Dopo dieci anni dal primo album e per la quinta volta, Bologna Violenta aka Nicola Manzan, col nuovo batterista Alessandro Vagnoni, ha pubblicato "Discordia" su Dischi Bervisti. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere dopo la prima data del tour per farci raccontare cos'è cambiato adesso che Bologna Violenta è un duo e che cosa c'è dentro il nuovo disco, che rivela un aspetto forse inedito di Manzan: lui, che alla violenza sonora ci è abituato, è spaventato dalla violenza tra gli uomini.
Ho visto su Facebook i lumini targati Bologna Violenta: avete passato una buona Pasqua?
(Ride) Bene, grazie! Abbiamo passato Pasqua a casa, a preparare il concerto, anche perché abbiamo iniziato il tour due settimane prima dell'uscita del disco. Io personalmente, poi, sono stato impegnato anche a preparare i visual per i live e a imparare i pezzi; questo perché con Bologna Violenta compongo registrando e montando pian piano tutte le varie idee insieme. Per cui ad album finito mi tocca impararlo prima di iniziare il tour.
Com'è andata ieri sera a Savignano? Le prime impressioni sulla risposta del pubblico a questo nuovo lavoro quali sono?
La risposta è stata ottima in queste prime due date: c'era proprio tanta gente, incuriosita, presa bene. Fa piacere vedere il pubblico bello gasato lì sotto; nel 2005 vivevo qui a Bologna, lavoravo qui e suonavo con Alessandro Graziani e quando suonavo in qualche locale lasciavo sempre il disco alla gente che però, sulle prime, pensava che fossero colonne sonore di qualche poliziottesco - probabilmente quando lo ascoltavano la prima volta a casa avranno pensato "cos'è 'sta roba?!" - mentre ora sanno cosa li aspetta ai miei live. Sanno che saranno 50 minuti di martellate sul cervello e se le vanno a cercare (ride).
Parlando un momento di Bologna Violenta, il progetto è arrivato al quinto album: quali e quante cose sono cambiate rispetto al primo album omonimo?
Nel 2005 facevo tutto io, era solipsismo puro. Poi, già nel 2009-2010, quando ho iniziato ad avere un'etichetta dietro ho potuto permettermi di delegare molto del lavoro organizzativo di tour, promozione e così via ad altre persone che lavoravano per me. Sempre nel 2010 è arrivata Nunzia (la compagna di Nicola, ndr) che ha iniziato da subito ad occuparsi dell'ufficio stampa, organizzazione degli eventi, gestione dei social ecc. Infine, mi sarebbe sempre piaciuto allargare la formazione e non dover ammorbare sempre e solo la povera Nunzia con questioni di arrangiamento, missaggio, tour e tutto il resto e alla fine è venuto fuori Alessandro, che conosco ormai già da 5 anni e che si è sempre proposto di collaborare con me. Addirittura ho fatto mixare il disco ad Alessandro, mentre fino allo scorso album dalla composizione fino alla stampa dei cd, la totalità del processo era tutta a carico mio.
Parli di solipsismo: è stata dura abbandonarlo?
No, assolutamente! Alla fine è stata una necessità: mentre nei primi anni suonare da solo era una scelta obbligata dettata dal fatto che non conoscevo nessuno che fosse disposto a suonare quello che volevo suonare io e come volevo farlo io, adesso che le cose sono un po' cambiate e ho incontrato Alessandro ho finalmente avuto l'opportunità di avere un compagno di band.
Poi, fra noi, si è creata questa bella intesa, anche per gusti musicali - nonostante gli ascolti anche molto diversi, certe volte -, però l'intenzione è quella. Insomma sono riuscito a trovare una persona a cui affidare quella che, di fatto, è la mia vita: diciamo che si è passati dal solipsismo al pluralismo!
Discordia è il primo disco scritto a quattro mani: com'è stato scrivere questo disco insieme?
È stato molto diverso perché i miei pezzi sono sempre nati dalla batteria; mi è sempre piaciuto iniziare a comporre partendo da questo strumento perché è uno strumento che non conosco, di cui non conosco i limiti (non sono batterista!) e mi piaceva l'idea di sfidarli. L'idea è sempre stata creare delle batterie che avessero senso di per sé, che fossero espressive anche isolate dal resto degli strumenti. Quindi, prima, c'è era questa batteria cassa-rullo-piatto che andava da sola.
Quando mi sono trovato a lavorare con Alessandro c'è stata una grossa differenza perché lui è batterista, ha questo modo di scrivere a blocchi - fa un giro di batteria quattro volte e poi cambia - e io non mi ritrovavo più nel fraseggio della batteria. Poi con un po' di duro lavoro si sono superate queste difficoltà. Ma se fosse stato tutto semplice sarebbe stato noioso!
Frustrazioni, sogni infranti, ingiustizie, lotte personali e tensioni. Cosa c'è nel lato intimo e personale di questo album?
