L'altro giorno ricevo un messaggio: “Ho fatto la cover di Wonderwall. Sto pensando di fare un disco”. Era da tempo che Giulio Calvino, vero culto dell'indie rock italiano, non mi scriveva una cosa del genere. Il suo ultimo disco con gli Hot Gossip si intitola Hopeless, suona come i Dandy Warhols dentro la foresta nera, ed è uscito nel 2012. L'ultima cosa da lui pubblicata è proprio una cover: Strange Powers dei Magnetic Fields, anno 2013. Poi più niente.
7 anni di silenzio per uno che vantava, fra le altre cose, collaborazioni da Syria ai Calexico? Troppi, forse. O forse no. Calvino viene da un mondo in cui la musica non aveva i tempi frenetici del pre-Covid e in cui perdere aveva quasi più fascino che vincere. Lo chiamo mentre sta ascoltando Baxter Dury: “Per me è un po' tipo Erlend Oye nella sua fase Whitest Boy Alive”, mi dice. Parliamo di musica, non mi accadeva da un po'.
Ti sto intervistando come Hot Gossip o come Calvino?
Oh, domanda difficilissima. Come Calvino in realtà. Hot Gossip è un'esperienza chiusa dopo l'ultimo disco, Hopeless. Anche il suono ora è molto diverso, nonostante sia sempre io che faccio tutto in casa da solo. C'è un po' di innovazione. Al nome, ti confesso, devo ancora pensarci. Forse proprio Calvino va benissimo.
“In casa da solo”. La quarantena t'ha ispirato.
La cover è stata abbozzata prima del lockdown, poi ho deciso di completarla. É tanti anni che suono da solo. Hopeless l'ho fatto in casa in due anni, per quello c'ho messo così tanto. É un approccio che mostra dei limiti, forse ne sono un po' stanco. Prima ero libero di fare altre cose ma non le facevo perché non avevo tempo, ora invece sono forzato.
Che c'azzecchi con gli Oasis?
Niente. C'è una storia che racconto sempre e che fa ridere... (ghigna) Quando ho visto il primo video degli Oasis, su MTV o Videomusic, non ricordo nemmeno il titolo, mi sono detto: “Molto interessanti, peccato che sono troppo brutti. Non sfonderanno mai” (ride).
Ahah. C'avevi preso.
Si, una delle mie fantastiche predizioni del futuro.
Perché proprio Wonderwall?
Ti stupiresti ma ancora mi riescono delle cose completamente a caso. Avevo questi quattro accordi, ho iniziato a suonarli con lo stesso ritmo di Wonderwall, e le parole di quel testo sono cadute perfette, peccato che fossero accordi diversi dall'originale (ride). É stato spontaneo e innocente. Non sono mai stato megafan degli Oasis, ma mi piacciono e hanno tante canzoni molto belle.
Fra le varie interpretazioni del pezzo, Noel Gallagher disse (e poi ritrasse) che si trattava del muro della cameretta della sua allora fidanzata paragonato al muro di uno studente a cui sono attaccati i poster di calciatori e pop star. Il muro del desiderio, appunto. Considerato che siamo costretti in casa, arriva al tempo giusto.
Vero. É successo davvero per caso. Ero con Francesco (Mandelli, NdR), con cui ogni tanto mi faccio delle suonate. É venuto a casa mia proprio alla vigilia della quarantena e gli ho fatto sentire questa cosa e mi ha incoraggiato a proseguire. "Continuala", mi ha detto, "fammi sentire come la chiudi". Allora mi sono messo a lavorarci.
La musica riesce sempre ad annusare i tempi che arrivano.
Esatto. Per quello che dico che mi è arrivata. Non sono una persona spirituale, ma mi è proprio capitata, a caso.
Il tuo legame con gli anni Novanta è inscindibile.
Anche con i Duemila, in realtà. Nel suono oggi mi sento più legato ai Black Lips che ai Nirvana. Una malattia di questi tempi sono i Milk Lines, una band che fa una sorta di country imperfetto, con le voci sbragate. Ogni epoca ti lascia qualcosa. E' come l'imprinting dei genitori. Certi dischi sono come i genitori.
L'influenza di questa cover è evidente: garage e psych rock à la page. Possiamo riassumerlo in una città: Los Angeles.
Assolutamente. Tutta la nuova scena losangelina e non solo: Dream Phases, Hoover III, Levitation Room, Sugar Candy Mountain, Mystery Lights, White Fence, Sam Cohen, King Gizzard, