La borsa con i dischi: Alessandro Baronciani intervista i Be Forest

Alessandro Baronciani incontra i Be Forest, si porta dei dischi dietro, e da lì parte una delle chiacchierata molto interessante.

I Be Forest raccontano ad Alessandro Baronciani "Earthbeat", il nuovo album
I Be Forest raccontano ad Alessandro Baronciani "Earthbeat", il nuovo album - Foto di Alessandro Baronciani

Erica è in palla con la tesi dell’Accademia ma quando le chiedo se c’è per un'intervista organizza tutto in due ore. Poi mi racconta che ha realizzato un monolite grigio molto scuro, una specie di mattoncino Lego gigante con lo stesso principio di Kinder Fetta al Latte dove invece del latte ha messo uno strato di polistirolo. Così è più facile da trasportare. Ma è gigante lo stesso. La parte scritta è tutta dedicata al suono. Provo a seguirla, ma non riesco, non credevo fosse così complicato finire l’Accademia. Ci vediamo a pranzo. Mi porto dietro con me un po’ di dischi. Ne tiro fuori uno alla volta uno per domanda. Invece delle domande faccio un'immagine.



C'è tanto Cocteau Twins in quello che fate. Questo disco, "The Pink Opaque", è uno dei più belli. Il più prezioso, anche perché contiene degli inediti e i singoli più belli che hanno fatto.
Nicola: In realtà questo gruppo l'ho sentito per la prima volta quando li hai nominati nella recensione che ci hai fatto ai tempi del primo EP su Rockit, non li conoscevo, li ho conosciuti grazie a te.

E questi qua? L’ho decisamente consumato. Uno dei principali gruppi per cui si parla di rinascita dello shoegaze, diversamente detto anche dream pop. Questo disco ha riportato alla luce un genere dimenticato, trascinato via dal fenomeno del grunge.



N: A me piacciono molto però non è una di quelle band che sento vicine. Forse é come accennavi nella recensione, uno dei gruppi fondamentali sono stati gli XX.
Erica: Bravo due dischi hai tirato fuori dalla borsa e due dischi hai cannato. Ahahahah! Belli, ma hai cannato.
(ridiamo)

Più facile allora: Japandroids. La prima cover che vi catapulta fuori dall’Italia. Il tour in Europa insieme alla band.


N: Non è stata la prima cover. Ci sono stati prima gli Altro e i Massive Attack.

I Massive Attack?
Costanza: Cantava Erica. La cover era "Teardrop". Io suonavo la batteria, ero molto fiera. Mi bloccavo ogni 5 secondi ma vabbè… Riuscivo a sbagliare anche il tempo più semplice del mondo! Sbagliavo il tempo anche quando suonavamo il pezzo degli Altro. Anche lì suonavo la batteria.
E: Degli Altro facevamo "Persa", di cui abbiamo fatto la cover nella compilation, e "Minuto". "Penso! Dire! Ohhh! Ohhh!" (canta)... Ti sei perso delle grandissime chicche!
N: Abbiamo fatto gli Altro due o tre volte in dei concerti in zona, ma anche in Germania…

Davvero? Nel tour con i Japandroids?
N: No, no! Con il gruppo post-punk hardcore di mio fratello, gli M!R!M!. C’è un video che gira in rete di quella canzone dove si sente Erica che fa "Ohhhh! Ohhhh!", sono veramente due secondi, ma in quel momento stavamo facendo il pezzo degli Altro.

Quindi, il primo gruppo che avete ascoltato quando avete iniziato a pensare di essere alternativi sono stati gli…
N: Gli XX. Sono stati uno di quei gruppi che appena usciti mi hanno cambiato qualcosa. Riprendevano delle cose del passato ma è come se ci fosse qualcosa in più. Ascoltavo "Crystalised" dalla mattina alla sera. Era un'innovazione bellissima. Ero talmente eccitato da quel disco che mi sono detto che volevo fare anch'io una cosa simile tanto da convincermi a formare una nuova band. Prima suonavo punk hardcore, cose da superiori, e poi di punto in bianco ho ascoltato questa cosa. Prima di tutto ho convinto Costanza, eravamo in classe insieme, poi tramite Giommo (Andrea Giometti dei Soviet Soviet, ndr) ho conosciuto Erica.
E: Abbiamo fatto le prove e ci siamo flashati.