Discordia è un disco che ho scritto in un periodo di grande discordia tra me e me, un periodo in cui ho tirato le somme della mia vita, del tipo "cosa cazzo sto facendo? Sono arrivato a quarant'anni e vado ancora in giro per l'Italia a fare il coglione sul palco", e mi sono chiesto se questo sia quello che voglio veramente, se sto facendo Bologna Violenta per inerzia o no. Ho sentito la necessità di fermarmi e far fronte alle mie utopie, e alle mie piccole soddisfazioni e decidere un po' se è il caso di continuare su questa strada o cambiarla. In più, intorno a me e alle mie crisi, mi è parso di vedere che ultimamente la gente ha un po' troppo i nervi a fior di pelle. Pare che chiunque aspetti il momento per attaccarsi con qualcun altro, da quello che alle poste salta la fila, a quello che ti ruba il parcheggio e stronzate così, c'è sempre questa continua ostilità reciproca, questa discordia, appunto.
Da tradizione, dinnanzi le umane sciagure e la discordia Democrito se la rideva mentre Eraclito piangeva, sofferente. Bologna Violenta cosa fa: ride o piange?
Bologna Violenta se la ride, se la ride molto! A esser serio, io davanti all'essere umano sono molto spaventato: questo continuo farsi la guerra, questa ostilità, la violenza anche ai livelli più bassi della società, sono tutte cose che mi spaventano molto, però in fondo mi fanno ridere.
Mentre facevo i visual per il tour - ad esempio - ho fatto un montaggio di tanti spezzoni di risse e mentre lavoravo davanti a 'ste immagini pensavo "ma guarda che coglione l'essere umano". Voglio dire, dopo milioni di anni di evoluzione siamo ancora qua a spaccarci di botte per un tozzo di pane come due cani randagi. Lo trovo ridicolo!
E Alessandro?
Differenze di vedute su queste cose, tra me e Alessandro, fondamentalmente non ce ne sono. Lui da un anno a questa parte è diventato papà per cui, magari, s'è un po' ammorbidito ma comunque la prospettiva è la stessa: siamo per l'estinzione del genere umano. Però lui ha fatto una figlia, quindi siamo uno a zero per me! (ride)
Cosa ti soddisfa e cosa no di questo disco?
Quello che mi soddisfa del disco è che credo di essere riuscito a fare un passo avanti rispetto ai precedenti. "Discordia" è un po' la naturale evoluzione di "Uno Bianca", dal punto di vista concettuale, ma musicalmente parlando sono riuscito a creare dei temi, delle melodie portanti, e a farle stare bene sopra delle basi tipicamente Bologna Violenta.
Di cosa non sono contento? Questo non lo so. Be', in realtà rinfaccio spesso ad Alessandro il fatto che questo, per me, sia un disco troppo metal. Però sono veramente molto soddisfatto del disco, specie per il travaglio che c'è stato dietro. Per me è un disco molto maturo, mi piace pensarlo.
Per Bologna Violenta conta di più il concetto o la forma?
Bella domanda! All'inizio il progetto è partito come solo forma insieme ad un nome accattivante, tant'è che la gente non capiva cosa io stessi facendo e questo, per me, è diventato un grosso limite di Bologna Violenta perché finiva col far passare tutto come "il violinista dei Baustelle che fa il cretino" mentre io ci credevo sul serio.
Pensa che una volta mi è arrivato un messaggio su Facebook dopo un concerto e c'era sto tipo che mi diceva "Hey, ti ho visto live, bravo, ma secondo me te fai sta roba qua solo perché sei il chitarrista del Teatro degli orrori e puoi suonare dove cazzo ti pare, se ci credi davvero in quel che fai sei un coglione!" e io tipo "Amico, sarò un coglione ma io ci credo veramente in sta roba". Di qui, ho voluto dare una sostanza a Bologna Violenta, cosicché non fosse più solo una burla. E in questo il grosso cambiamento è stato "Uno Bianca", un disco dove non c'è nulla di grottesco, anzi! Quell'album è stato sostanza all'interno di una forma ormai consolidata. Quindi direi che ormai forma e concetto si equivalgano, la prima è andata maturando negli anni e ha permesso di lasciar spazio al secondo.
Quanto conta, invece, l'aspetto comunicativo? Scenderesti a compromessi se servissero a veicolare più chiaramente il vostro messaggio?
Io vorrei essere "no compromessi" (ride). Quando faccio i pezzi di Bologna Violenta divento molto arrogante e cerco di pungolare l'ascoltatore: "ti da fastidio? ah, allora ti do ancora più fastidio!". Per questo progetto non me n'è mai fregato nulla di quello che potrà succedere dal vivo quando la gente ascolterà per la prima volta i pezzi, di cosa dirà. Chiaro è che lo show, il concerto, dev'essere godibile per cui lo studio in maniera tale che sia un'esperienza sensata ma questo non penso sia scendere a compromessi, penso sia parte del gioco. Però in studio pochissimi compromessi, mi permetto un po' di fare ritorno al solipsismo.
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L'articolo Bologna Violenta - Senza compromessi, mai di Giacomo Guidetti è apparso su Rockit.it il 2016-04-12 12:00:00
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