I Baustelle pubblicano "Fantasma", il loro sesto album. Ed è un album denso, difficile, tutto incentrato sullo scorrere del tempo, e quindi anche sulla morte, sul futuro. Abbiamo fatto una lunga chiacchierata con Francesco Bianconi e si è parlato di molte cose: di figli, di speranza, di cattolicesimo e di senso di colpa, del singolo "La morte (non esiste più)", di storie raccontate nelle canzoni e delle parole usate per farlo. L'intervista dìi Marco Villa e Sandro Giorello.
Un disco sulla morte, quindi.
In realtà non è sulla Morte. E' il nostro primo concept album, per la prima volta ci siamo detti “scegliamo un tema e scriviamo le canzoni”, il tema scelto era il tempo, e inevitabilmente quando parli del tempo inizi a scrivere anche sulla morte. Molto sinceramente l'ho fatto per facilitarmi le cose, il tempo è un tema che si presta a molte narrazioni, e poi parlare del tempo è una cosa che fai ad un certo punto, quando giungi nel mezzo del cammin di nostra vita. E poi oggi è un momento molto interessante per parlare del futuro, che è un'altra declinazione del tempo. Quello che mi interessava raccontare è che noi occidentali ci siamo abituati ad una visione poco chiara del futuro, o almeno non così chiara rispetto all'idea che poteva avere del futuro il mio babbo all'inizio degli anni 60.
E tu come lo vedi?
Io sono convinto che il futuro ci sorprenderà ma, come canto nella canzone, “saremo noi ad essere più stanchi” e ad avere una percezione diversa di quella sorpresa che arriverà, positiva o negativa che sia. Il futuro compare in molti pezzi, si abbozzano pure delle risposte che sono tutt'altro che facili, in “Radioattività”, l'ultima del disco, si dice “Cerco il bene nell'orrore e l'eterno nell'età”, è una cosa che potrebbe dire un oracolo o la sibillla, non certo io, io non sono un uomo che dà risposte.
Un brano si chiama “L'estinzione della razza umana”. Sai che esiste un movimento chiamato VHEMT, Voluntary Human Extinction Movement?
No, però è un'idea affascinante e anche del tutto plausibile scientificamente. Si sono estinti i dinosauri e magari, come canto ironicamente in quella canzone, potrebbe essere pure un vantaggio dare un po' di respiro alla vegetazione o ad altri tipi di animali. Non siamo così indispensabili come crediamo di essere.
Sentire questo disco per intero è un'esperienza piuttosto pesante, direi quasi opprimente. Visto il tema trattato, volevate avere questo effetto su chi ascolta?
Perché siete giovani, siete abituati ad un certo tipo di fruizione della musica. Io stesso sono abituato così, ma mi chiedo: Frank Zappa, oggi, verrebbe preso come opprimente, faticoso? Prendi “Hot Rats”, “Freak Out”, secondo voi?
Non saprei come li considererebbe un quindicenne; a mio avviso quei dischi restano sempre dei grandi calci nei denti.
Ci tengo comunque a risponderti: era vostra intenzione fare una cosa opprimente? Io ho fatto la cosa che mi è passata per la testa di fare, con gioia. Non ho mai pensato di scrivere in funzione di quello che il pubblico potrebbe aspettarsi da me, vorrebbe dire autocensurarsi. Non mi frega assolutamente niente di cosa pensa il pubblico, se lo facessi sarei finito, come credibilità, come tutto. Sicuramente è un disco “grosso” (allarga le mani per farci capire, NdA), è stato pensato come una cosa che si ascolta benissimo dall'inizio alla fine, però non ci impuntiamo se uno si vuole ascoltare solo un brano, magari in una playlist in mezzo ad altri che non c'entrano nulla. Tu musicalmente lo trovi vecchio?
Non penso sia una questione di vecchio/nuovo. Io posso capire che la tua “Cristina” sia la “Mathilda” di Scott Walker, che certo non è “nuovo”, ma lo puoi considerare ancora in qualche modo “attuale”...
... su questo sono d'accordo...
... credo che “Fantasma” contenga canzoni decisamente belle, ma arrangiandole tutte così, con l'orchestra, si appesantiscono molto. Prima passavate dal pop, al western, al krautrock, a Moroder, c'erano tanti suoni diversi, tanti immaginari che si mischiavano, c'era uno scambio di energia. Qui il suono è uno solo, un colore solo...