È il turno dei Cure. Se parlate di superiori è inevitabile. Mi ricordano le mie superiori, anche se li ascoltavamo in pochi. Intorno eravamo circondati dal crossover.

N: Nello stesso periodo, insieme agli XX avevo comprato il "Greatest Hits" dei Cure. Una volta eravamo in macchina e mentre ascoltavamo una canzone dissi a Costanza: “Chiudi gli occhi, secondo me dovremmo suonare così”, ma il nome Be Forest non c'entra niente anche se stavamo ascoltando “A forest”. Quello che doveva venire fuori doveva essere tutto molto più effettato.

 

Anche i For Against li ho conosciuti grazie a te e a quella recensione. Tra l'altro Michele Cigolani, un ragazzo di Fano, non so se lo conosci, mi ha raccontato di avere tra i suoi amici di Facebook Jeffrey Runnings, dei For Against, a cui ha fatto conoscere i Be Forest e due anni fa "Cold" era tra i suoi migliori dischi del 2011.

Quando ascoltavo i For Against mi sono sempre chiesto perché eravamo sempre noi a Pesaro ad ascoltare un disco che aveva viaggiato tutto l’oceano fino ad arrivare nell’unico negozio di dischi della città. Mi piace che ci sia qualcuno oggi in America che ascolta una cosa che viene da Pesaro. I For Against fanno parte di quei dischi in cui sono convinto che sia un uomo a cantare e invece poi è una donna. Mi è capitato anche con i Pink Industry di "Enjoy The Pain", e un altro gruppo un po’ più recente: i Puressence ma in questi sono sicuro che è un uomo perché nel disco c’era una foto e non c'era una donna. I Puressence facevano parte di quella che era la new wave della new wave, c’erano in mezzo gruppi come Marion o Menswear.
N: Il brit pop?

Sì e no. Alla fine degli anni novanta erano usciti questi gruppi ma ancora la gente impazziva per Oasis, Blur, Suede… Era un periodo in cui il mercato veniva in un certo senso pilotato dalle case discografiche, dove era difficile scalfire un genere o una moda.
N: Preferisco farmi prendere dalle cose nuove, e poi magari da lì partire per fare delle cose più simili alle vecchie.

Parli bene tu perché la tua generazione non ha avuto il grunge. La mia è stata colpita e affondata. Avere 20 anni e "Nevermind" in cassetta. A livello mediatico il grunge è stato quasi forte come il punk. Erano tornate le chitarre elettriche dopo quasi due decenni di effetti e tastiere. Qualcosa per cui finalmente i genitori non capivano la musica che ascoltavano i propri figli. Da lì in poi non c’è stato più niente capace di legare un'intera gioventù.
N:  Vero. Infatti spesso, rispetto alla musica che facciamo, noi siamo un po' in difficoltà, perché alla fine io non mi sento di dire faccio dream pop, sono sempre un po' vagante, non mi sento parte di una scena, di un genere.

