4 fiori per Zoe - Bologna, 07-11-2008

Come ai tempi di Jack Frusciante, appuntamento sotto le Due Torri, davanti alla Feltrinelli. Con Matteo ci infiliamo in un piccolo caffè del ghetto ebraico, proprio dietro la piazzetta dove hanno ucciso Marco Biagi. L'intervista di Sara Scheggia.



Intorno a Matteo Romagnoli si concentra il mondo di 4 fiori per Zöe: "Il progetto è nato come un duo, io e Francesco Brini (già nei Pinktronix, NdA), che è rimasto un punto fisso. Le persone che ci girano intorno negli anni sono cambiate: le cose partono da me e dal mio studio (il Donkey di Medicina, appena fuori Bologna), poi cerco di raggruppare chi ha voglia e chi vorrei partecipasse".

Il nuovo "13 cose che dovrei dirti", uscito un mese fa, si è arricchito di una presenza come Nicola Manzan, aka Bologna Violenta: "C'è stata l'entrata preponderante di Nicola prima come violinista su diversi brani, poi come membro a tutti gli effetti. Lavoravamo in due studi adiacenti aveva terminato altre esperienze e in quel periodo stava creando Bologna Violenta: tra uno sfogo di schitarrate nell'altro studio, un lavoro da barista, collaborazioni varie …è entrato a pieno nel progetto, tanto che tutte le parti di archi sono state riarrangiate da lui, anche quelle registrate da altri".

Parallelamente al disco, è nata anche l'etichetta: Garrincha Dischi.

"E' la cosa che ora mi occupa di più: sono partito io, poi si è unito Marcello Petruzzi, già Caboto e Franklin Delano (ora con il nuovo progetto 33ore), Marco Ambrogi, come collaboratore, che prima si occupava delle compilation del Mucchio Selvaggio".

Ha senso oggi fondare un'etichetta, l'ennesima piccola realtà in un tempo in cui è chiaro a tutti che i dischi si venderanno sempre meno? "E' un suicidio, lo sappiamo. Non volevamo più dipendere dagli altri. Abbiamo poca esperienza in questo, ma i mezzi che ho io non sono così diversi da quelli di altri. Ci vuole entusiasmo, qualche soldo da buttare dentro senza la pretesa che ritorni indietro, e tanta grinta. Quando è nata l'idea dell'etichetta si è aperto un mondo: è uscito Le-Li, questo duo in cui sono entrato a far parte, poi il disco di Marcello che esordisce ora. Lavorare su dischi con una data d'uscita già fissata è importante, ti spinge a finalizzare ciò che fai e non tenere per troppo progetti in cantiere. Addirittura pensiamo di fare uscire in primavera un altro disco di 4 Fiori per Zöe: per risolvere la crisi che c'è, bisogna fare tante cose e in fretta".

In sottofondo c'è Ben Harper, Matteo mi racconta che l'ha conosciuto. Torniamo, però, a parlare di major e di mercato discografico: "Bisogna ridare vita al supporto: fatico a far capire che dietro un disco spesso c'è un lavoro di anni e che scaricandolo lo sforzo per arrivare a quel prodotto viene vanificato. Non posso fare a tutti un discorso così, né farlo con un comunicato stampa. L'mp3 deve continuare ad esistere, chi vuole musica gratis la avrà, ma chi ama il formato si sente preso per il culo, anche per il prezzo. Vorrei pagare dieci ma avere una cosa bella, non una versione scrausa senza nemmeno i credits. Si può fare, tagliando un po' di intermediari".

Il primo disco dei 4 Fiori per Zöe uscì per Sciopero Records, un progetto gestito dagli Yo Yo Mundi, che ai tempi aveva come partner di riferimento la Mescal. La distribuzione era curata dalla Sony, che si prendeva anche le edizioni: "Rientrava in un modo di rapportarsi alla musica morto da dieci anni. Ti anticipavano le royalties, oggi nessuna etichetta te le può garantire, e c'erano dei lati positivi, come poter trovare il disco alla Coop o alla Comet".