Se non ti piace parte la parte alla Igor Stravinsky, allora non ti piace Gabrielli (ride, il riferimento è a Enrico Gabrielli dei Mariposa, che ha arrangiato le parti per orchestra del disco e ha collaborato alla realizzazione, NdA). Non sono d'accordo, è il disco più colorato che i Baustelle abbiano mai fatto. Già solo il fatto che non sia compresso, che per me vuol dire rendere il suono monocolore. Un'orchestra sinfonica la si registra diversamente, c'è tutta una dinamica, c'è tutta una serie timbri non paragonabili a quelli di basso-chitarra-batteria. Se questo disco lo recensisse un giornalista che si occupa di classica ti direbbe che è coloratissimo. Tutto è molto relativo. Ed esempio, quando missavamo “Diorama” la voce mi sembrava bassa, arriva Maria Baldan, che suona il piano alla Scala e ha fatto per noi la trascrizione orchestrale, e dice: “bassa? Ma è altissima!”. Sono formazioni culturali diverse.
Nel modo di cantare ho sentito due riferimenti importanti e piuttosto antitetici: da una parte Modugno, dall'altra Ciampi.
Continuo a non pensarla come voi: per me Modugno e Ciampi sono assolutamente assimilabili, soprattutto pensando alla prima fase della carriera di Ciampi. È vero, l'influenza di Ciampi è più forte in questo disco che in altri. Ma c'è anche De Andrè, Gaber, con l'orchestra esce maggiormente il mio registro sulle note basse perché senza batteria c'è meno bisogno di urlare.
Parliamo di come scrivi le canzoni. Nell'intervista a Carlo Ubaldo Rossi pubblicata qualche mese fa, lui dice che “Charlie fa surf" ha funzionato perché c'erano determinate parole che al momento funzionavano. E' una scelta che fai sistematicamente?
Ma certo, è fondamentale scegliere parole che funzionino, in primis per me. Per me mettere "MDMA" funzionava. Ma non sto dicendo che funzionava per il pubblico, quella parola funzionava per me, la trovavo una grande figata, se vuoi era una paraculata, ma funzionava per me e quando scrivo una canzone è importante incastrare le parole in modo che abbiano un senso per me.
In "La morte (non esiste più)", il primo singolo, da quali parole sei partito?
"La morte" non doveva essere una canzone dei Baustelle, perché presupponeva un cantante più anziano e più cattolico di me, che non sono credente, figurati cattolico. Poi è stata ripescata, alla fine rientra anche lei nel concept del disco. Sinceramente non mi ricordo come è nata. C'era solo quest'idea di un anziano che canta una canzone-mantra alla sua compagna per annullare la morte.
E' ancora importante lo storytelling nello scrivere canzoni?
Assolutamente. Non avrei fatto questo disco e non farei questo mestiere se non lo ritenessi importante. E ritengo che lo storytelling non debba diventare un cliché. Non c'è una cosa che deve funzionare perché ha quelle regole lì. Bisogna scrivere per cercare di essere contemporanei e provare a cambiare le cose.
In "Fantasma" anche lo storytelling diventa più ostico, ci sono meno punti di contatto con chi ascolta: se prima raccontavi di Alfredino che cade nel pozzo, che è stato un fatto che ha colpito tutta l'Italia degli anni '80, ora la storia è quella del compositore di musica da camera Messiaen.
C'è anche la ragazza di Lambrate di "Maya colpisce ancora".
A quella ci arrivi dopo, non è un riferimento così immediato...
Si fa la musica per darla all'ascoltatore, ma è sbagliatissimo pensare a quello che il pubblico potrebbe amare e non amare. Cosa ne sappiamo noi, compresi voi giornalisti, di cosa possa far più breccia nel cuore di una persona, se sia la storia di Messiaen, rispetto a quella di Alfredino, o quello che è accaduto personalmente a me l'altro giorno? La storia di Messiaen non la conoscevo, conoscevo l'opera, “Quatuor pour la fin du temps”, ma non la storia che c'è dietro, me l'ha raccontata Enrico Gabrielli, e su una storia del genere Spielberg potrebbe farci un film.
Roma e Milano sono le città descritte più nel dettaglio.
Milano per esperienza di vita, nel senso che ci vivo. Roma perché ho degli amici, c'è una canzone che parla del Pigneto e quello è un mio ricordo personale. La canzone in romanesco, invece, è un puro stratagemma per evitare il problema delle parole con l'accento sull'ultima sillaba. Sono così attento allo storytelling e a non scrivere canzoni banali che preferisco scrivere una canzone in romanesco pur non avendo nessuna radice romana che mettere a fine verso l'accento su parole come perché, sù, giù, felicità. È nata così, molto per scherzo, cantando delle robe in romanesco a caso.