Penso che il grunge sia stata l’ultima moda che le major sono riuscite a lanciare. Da lì in poi è stata una caduta libera che prendeva a piene mani dal mercato indipendente bruciando tutto quello che trovavano. Nirvana, Sonic Youth, Mudhoney, anche gruppi hardcore impegnati come i Bad Religion che poi hanno aperto la strada ai Green Day, Offspring. Sembrava inarrestabile.
E: Gli Offspring sono quelli di?
Give it to me baby! Ah-Auh Ah-Auh!
And all the girlies say I'm pretty fly for a white guy! (cantiamo tutti insieme)


Uno dos tres cuatro cinco cinco seis! Ecco! Vedete la scena: tutti a fare le feste e pogare al Velvet e gruppi imbarazzanti alle feste dell’Unità a fare cover imbarazzanti di gruppi hardcore americano. Per non parlare che dovunque andavi c'erano sempre i Red Hot Chili Peppers: What i gatcha gatta give put in you! Whatta gatta gaccia put inna nanna! Sono quasi vent’anni che aspetto di vedere tornare di moda la wave e finalmente nasce proprio dove sono nato!
N: Ma andavi a ballare anche al Boulverd? Al Cantiere?

Andavamo dappertutto. Se eri alternativo e volevi farti male ballando c’erano diverse discoteche che mettevano cose da pogo: il Boulevard, il Velvet, e meno male poi scoprimmo La Fuente a Fano che era gratis. C’erano anche i Rage Against the Machine. Simone andò all’ospedale per ballarli ad una festa l’ultimo dell’anno a Gradara. Si prese un pugno in pieno viso o lo buttarono contro un muro, adesso non mi ricordo.
N: Eh! Quello sì che deve essere stato un bel periodo!

Musicalmente forse lo è stato. Un po’ di tempo fa ho ritrovato un Rockerilla. Disco del mese era "Nevermind" dei Nirvana. Le altre recensioni erano: Soundgarden, Mudhoney, Oasis, il primo disco dei Blur, gli Slowdive e…
N: "Pygmalion"?

No, mi sembra "Souvlaki", il primo degli Smashing Pumpkins… insomma. Non mi ricordo altri dischi importanti usciti lo stesso mese su Rumore insieme alla recensione del primo disco degli XX...
N: Ma gli XX non sono stati una band come i Nirvana, che hanno inventato qualcosa.
E: Sì, ma adesso cosa rivoluzioni? Anche se vuoi fare qualcosa di nuovo c'è sempre qualcosa di vecchio a cui ti rifai e al quale poi la gente ti paragonerà continuamente.

Tutto nasce sempre da qualcosa che c’era prima per poi trasformarsi e diventare qualcosa di simile o di completamente contrario, come lo è stato il punk contro il progressive. Ian Curtis ad esempio prendeva da Bowie e da Jim Morrison, Jim Morrison dagli sciamani indiani e da Kurt Weill.
N: Secondo me adesso va di moda un po' di tutto. Non c'è una cosa che unisce tutti. Tutto diventa un miscuglio di cose e non capisci più niente.

Esempio: a Pesaro ci sono gli Edward in Venice, vostri coetanei che girano l’Europa come voi ma che fanno un genere totalmente diverso dal vostro e siete venuti fuori dalla stessa città, al massimo da due quartieri differenti. E' una cosa che vi stupisce, vi piace, non ve ne frega niente?
N: a me piace che ci sia più musica, più modi di vedere le cose.
E: Io faccio un discorso a priori. Per me il genere non esiste, esistono tre grandi classi che sono musica colta, musica popolare e musica folk. All'interno della musica popolare metti il rock, il jazz, il blues, tutte le derivazioni... L’innovazione non c'è, non c'è una musica generazionale. Noi tendiamo sempre a guardare all'insieme a cui si appartiene, quindi alla musica popolare. Se ci sono influenze ci sono influenze tra elettronica e rock, o che ne so, comunque tutti sotto l'aspetto popolare. Stiamo parlando di una classe dove stanno tutti i generi pop.