C'è chi dice che il mercato indie è in espansione. "Beh, mentre parliamo sta passando sotto un gruppo che ne è un po' la prova ("Pop Porno", NdA). Qualche tempo fa con Le-Li abbiamo fatto cinque o sei date negli stessi locali in cui prima o dopo veniva il Genio, ho saputo che girano a cachet decisamente onesti. Il mese scorso però erano dalla Ventura, che magari ti fa domande imbarazzanti: non è la mia aspirazione, ma queste cose sono importanti, sono dei contenuti diversi che girano".
E se venisse la Warner a dirvi: facciamo un disco? "Dipende dal contratto. Ci sono artisti, come Jovanotti per esempio, che considero indipendenti: fanno quello che gli pare e qualcuno glielo distribuisce. Se avessi una strada come questa, perché no? La major diventa solo un canale". Secondo Matteo le major non costruiscono da tempo gruppi ex novo come le Spice Girls: cavalcano tendenze e mode, li producono un po' più patinati. Un talent scout si mette una settimana su Myspace e trova mille offerte diverse. Ma "la democrazia della musica ha creato intasamento". Sacrosanto. Dischi che hanno un lavoro complicato dietro, finiscono impilati nello stesso posto di tanti altri e occupano lo stesso spazio: difficile distinguere.

I NUMERI
4 fiori, 13 cose da dire, un pezzo che si chiama "10 volte no": passione per i numeri? "Non ci avevo pensato. E considera che sto producendo il disco di 33 ore!"

IL NOME
Viene da lontano e si è mantenuto a prescindere dal genere (Matteo mi cita i Notwist e le prime produzioni molto vicine ai Sepultura). "Ascoltavo grunge, soffrivo per la fine del periodo Nirvana, Smashing Pumpkins. Oggi è adatto, ma ai tempi facevo cose pesanti. 4, perché per me è il mazzo perfetto: non sono per la dozzina. Casualità, al primo disco eravamo in quattro davvero".

Zöe… la liberta? Zöe, nome di una donna importante? "Vuoi la verità? Potresti rimanerne delusa… sono stato un grande appassionato dei primi tre dischi di Lenny Kravitz, diciamo dal 1989 al 1993. Sono andato alla tournée di "Mama Said" con mio padre, e c'era questa canzone per sua figlia, una ninna nanna che adoravo: Flowers for Zöe".

L'ITALIANO
"Credo molto nell'ostacolo della lingua: devi essere predisposto, quasi innamorato per fare discorsi profondi in una lingua che non è la tua, o avere una conoscenza incredibile, essere bilingue". E allora chi dice che scrivere in inglese viene semplicemente più naturale? "Se hai delle cose da dire, le devi rendere inequivocabili e chiare. Spesso si scrive in inglese per non mettersi troppo in gioco, oppure c'è un velo dietro il quale nascondere molta semplicità: comunque non puoi fare De Andrè in inglese. Non so se posso considerarmi un autore, ma sicuramente mi metto in gioco al 100%".

I CANTAUTORI
Battisti, Baglioni: nel disco ci sono delle cover. "Nel 2006 ci hanno chiesto di fare un tributo a Battisti per una compilation del Mucchio. Io sono l'unico tra gli altri che ascolta musica italiana: arrivo in studio con "Ancora tu", la conoscevano a malapena. Ho trovato un vecchio demo su internet, chitarra e voce, che era lontano dalla versione che conosciamo tutti: la registrazione è stata il la per riprendere in mano tutto il disco, distruggere e ripartire. La via da fare era quella di "Ancora tu". Abbiamo tolto il filone dance, l'elettronica l'abbiamo lasciata in parte, ma suonata. E tutto è partito da Battisti."

IL NEOREALISMO
"Nel primo disco c'erano cose molto immaginifiche, pensavo che chi le ascoltava dovesse arrangiarsi nel capirle. Ora mi sono preoccupato di farle arrivare in maniera chiara. Ho cercato di fare un disco neorealista: parlare di cose come un tovagliolo o una cassetta. Cose che tocchi".