Torniamo un attimo in argomento cattolicesimo: qualche tempo fa è uscito il libro "I Baustelle mistici dell'Occidente"di Paolo Jachia e Davide Pilia, che analizza i testi e le canzoni da un punto di vista prettamente cattolico.
Non è affatto male come libro, l'ho trovato interessante. Quando si scrivono saggi di analisi sui testi delle canzoni ti senti in qualche modo un po' violentato o comunque messo sotto il microscopio da uno che ha una visione molto precisa delle tue canzoni. Poi se è cattolico è ancora più evidente. Non metto certo il divieto di fare cose del genere, diciamo che non è un tipo di lettura che mi appassiona. Non l'ho trovato male perché, al di là del taglio cattolico, ha un approccio semiotico che trovo interessante per la mia formazione culturale.
C'è spazio per il senso di colpa nelle canzoni dei Baustelle?
Il senso di colpa c'è sempre stato nei Baustelle. Io vivo con un senso di colpa per qualsiasi cosa, il che non significa essere delle persone tristi, a me una modesta dose di senso di colpa va pure bene. In "Il Liberismo ha i giorni contati" dico "Vendo dischi in questo modo orrendo", significa non essere a proprio agio con quello che si fa, e sono tuttora convinto che sia un modo orrendo. Ci sono canzoni tipo "Alfredo" che è una canzone su Dio che cerca di far sentire in colpa gli umani, o altre. Io mi dichiaro assolutamente pessimista, che non significa essere una persona lagnosa, significa essere pronto al peggio, e non sono l'unico nella storia ad esserlo stato (sorride, NdA), è più facile prendere delle grandi cantonate da ottimisti che da pessimisti, è un mio modo per sopravvivere. Nonostante questo io credo che “Fantasma” sia un disco speranzoso, nonostante il vestito oscuro, tenebroso, c'è aria, c'è apertura. Il fatto che la parola “vita” compaia molte volte, idem la parola “figli”, sono segni inconsci di voler vivere.
Il disco si apre con la frase “Non credo alla bibbia”, ma quasi tutte le canzoni hanno un incedere lento, quasi religioso, "L'orizzonte degli eventi" è a tutti gli effetti una messa. E' una provocazione?
Nella prima parte de "Gli orizzonti degli eventi" penso a Bach, ma al di fuori dal suo impiego in ambito liturgico, quindi non trovo contraddizione. La contraddizione è che noi abbiamo registrato l'organo a canne del Duomo di Montepulciano sia su "L'orizzonte degli eventi", sia su "Nessuno", dove appunto dico che non credo alla bibbia, parlo di sesso orale, pornografia, ma questo non l'abbiamo detto al vescovo (ride, NdA).
Il disco l'avete fatto tra la Polonia e Montepulciano, casa vostra. In che modo questa differenza di luoghi ha influito sul disco?
Era tutto molto pianificato, un disco così deve avere una preproduzione gigante, definita bene nel dettaglio. Avevamo le canzoni finite con l'orchestra “finta” sul nostro computer, Enrico Gabrielli aveva il suo pacco di spartiti, dovevamo scegliere l'orchestra, che abbiamo scelto per il miglior rapporto qualità/prezzo. Siamo andati a Breslavia e abbiamo registrato la FilmHarmony Orchestra in presa in diretta, 60 elementi registrati tutti insieme come se fossero in concerto. Poi siamo tornati in Italia, abbiamo allestito uno studio nella Fortezza Medicea di Montepulciano e in tutta calma abbiamo fatto il resto.
Come ha lavorato Gabrielli?
Funzionava così: io facevo l'ossatura orchestrale e le melodie principali, gliele facevo sentire, lui le trascriveva, andava a casa e aggiungeva il resto. Alcune idee erano mie, gliele consegnavo in maniera molto abbozzata e lui le dettagliava, mentre in altri casi faceva tutto lui da zero. Vedevi questa cosa meravigliosa, sessanta tracce su Logic che si sommavano una sull'altra: timpani, contrabbassi, ecc ecc. Era come vedere Picasso mentre dipinge.
Riuscirete a suonarlo dal vivo anche dopo il tour teatrale?
Tutte queste canzoni nascono da piano e voce e possono essere arrangiate tranquillamente da un band. "Diorama" la puoi arrangiare e suonare come "Imagine" di John Lennon, ti assicuro che funziona ugualmente.
Chi è il protagonista di “Diorama”, sei tu?
Sono io che vado nel Museo di Storia Naturale, ci vado spesso. È un luogo di fantasmi molto affascinante, fantasmi bloccati in questi mondi costituiti dai diorami, che sono mondi bloccati nei loro istanti migliori, come dice la canzone. Spesso mi sono trovato perso come un bambino là dentro. Il problema è uscire fuori, perché non è vero che tutto è bloccato nel proprio momento migliore. Come dice la canzone “il tempo passa”, “il giorno muore”.
