Non chiamatelo Carlo Bonomelli, ma KAMAL. È nato nel 1982 in Valle Camonica, ma è stato ribattezzato così durante un viaggio in Nepal nel 2007. Non chiedergli nemmeno di cantarvi Vasco, a meno che non siate in un localino a Sibiu, in Romania. In quel caso potrebbe concedersi uno strappo alla regola. E soprattutto non cercate di dargli un genere, perché non ne vuole. Per capire la sua musica bisogna lasciarsi trasportare da un flusso di canzoni finite insieme quasi per caso. "Il significato lo decideranno i posteri, se ce ne saranno", dice.
Ecco il mandato per Disturbo da personalità border collie, il suo nuovo disco. Lasciarsi trascinare da undici canzoni di cantautorato ironico e folk rock senza preoccuparsi del senso dei brani o del perché si stia ascoltando proprio quelli. In fondo sono le canzoni a finire tutte insieme e lui è lì apposta per accontentarle e metterle insieme in un disco allucinogeno.
Come hai iniziato a fare musica?
La mia formazione artistica ufficiale è stata perlopiù legata alle arti figurative. Soprattutto alla pittura con qualche incursione nel fumetto, nella fotografia, nell'installazione, scultura e video.
Il mio rapporto con la musica invece è viscerale. Il primo approccio è stato da autodidatta e solo dopo svariati anni e concerti fatti con vari gruppi musicali di generi più disparati (ma soprattutto disperati) ho iniziato a capire vagamente qualcosa delle note che compongono gli accordacci che suonavo, a capire la differenza tra armonia e melodia, a cantare col diaframma e non con la gola e possibilmente non ruttare nel microfono.
Cosa significa il tuo nome d'arte?
Dopo le prime esperienze musicali appunto con diversi gruppi musicali della mia zona, nel 2007 a seguito di un viaggio in Nepal ricevo in dono il nome “di battaglia” Kamal (che significa fiore di loto ma in realtà non c'è nessuna strana storia di iniziazione mistica dietro a questo “battesimo”, semplicemente degli amici nepalesi mi hanno dato il nome nepalese più simile al mio, un po' ostico da pronunciare per loro) e, rimasto orfano delle precedenti band inizio la mia carriera solista che tra alti e bassi e talvolta pure neutri arriva con varie peripezie fino ai giorni nostri.
Con chi lavori?
Per la registrazione e il mixaggio dei miei dischi più recenti collaboro con l'amico musicista Marco Giuradei, già tastierista di vari progetti musicali tra cui i Giuradei e i Dunk. Questo sodalizio artistico è nato nel 2017 con la registrazione del mio album 2017 Aborigeni Italiani, ed è proseguito anche per i lavori successivi Trittico esistenzialista #1 (2019), Canzoni d'Amore e d'Alchimia (2021) e l'ultimo album Disturbo della personalità border collie (2024).
Altri musicisti con cui ho avuto il piacere di collaborare in studio recentemente sono il batterista Alessandro Pedretti, il chitarrista Nicola Panteghini, la violinista Mirela Isaincu (con la quale spesso e volentieri suono anche dal vivo) e la cantante Gaia Bonomi.
Nei primi album (registrati uno da Fabrizio Romani e un paio di EP da Fabio Squaratti) ho collaborato anche con la cantante Cecilia Carta, il bassista/trombettista Federico Gelfi, il batterista Diego Facchinetti, il chitarrista Domenico Rescigno, il bassista Maurizio Zanni, il bassista Fabio Squaratti, il percussionista Dudu Kouatè, il saxofonista Abdou Mbacke, il fisarmonicista Daniele Laffranchi, il tastierista Luca Cappellini e il batterista Massimiliano Angeloni. Un paio di singoli invece me li ha arrangiati, registrati e mixati Fabio Roveroni.
Sempre dal vivo talvolta ho fatto dei duetti col cantautore/rapper Diego Drama e oltre alla già citata Mirela Isaincu ho suonato con diversi musicisti tra cui Manuel Bonzi, Samuele Forloni, Andrea Poli, Federico Gelfi , Daniele Laffranchi e talvolta altri anche un po' improvvisati.
Ultimamente a livello di concerti mi è capitato di organizzare delle date insieme all'amico e collega cantautore vicentino Luciano Schiesaro. Ma anche con alcuni cantautori del circolo dei cantautori bresciani ovvero Sergio Gritti, Laura Sirani e Giovanni Peli.
Nel mio ultimo album ho avuto anche un preziosissimo contributo in termini di latrati dal mio cane Bluey.
Di cosa parli nei tuoi pezzi?
La mia musica è solo una timida approssimazione di ciò che ho dentro da tirare fuori, che è qualcosa di tremendamente viscerale, tradizionalmente avanguardista, febbrile e al contempo infinitamente gioiosa, ironica e tragica allo stesso tempo. L'armonia attraverso gli opposti per dirla in termini esoterici. La continuazione dell'opera divina. Il genere non importa, quello viene dato a posteriori.
Per ora potrei dire di aver prodotto del cantautorato folk italico con sfumature che vanno dal punk-rock-blues al liscio, passando dal nonsocosa al nonsochì, con una buona commistione di amarezza e di dissacrante ironia. Ma soprattutto tanto tanto amore. E su quello c'è ancora tanto da lavorare.