Non ne sono molto convinto, quello che non c’è più oggi è la direzione del mercato. È stato smembrato quella cosa per cui i vincitori fanno la storia, e - per quanto riguarda la mia generazione - i vincitori sono state le major che hanno dettato la lista, il formato (basta vinile, tutti a comprare i lettori cd) e il prezzo e quindi i soldi con cui i Nirvana sono diventati un fenomeno gigantesco. Oggi se vuoi un disco lo puoi trovare molto più facilmente in vinile che in cd. Se invece preferisci scaricarlo, puoi farlo spendendo poco o anche niente. Cosa pensate di questo cambiamento?
N: Io penso che è cambiato tutto perché adesso c’è internet. Facebook, tutti ci possono arrivare… È difficile da dire, però penso che la cosa più azzeccata sia la frase di Andy Warhol che diceva che in futuro ognuno di noi avrà diritto ai suoi 15 minuti di celebrità.
E: Probabilmente prima era molto più difficile arrivare in cima alla vetta ma durava di più.
N: I giornali martellavano sulle cose che uscivano dalle major. C’erano le etichette indipendenti ma non se le cagava nessuno, era più difficile.

Questo apre alla seconda parte della domanda e cioè, perché fare della musica di questo genere? Cioè ora che non c'è nessuno che vi indirizza verso un genere soltanto, perché fare proprio questo? Perché non vi siete messi a suonare grunge? Perché dark? …Perché wave?
E: Penso che il genere rispecchi la sensibilità delle persone. Ognuno è proiettato verso qualcosa di particolare. Dipende dai suoi gusti. Non avendo una moda ce la creiamo.
C: Penso anch’io che tutto nasca dal gusto personale. Questo incide molto sulla decisione di fare un certo genere.
E: Non abbiamo prestabilito qualcosa all’inizio, ci siamo trovati che ci piacevano degli ascolti in comune. Ognuno ha le sue passioni anche estremamente diverse, i Be Forest sono l’incontro degli ascolti in comune.



Questa è una delle mie Polaroid preferite. È venuta fuori così, non sapevo come sarebbe venuta. È stata scattata con una SX70 senza mirino. dovevi calcolare il diaframma pensando a quanti metri, più o meno, ci fossero tra l’obbiettivo e il soggetto. Trovo però che sia bellissima. tutti i colori che tendono al verde… il fuori fuoco, sembra una copertina di un disco 4AD.
N: È una foto bellissima!

A Photoshop avrei dovuto lavorarci minimo due ore, invece si è sviluppata in 5 minuti tra le mie mani. La domanda è quanto sono importanti gli effetti? Quanto sono importanti oggi gli effetti nella musica? O anche soltanto nella vita, penso a Instagram e ad il suo folder con i preset di effetti. L’effetto è quello che voi sentite?
N: Per me gli effetti sono molto importanti.
E: L'effetto cambia il tuo suono. È come se tu hai un chitarra attaccata al pedale della tua chitarra. È come se suonassi due strumenti, un elemento in più.

Non vi sembra una finzione della realtà? Senza effetti il vostro suono sarebbe diverso.
(tutti dicono di no)
E: La nostra musica nasce con l'effetto. In realtà non ho neanche troppi pedalini, uso sempre quello!
N: Ogni cosa sarebbe differente senza l'effetto. Anche nella realtà c'è l'effetto. Magari quello che vediamo non è realtà. Magari noi vediamo questi colori ma in realtà non sono questi. Tu vedi rosso, per me è magenta, per lei è marrone.
C: La realtà non è oggettiva. Ognuno si crea la propria realtà con gli effetti che abbiamo nella testa, perché la realtà è un effetto.
(tutti dicono di sì)

Quindi è questa la ragione per cui i Be Forest non sono gli Edward in Venice.
N: L'effetto è una cosa personale; è come ti piace guardare le cose.

Ecco, adesso voglio farvi vedere un video. È "Apache" degli Shadows. Ho chiesto ad un mio amico e anche vostro fan di farvi una domanda e lui mi ha mandato questo video. È un classico del beat quasi surf, con lead guitar in sottobosco piena zeppa di reverbero. Ricorda stranamente "Earthbeat", vero? Il vostro disco, mi raccontava Erica gira tutto intorno agli Indiani, vero?

