno, quale tra i vostri obiettivi vorreste vedere realizzato?
Eh, bella domanda. Intanto, essere più riconosciuti come associazione che lavora nell’ambito musicale, che venga dunque riconosciuto il nostro lavoro. Sarebbe poi bello che non fossimo più noi ad andare verso i musicisti e agli addetti ai lavori, ma che il movimento fosse inverso, che fossero loro a rivolgersi a noi per collaborare a un progetto comune. Questo vuol dire anche riuscire nell’intento di generare una maggiore consapevolezza e creare più spazi di confronto per coloro che lavorano nel settore musicale. Poi certo, nel nostro statuto abbiamo l’obiettivo di debellare l’omo-transfobia, che forse è un’utopia, ma noi ci proviamo!
---
L'articolo La musica come arma contro bullismo, sessismo e omofobia: intervista ad Antonia Peressoni, fondatrice di Indie Pride di Davide Lotto è apparso su Rockit.it il 2018-09-25 09:00:00
COMMENTI