Cosa ascolti di solito?
I miei ascolti sono vari. Forse troppi. Attualmente sono molto sui suoni della natura direttamente dal produttore al consumatore. Ma anche quelli dell'umanità non scherzano. Quelli della natura umana poi sono fantastici.
Rimanendo nella musica nella mia carriera di ascoltatore ho ascoltato veramente di tutto. Tra i nomi più influenti e famosi citerei Ramones, David Bowie, Iggy Pop, Black Sabbath, Bob Marley, Piero Ciampi, Ivan Graziani, Lucio Dalla, Davide Van de Sfroos, Luigi Tenco, Franco Califano, Franco Battiato, Charlie & the Cats, Charlie Cinelli, Sergio Endrigo, Velvet Underground, The Doors, Paco de Lucìa, Camaròn de la Isla, Enrique Morente, Angelo Badalamenti, Francesco Tricarico, Bobo Rondelli, The Beatles, THEM, Van Morrison, The Animals, John Lee Hooker, Sex Pistols, The Clash, Oasis, Blur, Fabrizio de Andrè, Vasco Rossi, Trio Lescano, Francesco Guccini, Derozer, Tre Allegri Ragazzi Morti, 883, Jovanotti (fino al 1998), … e molto altro... troppo...
Ultimamente sto molto in fissa con Lucio Battisti (sto andando in profondità in qualcosa che conosco da sempre perché lo ascoltava già mia mamma quando ero bambino), oppure con gruppi folk soprattutto della zona euroasiatica o africana (soprattutto il blues del Sahara). Mi piace molto certa sperimentazione d'avanguardia che comunque si rifà alle radici più profonde. Sto riscoprendo anche molti canti popolari italiani soprattutto dell'area lombardo-veneta ma non solo.
Il pop attuale, come pure l'indie rock che va di moda a parte qualche microscopica eccezione mi fa letteralmente vomitare. Ci ho provato a farmelo piacere ma non ce la faccio proprio. Con tutta la bella musica che il mondo ha da offrire.
Da chi prendi ispirazione?
Come ispirazione attualmente non mi ispiro a nessuno. Mi lascio ispirare dalla vita. Potrei dire da Dio ma forse è una parola un po' equivoca. Poi ci metto tutti i miei filtri. Ma il mio obbiettivo è rimuoverli un po' alla volta tutti, per quanto possa essere umanamente possibile. Se no continuerò il lavoro a tempo debito in altre galassie, all'infinito.
Di cosa parla Disturbo della personalità border collie?
Il mio ultimo album è nato così quasi per caso. Arriva un momento in cui un gruppo di canzoni decidono di voler andare a vivere assieme su di un disco e io non posso far altro che accontentarle. Del resto sono qui apposta.
Il significato lo decideranno i posteri, se ce ne saranno. Sennò non lo deciderà nessuno. Che bisogno c'è di dare significati a delle canzoni? A mio avviso le canzoni vanno ascoltate, meglio ancora se tutte assieme su di un album. Va ascoltato fino allo sfinimento per penetrarne veramente l'essenza per lo meno per provarci.
Il significato arriva quando non si ha più voglia di ascoltare. È una sorta di scusa per andare oltre.
Qual è la cosa più divertente che ti è successa a un live?
Nel novembre del 2019 ero in Romania per un minitour in compagnia dell'amico cantautore blues tedesco Jørg. Quella sera suonavamo in un bel localino di Sibiu. Io ovviamente cantavo le mie canzoni in italiano (più un paio di brani di mia composizione in inglese). A un certo punto si avvicina un tipo e con un rudimentale italiano mi chiede “mi puoi suonare una canzone di Vasco?”. Non vi dico se l'ho fatto o meno perché è un particolare a mio avviso ininfluente. Vi dico solo che stavo appunto pensando in quei giorni che uno dei pregi principali del suonare all'estero è il fatto che non ti chiedono di suonare canzoni di Vasco. In Romania però la cosa l'ho trovata più divertente, tanto da raccontarla ancora.
Progetti futuri?
Al momento sto lavorando al videoclip di un nuovo brano concepito da poco. È un brano cantato in dialetto (della mia zona, comprensibile direi soprattutto da bresciani e bergamaschi). Sicuramente quando verrà pubblicato avrà anche i sottotitoli. E poi sto cercando di portare in giro il mio ultimo album Disturbo della personalità border collie uscito la scorsa primavera ma ultimamente sembra essere diventata un'impresa titanica trovare qualcuno disposto a fare suonare cantautori non famosi perlopiù non allineati con le tendenze mainstream. E la cosa più terrificante è che nella maggior parte dei locali che conosco ultimamente fanno solo cover (sempre le solite tra l'altro). Non vogliono rischiare.
Mi auguro di trovare nuove interessanti situazioni in cui portare avanti la "mia" arte perché sinceramente sono stanco di elemosinare l'attenzione degli zombie. Come diceva un tale “lasciate che i morti seppelliscano i loro morti”. E ci aggiungerei pure un bel “Amen”.
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L'articolo Border KAMALli di Redazione è apparso su Rockit.it il 2024-10-24 17:53:00
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