I Bluebeaters festeggiano i 20 anni di live e dischi, in giro nei club e nei festival (e passando attraverso il nostro MI AMI ANCORA il prossimo 15 di Febbraio) che gli hanno dato la credibilità e l’esperienza per essere oggi una sorta di remix-band in modalità ska che piace a chiunque. Come il liscio nelle balere romagnole degli anni 60.
Torino, Hiroshima. E’ il 18 Marzo del 1994. Praticamente è la storia di “quattro amici al bar che…”.
Bunna: un bellissimo momento, nessuno sapeva o immaginava che quel progetto lì sarebbe potuto diventare quello che è diventato. Frequentando Torino, le sale prove, i Casino Royale, i Fratelli di Soledad, era venuta naturale la voglia di fare una serata che doveva essere una one-night, in cui suonare dei classici giamaicani del rocksteady e dello ska. La gente apprezzò tantissimo e finito il concerto pensammo di non buttare via quell’idea. E son passati vent’anni da quella sera.
Ferdi: doveva essere una one-night-band, io e Giuliano (Palma, NdR) volevamo tornare un po’ alle origini dello ska perché con i Casino Royale eravamo andati anche oltre, però la passione per lo ska originale era sempre lì. Quella serata andò benissimo, c’era tutta Torino, tutti i musicisti di Torino e i loro amici.
Bunna: Tutte le formazioni da cui provenivano i musicisti quella sera, Africa Unite, Casino Royale e Fratelli di Soledad, erano in un periodo di ottimo hype, quindi in un attimo diventò un grande evento.
Dopo che Giuliano ha lanciato la sua carriera solista Wikipedia parla già al passato: “sono stati un gruppo musicale italiano. Erano un "super gruppo" composto da…”.
Ferdi: Hanno cambiato soltanto quei due verbi, cioè non è assolutamente aggiornata quella pagina, forse ci ha messo mani qualcuno da parte di Giuliano.
Nel 1994 c’erano i Nirvana e il gangsta rap. Voi facevate lo ska, cioè siete sempre stati proiettati nel passato, vero?
Ferdi: per me fu un ritorno - vista la parte con i Casino Royale e la passione per gli Specials - a quel periodo lì. Fu un po’ una necessità tornare alle origini dello ska, anche perché con i Casino Royale cominciammo ascoltando delle cassettine fatte da Gaz Mayall dei Trojans che poi sono state la musica che avrebbero suonato i Bluebeaters.
Lo ska è un genere che sembra nato vecchio e forse anche per questo travolge la gente.
Ferdi: sì, è un suono del passato, che forse anche per questo diverte chiunque, dai 18 ai 70 anni perlomeno.
E tra l’altro ha un linguaggio internazionale. Voi non avete avuto grandi esperienze extra-Italia però, vero?
Bunna: il fatto che il progetto abbia funzionato così bene in Italia purtroppo non ci ha fatto concentrare molto sul livello internazionale.
Ferdi: poco a livello internazionale, qualche performance a Londra all’International Ska Festival per esempio.
Bunna: questo effettivamente è un peccato, un sound come quello dei Blubeaters sarebbe stato molto apprezzato da chi segue questo genere, sarebbe da pensare.
Ferdi: ce lo teniamo come uno degli obiettivi di questa nuova gestione, fino adesso non siamo andati oltre i confini nazionali e sarebbe bello, recuperare delle occasioni perdute o comunque non cercate magari per pigrizia.
In 20 anni in Italia i Bluebeaters sono diventati la band che un promoter chiama se vuole essere sicuro che la gente arrivi al concerto e si diverta.
Ferdi: negli ultimi 10 anni abbiamo fatto la media di 80 concerti all’anno, e abbiamo sempre suonato per gente che veniva lì per divertirsi. Alla fine il nostro è sempre stato puro intrattenimento, tra club e festival estivi. Lo ska in Giamaica negli anni 60 era quasi il liscio di Casadei in Romagna, cioè quell’attitudine lì. Culturalmente un po’ più alto, o almeno speriamo di essere un po’ più alti del liscio, ma non perché non sia positivo il liscio, però in Italia è sempre stato un po’ una musica da balera.
Forse però in tutti questi anni avete, magari inconsapevolmente, costruito una generazione di gente da balera dello ska che nelle balere del liscio non ci è mai stata. E’ un po’ balera 2.0 la vostra.
Ferdi: Sì, effettivamente hai ragione. Anche se il termine “balera” sembra sempre un po’ offensivo per la gente, e invece ha degli aspetti interessanti.
Bunna: del resto fare musica divertente, significa divertirsi a suonarla e divertire chi l’ascolta. Questo è un obiettivo più che nobile.
Avete sempre saltellato tra diversi generi musicali ma sia su disco che dal vivo è sempre passato tutto attraverso lo ska. Avete mai pensato di suonare diversamente?
Ferdi: in realtà no, o meglio forse anche il fatto che Giuliano si sia creato la sua carriera solista e voglia cambiare genere perché il suo prossimo disco sarà un disco tendenzialmente soul o r’n’b. L’origine è la stessa, ma questo ci ha fatto capire che negli anni siamo rimasti molto fedeli al suono dei Bluebeaters che è quello del primo disco, ci abbiamo messo 4-5 anni ad arrivarci. Probabilmente non ci abbiamo mai messo le mani per non rovinare una dimensione che è così. Poi in realtà adesso ci stiamo anche pensando di andare un po’ oltre questa formula, ed è diventato un genere mainstream nel senso che spesso qualcuno ce lo infila dentro il pezzo ska.