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N: Gli Indiani sono state una delle popolazioni più legate alla natura, alla terra. Ho sempre legato i Be Forest alla natura, dalla copertina alla batteria tribalizzante in "Thrill". Mi piaceva l’idea dello sciamanesimo, della magia legata alla natura, agli spiriti, cose che comunque già in "Cold" avevamo richiamato, ma "Earthbeat" è stato un passo in avanti.

Quando avevo ascoltato i pezzi da Paolo (Paolo Rossi del Waves Studio, ndr) pensavo venissero fuori molto più tribali, ed è per questo che ho portato questo disco che avevo fatto ascoltare a Erica quando mi raccontò che stavate lavorando al nuovo disco l’anno scorso. Non credete che le tastiere abbiano reso tutto più soffuso e calmo? Forse troppo? Rispetto a "Cold" non è tutto troppo omogeneo?



N: Volevamo fare una cosa un pochino più “album”, anche perché "Cold" non lo era. C’erano singoloni e canzoni nate in periodi diversi. È stato fatto in due fasi diverse, ci sono dentro i 5 pezzi dell'EP più 4 pezzi nuovi, è stato mettere più cose insieme senza una storia. Mentre "Earthbeat" diventa omogeneo perché volevamo dare al tutto un idea unica…
C: In questo disco una canzone veniva fuori una dopo l’altra. C’è un inizio, una crescita, e una fine. Il fatto principale per cui ci siamo ispirati agli Indiani d'America è che loro suonavano e cantavano per curarsi. Era un canto lungo, pensato. Un rito, anche in questo ci siamo adattati a questo ideale.
N: Gli Indiani cantavano per giorni e giorni, pensa ai riti della pioggia che duravano 2-3 giorni, si drogavano a stufo, lo stesso ritmo (batte col dito sul tavolo) tac, tac, tac, tac, tac, tac, tac! per giorni, e alla fine doveva portare un risultato, la pioggia, una guarigione. Andavano come in trance, volevamo che la gente ascoltandolo arrivasse fino alla fine senza spegnere.
E: Secondo me il primo album è più legato ai pezzi, perché sono stati scritti in momenti diversi, è più veloce anche l'ascolto che può essere separato pezzo per pezzo. Questo album qua ha più una logica da pezzo unico, io faccio difficoltà ad ascoltare il pezzo singolo, se ascolto un album io non guardo mai ai titoli delle tracce. Se qualcuno lo ascolta cambiando l’ordine delle canzoni, ad esempio, divento matta.

In era “analogica” i dischi potevano avere due inizi e due fine: lato A e il lato B del disco.
N: Abbiamo pensato di mettere due strumentali apposta! “Totem I” e “Totem II” sono all'inizio di ogni lato del vinile. Così da avere due ripartenze e anche perché a noi ci piacciono moltissimo i pezzi strumentali.

Basta che non vi mettete a fare i Mogwai.
N: No! Non quel tipo di strumentali, a noi piacciono i pezzi strumentali che durano un minuto, al massimo due...

Dato che parlavamo di Facebook, un approccio come il vostro più meditativo non va contro l’ascolto da canzone caramella, meno concentrato, di un possibile ascoltatore che vi ascolta per la prima volta? Il modo di ascoltare è comunque cambiato.
C: Quando ascolto una cosa per la prima volta, se non mi interessa il disco lo capisco dalle prime 3 note, o comunque dal primo ascolto in generale.
N: All'inizio "Earthbeat" non è piaciuto molto, proprio per questo fatto che devi ascoltartelo tutto. Per me però è un po’ come la differenza tra il primo e il secondo disco dei MGMT. Il secondo disco è grandioso. Del primo ti ricordi benissimo le canzoni più famose e invece del secondo, dato che non c’era un singolo efficace, ho dovuto ascoltarlo più volte e tutto insieme per capire che era veramente un bel disco.

