Si chiama YACHT CLUB il nuovo album di Asteria. Vero nome Anita Ferrari, classe 1999, è bergamasca e con la sua musica vuole "cercare (per trovare) un punto di riferimento nel mare in tempesta della quotidianità, una rotta tormentata e piena di contraddizioni, un viaggio in un mare che può essere misterioso e spietato, ma che comunque va affrontato".
Il nuovo lavoro esce per Double Trouble Club/Island Records/Universal Music Italia ed è stato anticipato dal singolo omonimo. Racconta storie di incontri fortuiti, attrazioni irresistibili e legami instabili, porta avanti un invito ad accettare sé stessi. Con Asteria ci hanno lavorato producer importanti come ITACA, 2ndRoof, CanovA, LVNAR, ESTREMO, Alex Sander, BCROMA, ROOM9.
Ecco la nostra conversazione con lei.
Che effetto ti fa di avere un disco fuori?
È una grandissima soddisfazione. Dietro a questo progetto c’è tantissimo lavoro, non solo di scrittura, ma anche di selezione, i provini erano tanti, così come le canzoni pronte. Il primo album è il primo lavoro a 360 gradi che fa un artista e per me è stato catartico. Da un lato sono felice che finalmente sia di tutti, dall’altro mi sento un po’ svuotata perché significa chiudere un capitolo e cominciarne uno nuovo da zero. Faccio fatica a godermi i traguardi, ma sto cercando di imparare a farlo.
Sei giovanissima però hai già numerosa musica pubblicata. Come lavori?
Dipende. Alcuni pezzi dell’album li ho composti da sola prima di andare in studio dal produttore che ha poi finalizzato il brano. Sapevo di aver bisogno di scrivere una canzone con certe sonorità e con una storia precisa, quindi l’ho composto, scritto e sono entrata in studio con le idee molto chiare. Altri pezzi invece sono nati da sessioni in cui la musica mi ha trasportata nel “sogno” di cui ho poi scritto. In generale, tutti i brani parlano di esperienze personali realmente vissute e romanticizzate.
Hai una scrittura molto fotografica. A chi ti ispiri?
Non ho una fonte d’ispirazione stilistica, credo dipenda dal fatto che ho una memoria fotografica molto forte presente nella vita di tutti i giorni e ogni volta che vivo un’emozione è come se dentro di me si formasse un’istantanea con le caratteristiche più peculiari di quello scenario, in modo da renderlo unico e speciale. Mi piace descrivere l’ambiente in cui quella canzone è nata dentro di me ancor prima di scriverla. I profumi, i colori e perfino i suoni vengono scelti attentamente per esaltare lo stato d’animo di quell’istante e far immedesimare e rendere “fruibile” una canzone al pubblico che la ascolterà. È nel momento della scrittura che, effettivamente una storia passa da “mia” a “nostra”.
Hai lavorato con producer molto diversi tra loro, nomi tutt'altro che scontati. Cosa cercavi da ciascuno di loro?
Da ognuno di loro cercavo una visione diversa, una freshness rispetto al modo in cui sono abituata a fare musica. Diciamo che sono sempre alla ricerca di nuovi stimoli e lavorare con persone nuove mi aiuta molto a tenere viva la creatività. Ognuno di loro si è fuso con la mia visione del progetto e credo che siano nati 8 brani che, al di là della mia voce e della mia penna, si possano definire pezzi molto diversi l’uno dall’altro.
Dopo i tuoi primi lavori non tutti avrebbero intuito che volevi portare la tua musica in questa dimensione "club". Quando lo hai deciso?
Non è stata una decisione, non sento che la mia musica sarà sempre e solo così, ma in questo momento credo che sia il miglior modo di veicolare il messaggio che voglio trasmettere a livello stilistico. Le sonorità club sono semplici e, anche se ogni suono è scelto con grande accuratezza, la struttura non cerca virtuosismi, è pulita e schematica come suggerisce l’EDM.
Come lavori sulle parole?
Do molta importanza alle parole che costituiscono i miei testi e alle storie che racconto e non volevo che la produzione ostacolasse o appesantisse i miei lavori. La vera e propria scelta è stata quella di creare musica che muovesse l’anima attraverso ritmiche incalzanti.
Ti senti una voce generazionale? E di che tipo di voce, nel caso, ha bisogno questa generazione?
Penso di essere una voce generazionale per due motivi, il primo, e più oggettivo, è quello per cui sono nata nel ’99 e quindi sono della gen Z. Il secondo è che mi sento di appartenere intimamente a questa generazione, sono nata e mi sento completamente rispecchiata, sia per motivi piacevoli che per motivi spiacevoli, da questa generazione molto fluida che spesso ci lascia una sensazione di forte solitudine e perdizione. Penso che la mia generazione abbia bisogno di voci molto sincere, dirette e semplici. Da un lato ha bisogno di sognare, dall’altro di grande concretezza e pragmaticità per i motivi di cui sopra. Non credo che sia un caso il fatto che la trap sia sulla cresta dell’onda mainstream al momento, a livello testuale è esattamente la disillusione e la crudità di cui molti di noi hanno bisogno, narrazioni dalle periferie d’Italia e del mondo in cui questo aspetto di grande “libertà” che affrontiamo tutti i giorni porta anche a perdere la strada “giusta” e trascina, in alcuni casi, nella criminalità come scelta, quasi obbligata, per inseguire un certo status o ideale. Dall’altro lato il pop e l’indie ci portano a sognare nuovi scenari in cui rafforzare il sogno, credere alla libertà individuale allontanandosi per certi versi dalla materia e dal soldo che, seppur motori della società, ci riportano verso la perdizione e la perdita di ideali forti per inseguire qualcosa di futile e una felicità momentanea ed evanescente.
Dove hai fatto lo shooting del disco?
Lo shooting è stato fatto sul lago di Como, la scelta è legata al titolo dell’album, appunto. Volevo che restituisse bene l’immagine di un ambiente “esclusivo” che raccoglie e riunisce noi homeless romantics in uno scenario quasi assurdo in cui accogliere e vivere la malinconia dell’anima. Il luogo più ricco diventa anche il luogo più triste. Riferendomi alla title track “YACHT CLUB” ho creduto necessario restituire, anche attraverso una scelta di immagini, l’ambiente inarrivabile e controverso in cui incontriamo e in cui ci innamoriamo della persona posh molto stronza di cui parlo, suggerendo un senso di bello estetico, ma in parte anche di disagio, di qualcosa che per molti versi non è alla portata della maggior parte delle persone, me compresa.
---
L'articolo Asteria: "La scrittura mi aiuta a passare dall'Io al Noi" di Redazione è apparso su Rockit.it il 2024-06-27 13:41:00
COMMENTI