LE CANZONI D'AMORE
"Se ascolti i Pixies o Tiziano Ferro, per la canzone d'amore non c'è grossa differenza: ci sono comunque due fasi, quella 'mi sono innamorato e staremo insieme tutta la vita', e quella 'mi hai lasciato, porca miseria perché'. Nel disco c'è un anti-canzone d'amore, che va oltre la fase 'io&te siamo speciali, gli altri non ci capiscono', di cui si parla poco, per dire che no, io e te siamo volgari come il resto del mondo, toglitelo dalla testa".

I DUETTI
"Non mi sono mai piaciuti: quando sono venuti Paolo Benvegnù o Emidio Clementi hanno cantato solo loro. In questo c'è Barbara Cavaleri, una voce incredibile, ed è un duetto. L'avevo scritto dopo averne sentito l'ennesimo inopportuno e avevo bisogno di una donna che mi rispondesse. Avevo contattato voci che mi piacevano, ma la prima chiusura del pezzo era un po' violenta, a tratti pornografica, e molte mi hanno risposto di no. Barbara è stata l'unica ad avere il coraggio di dirmi che in quel modo nessuno l'avrebbe mai cantato: ci abbiamo rimesso le mani insieme, compare come autrice ed è stato un bel modo anche per ripagarla".

BOLOGNA
Stasera ci sono i Massimo Volume. Domanda di rito: questa città è cambiata? Oggi hanno anche dato il via alle ordinanze anti bivacco in via del Pratello. "Credo ci sia in tutto il paese una normalizzazione degli interessi culturali che si sente anche qui. Lavoro con i bambini, sono in contatto con tante famiglie, e sinceramente mi confronto più con loro che con la gente che sta al Covo. In generale c'è disinteresse, anche per i costi alti su tutto. Ora c'è più gente ma questo non sempre innalza il livello culturale, anzi. E la politica non sta aiutando affatto la situazione: davanti ad un bar di via del Pratello c'è chi deve inciuciare mentre io magari sto creando un gruppo, chiudere quella via significa chiudere un posto storico, un cuore pulsante della città: ci danno delle cure palliative invece che soluzioni. Però il movimento c'è, e succedono ancora cose molto belle".

Conversiamo davanti ad uno spritz e una birra di quello che c'è oggi in Italia. "Stiamo vivendo un momento di grande fervore. Negli anni 90 c'erano tanti personaggi che potevano dirsi cantautori, che hanno detto cose che rimarranno: dai La Crus agli Afterhours, passando per Giuliano Palma. E anche oggi ci sono persone che dicono cose bellissime: Grazian, per esempio. Artemoltobuffa, che ha delle canzoni splendide come "Rimmel" è stato 40 anni fa. Benvegnù, Basile. Moltheni. Canzoni su cui riesci a pensare anche per vent'anni. E mi capita di scoprire gruppi bellissimi su Myspace".

IL PERSONAGGIO
Nel disco ci sono diverse collaborazioni importanti, tra cui Enrico Gabrielli e anche Emidio Clementi dei Massimo Volume che recita in un pezzo una poesia del portoricano Pedro Pietri. Invece, chi è Terje Nordgarden? "E' un norvegese, un artista di strada. Ora è tornato a casa ma è stato a Bologna 4 anni. Quando si esbisce in Norvegia fa anche "Il suonatore Jones" di De Andrè".

In chiusura, Matteo mi racconta che con i 4 fiori per Zöe hanno anche musicato dei cortometraggi francesi: materiale che prima o poi uscirà con un titolo simile a "Musica per film mai visti", vista la scarsa popolarità dei tanti festival di corti. In più, anche lui ha girato diversi documentari, e prima o poi me ne parlerà con più calma. La cassetta è finita, l'analogico scandisce il poco tempo a disposizione e i Massimo Volume ci aspettano. Bologna, a questo punto, aspetta di vedere dal vivo I 4 fiori per Zöe.

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L'articolo 4 fiori per Zoe - Bologna, 07-11-2008 di Sara Scheggia è apparso su Rockit.it il 2008-12-09 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • solenoidd 16 anni fa Rispondi

    grandissimi bellissimo progetto! grande Franz Brini!