Okei, siamo arrivati all’ultimo disco.
C: Ma hai la borsa di Mary Poppins! Quanta roba c’hai li dentro?

Hai visto "Saving Mr Banks"?
C: Sì! Bellissimo! Abbiamo pianto tantissimo.

Anch’io ho pianto come un vitello! Ho pianto anche al film dei Lego! L’avete visto? È una bomba. Da vedere al cinema. È Matrix! Con la città perfetta e la gente sorridente che si dice “buongiorno-buongiorno, buonasera-buonasera” e poi ci sono i ribelli che sono i mastri-costruttori che staccano i pezzi dalle case e dai palazzi per creare cose nuove, moto, astronavi, navi dei pirati, robot. È tutto in stop-motion. Citazioni a valanga, dalla Delorean trainata da maiali nel far west, a "2001 odissea nello spazio", con il cattivo che vuole che tutti siano perfetti e immobili. Sceneggiatura perfetta. C’è anche Batman! Con la fidanzata!! E Batman scrive le canzoni per la sua fidanzata e sono canzoni rap/dark/metal - in inglese fa molto più ridere: “darkness! no parents! more darkness! the opposite of light, black hole, black suite, darkness!”

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N: Non ho visto il film, ma ho letto che su Facebook sei impazzito e non parlavi d’altro, ci hai quasi convinto.

Quando costruisce le cose Batman - perché è un mastro-costruttore anche lui - dice: “lasciatemi tutti i mattoncini neri! I mattoncini neri sono tutti di Batman! Batman usa soltanto pezzi nero o grigio scuro, molto scuro”.
Batman è molto Be Forest!

C: Nooo! Batman non lo sopporto, tra i supereroi è quello che mi sta più antipatico, non mi piace.
E: Non è un supereroe. Non ha poteri speciali.

E qual è il tuo supereroe preferito?
C: A me piace Wolverine!
N: A me non piace di Batman che ha il culo nel burro, è pieno di soldi. Peter Parker, Spiderman, lui si deve guadagnare il pane da solo, fa le foto. Si fa i selfie! Fa i selfie per campare. Mette la macchina fotografica in posa e poi va a combattere. Fa tutto da solo.
C: Anche Iron Man è così però lui è più simpatico.
N: No, anche Iron Man è pieno di soldi, a me piacciono i poveracci che nonostante la povertà aiutano la gente. Il migliore è l’uomo di ghiaccio Coldman!
E: Io non ho un personaggio dei fumetti preferito. È Lorenzo, il mio fidanzato, quello che si intende di fumetti.



Ecco dalla borsa l’ultima domanda. È un disco compilation, molto importante per Pesaro, anche se c’è forse troppo metal per i miei gusti. Il disco è stato autoprodotto dal CSA Manicomio ed è legato alla scena di Pesaro, e quella che girava intorno al centro sociale durante gli anni ottanta. Fino ai primi novanta il CSA è stato un posto importante, prima da ascoltatore e poi da organizzatore ho iniziato ad ascoltare musica indipendente perché frequentavamo il centro sociale. Questo disco è stato il primo esperimento pesarese per cercare di creare una scena intorno a un luogo, e siccome alla fine tutti ci chiedono perché ci sono così tanti gruppi a Pesaro, voglio chiedervi cosa pensate. Esistono tantissime città-scena, ma molto più grandi della nostra città. Secondo voi perché ci sono tanti gruppi a Pesaro?
C: No, non ti so rispondere.
E: Neanche io. Però a forza di parlare della scena pesarese comincio anch’io a pormi questa domanda a cui non ho mai dato tanta importanza prima.
C: Nemmeno io sono arrivata a darmi una soluzione.
N: Non è una questione di talento, secondo me chiunque può suonare, dai Sex Pistols in poi l'hanno fatto tutti.
E: Per quanto riguarda noi le cose non è che siamo andati a cercarle. Noi abbiamo fatto il primo live e tu ci hai fatto la recensione su Rockit. La recensione ha avuto un sacco di visualizzazioni, e poi è stato tutto un susseguirsi...
N: Quando abbiamo suonato per la prima volta a Napoli, due ragazzi ci hanno detto che non ci avevano mai sentiti ma avevano letto la tua recensione su Rockit.
E: Se penso invece alla questione della scena; Pesaro è sempre in “alto”… Mi ricordo al Mi Ami del 2006. Io ero andata su coi Cosmetic per vedere la prima data dove suonava il basso Emily. Soltanto di Pesaro, oltre ai Cosmetic - che non sono propriamente di Pesaro a parte l’Emily- suonavano i Camillas, gli Altro e i Damien. Su diciamo, quante band: 20? Tre venivano dalla stessa piccola città. Band che conoscevo a menadito e ho pensato: ma che ci fanno tutti a Milano?