Bunna: io sono convinto che lo ska dei Bluebeaters continua ad essere uno ska originale, perché attinge all’immaginario degli anni '60.
Il concetto di cover band non vi appartiene, cioè non si può dire che i Bluebeaters siano una cover band perché l’esperienza Bluebeaters è quasi più didattica, come fosse insegnare alle generazioni nuove un repertorio musicale vecchio di 50 anni attraverso re-edit e reinterpretazioni.
Ferdi: il concetto è: con il nostro genere fare i pezzi di altri generi. Questo è un po’ diverso da chi per esempio fa la cover band di Vasco Rossi con uno spirito imitativo, e più è simile all’originale e più sono bravi. La nostra cosa è sempre stata diversa, prendiamo i pezzi e li frulliamo nel nostro frullatore.
Bunna: e poi più sono lontani i pezzi originali dal suono dei Bluebeaters e più divertente lavorarci e suonarli. Pezzi come “Jump” o “Black is back” venivano da un mondo che non c’entra niente con lo ska, più sono lontani e più divertente portarli da questa parte.
Una sorta di remix-band.
Ferdi: per esempio nel caso di “Believe” di Cher per un po’ si è pensato che la nostra versione fosse la cover della versione originale da cui Cher avesse preso il pezzo. Per cui a volte siamo riusciti a invertire le dinamiche.
Chi canterà tutti questi pezzi adesso?
Ferdi: abbiamo scelto una formula che va oltre il fatto che prima ci fosse Giuliano e ovviamente uno pensa “si sostituisce Giuliano e il gruppo resta uguale”. Questo non è bello da fare e non è naturale. Quindi nella band c’è gente come Bunna che comunque ha sempre cantato qualche pezzo a concerto, poi Mr T-Bone che è rientrato, Lady Soul Maja che è la cantante della Soulful Orchestra, e poi Pat Cosmo che canta quasi il 70% dei pezzi, ha una voce bellissima e molte belle idee, tipo suonare “Toxic” di Britney Spears che appunto come diceva Bunna prima più il pezzo è lontano e più è bello farlo nostro.
Bunna: Invecchiarlo.
Ferdi: che poi è anche un po’ quello che si faceva negli anni 60 in Giamaica, reinventando i pezzi soul degli anni prima.
Come creargli un passato che non ha.
Ferdi: sì, esatto.
Mancherà Giuliano sul palco?
Ferdi: No.
Bunna: la cosa che si vuole evitare è il paragone tra i Bluebeaters con Giuliano e i Bluebeaters senza Giuliano. Lo show è completamente diverso.
Ferdi: a parte la battuta, ci ho suonato per 30 anni, devo dire però che suonando le prime volte senza di lui sicuramente è un’altra cosa, ma è come se oggi fossimo un altro gruppo. Negli anni Giuliano, come è naturale che succeda, ha sempre preso di più il comando del gruppo e si capiva che si preparava ad una carriera solista. Per cui negli ultimi anni pur rimanendo forte il divertimento e il legame sul palco, evidentemente delle cose andavano meglio per lui che capiva che poteva non aver bisogno dei Bluebeaters... Noi, trovandoci a suonare senza di lui, abbiamo creato un nuovo equilibrio nato suonando. Siamo un po’ tornati all’energia che avevamo i primi anni, quell’attitudine un po’ più di divertimento, diversa dagli ultimi tempi con Giuliano, perché ovviamente dopo tanti anni delle cose sonocambiate. Una linfa nuova, equilibri diversi.
In questo tour si esclude la possibilità che una sera Giuliano sia a due passi da dove suonate voi e salga sul palco a far qualche pezzo?
Ferdi: adesso è impensabile, nel senso che va a Sanremo, inizia una carriera sua solista, per lui cambia tutto.
Il 15 Febbraio siete sul palco del MI AMI ANCORA in una line up che va dal nuovo al vecchio in sole 10 ore. Che pezzi nuovi state preparando oltre a “Toxic” di Britney?
Ferdi: molte novità, facciamo dai Kraftwerk a “Cry To me” di Solomon Burke. Abbiamo tenuto 4 pezzi su 24 della vecchia versione. Quindi tutto nuovo.
Nuovo anche il disco, no?
Ferdi: Ci stiamo già lavorando, non ancora a un disco vero e proprio, ma nascono già le prime tracce. L’idea è di fare un paio di pezzi da mettere su Itunes o su 45 giri da fare uscire a Marzo.
A proposito di Marzo, il 18 Marzo immagino che ci sarà un concerto all’Hiroshima di Torino.
Ferdi: spero e penso di sì.
Ma c’è un pezzo che suonate sempre da quel 18 Marzo del ‘94, il pezzo bandiera dei Bluebeaters.
Ferdi: sì. Anche se gli ultimi tempi con Giuliano non lo facevamo, ma è sicuramente “There's reward” di Joe Higgs.
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L'articolo The Bluebeaters - Siamo la balera 2.0: tutti happy senza liscio di Michele Wad Caporosso è apparso su Rockit.it il 2014-02-03 17:51:53
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