Chi scrive bene oggi in Italia?
Pacifico è uno veramente molto bravo nell'ambito della musica cosiddetta leggera, che poi non è leggera perché è difficilissima da scrivere. Pacifico in questo è bravissimo, sia come autore per altri, sia come autore per sé.
Quanto costa una canzone di Bianconi?
Che ne so? (ride, NdA)
Chi scrive male?
Non faccio nomi, già li ho fatti in positivo, cosa che non ne faccio mai. Poi magari mi chiama Manuel Agnelli e mi chiede perché non l'ho citato... (ride, NdA).
Cosa ne pensi del rap italiano?
Mi piacerebbe amarlo fino in fondo. Mi piacciono molto il rap e l'hip hop, sono cose che ho ascoltato in gioventù. Nessuno può negare che sia una cosa rivoluzionaria nel mondo della musica popolare. Mi piacerebbe fare un disco che avesse a che fare in qualche modo con l'hip hop. Poi da lì a dire che mi faccia impazzire il rap italiano... non lo so, perché ci vuole un attimo a passare dalla schiettezza del linguaggio al grado zero della banalità. Sicuramente mi piace il fatto di prendere dal linguaggio della strada e dalle cose di tutti i giorni, il fatto di avere una metrica e un ritmo, scegliere le parole in base alla loro violenza e funzionalità ritmica... mi piace. Ci vorrebbe della ricerca: da ignorante, quello che sento nelle radio è pieno di cliché. È tutto un grande accoccolarsi e sedersi su dei cliché che fanno anche un po' ridere. Trovo molto bravi gli Uochi Toki.
Quindi possiamo scrivere che il prossimo disco dei Baustelle sarà rap?
Si, rap orchestrale. (ride, NdA)
---
L'articolo Baustelle - Duri a morire di Marco Villa e Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2013-01-28 14:28:04
COMMENTI (11)
Faustiko Murizzi affatto, ma siccome molti dei nuovi e validi cantautori di cui voi parlate spesso hanno evidenti influenze con Bianconi, mi sembrava curioso che lui non ne citasse neppure uno, tutto qui'.
@RoyBatty ti sembra strano si abbia opinioni differenti rispetto a quelle di Bianconi?
Pacifico scrive bene ? Bianconi ( che non e' l'ultimo arrivato ) non ha neanche cagato di striscio i vari Colapesce, Dimartino,Carnesi,paletti, Fiori ecc.. che voi di Rockit esaltate di continuo, COME MAI ?????
perchè domandare a Bianconi cosa pensa del rap italiano???
mi è sebrata fuori luogo come domanda...poi ho capito:
l'unica spiegazione è che "Contà l'inverni" pare scritta da Chicoria...
ma a questo punto domandateli cosa ne pensa del truce klan
(fantasma è il miglior disco dell'anno)
" Era come vedere Picasso mentre dipinge." youtube.com/watch?v=x9FMW1j…
Non vedo dove è il problema..
Chi trova Bianconi troppo complicato, può ascoltare artisti con testi più accessibili:
Come baci tu / non lo fa nessuna / che sia sotto il sole o sotto la luna.
...E' un verso di Jovanotti, giusto? ;)
ci sono versi potentissimi in questo disco, l'orchestra rende il tutto diverso dagli album precedenti, meno diretto ma tutto da scoprire... è un disco che difficilmente verrà a noia con gli ascolti, sono d'accordo con Renzo ogni ascolto svela nuove sfumature, sopratutto per le voci mai così centrali
Faustiko, sì e no: non per intervistare Bianconi (le domande sono fatte per capire di più, no?), ma per capire e fruire il disco in tutte le sue sfumature. È un disco difficile da comprendere, che necessita di un ascolto non superficiale, usa e getta, ma ripetuto e approfondito per tutti, me compreso. Sono felice che si ricomincino a fare dischi così, da ascoltare al buio, con attenzione, in cameretta. Dischi che si scoprono a poco a poco come un saggio o un romanzo filosofico. L'ho ascoltato in streaming una sola volta e mi è parso di una bellezza e di una profondità supreme, almeno per le produzioni italiane che corrono oggi. Ma certo va ascoltato e riascoltato per comprenderlo in tutta la sua grandezza. È un disco che richiede cultura. Che bello.
Avete quasi litigato :)
@re nel senso che bisogna dotarsi di Treccani per accostarsi a Bianconi che parla di morte?