Una sera a Milano ho conosciuto Vanessa Stemen che organizzava le serate London Loves al Plastic e quando mi ha chiesto da dove venivo, la domanda successiva è stata se conoscevo il Guagno! (batterista dei Brothers in Law, ndr)
(ridiamo!)

Conosceva praticamente mezza Pesaro. Mi ha fatto ascoltare anche un pezzo dei General Decay che passavano sempre nelle loro serate. Sulla recensione penso che sì, può essere una buona spinta, ma non basta da sola a muovere qualcosa. Ad esempio ho fatto altre recensioni che anche per la disorganizzazione all’interno del gruppo non è successo niente di importante per loro. Come ad esempio organizzare un data. Secondo me è una cosa generazionale e la vostra generazione è molto più veloce a realizzarle.

C: Noi però non abbiamo mai cercato delle date. All'inizio ci scrivevano per organizzare una data direttamente su Myspace! Durante l’ultimo periodo di Myspace! Ora non c’è più niente. Hanno azzerato tutti gli account…
N: Forse la risposta alla tua domanda di prima è che abbiamo una mentalità che va “verso fuori”, ci muoviamo spesso anche solo per andare a vedere concerti, buttiamo l'occhio a quello che succede qui intorno e ci andiamo.

Penso che per voi è più importante suonare dal vivo, rispetto a passare mesi in studio di registrazione... Secondo voi a Pesaro ci sono più gruppi che hanno voglia di andarsene in giro piuttosto che stare chiusi nello stanzino a fare le prove?
E: Io direi anche perché abbiamo iniziato presto, quasi tutti minorenni e studenti e quindi senza il problema economico e lavorativo. Mamma mi dà 50 euro e io sto attenta a farmeli bastare per benzina e autostrada e questo è quello che spendo. Io penso che una persona più grande ci pensa due volte prima di prendere la macchina per andare a fare un concerto, deve fare i conti con molte più problematiche. Non può fare mica cose da incoscienti!
N: All'inizio andavamo ovunque ci chiamavano, suonavamo perché avevamo tantissima voglia di suonare. A Napoli anche solo per prendere 100 euro. Una volta a Stoccarda per prendere 200 euro abbiamo noleggiato il furgone. Fu il primo tour all'estero è stato un disastro economico. Guidavamo a turno tutti quanti. Erano venuti su con noi anche altri nostri amici ma solo di noleggio furgone spendemmo 1000 euro.

Eh! Il primo concerto degli Altro non sapevamo neanche che i furgoni si potevano noleggiare. Abbiamo chiesto al parroco se ci prestava quello della parrocchia. Non volle niente, ma non ce lo prestò più.
N: Mi piacciono le interviste così, molto rilassanti e interessanti.

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L'articolo La borsa con i dischi: Alessandro Baronciani intervista i Be Forest di alessandro baronciani è apparso su Rockit.it il 2014-03-24 13:41:44

Tag: new wave

COMMENTI (1)

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  • nickroma 10 anni fa Rispondi

    meravigliosi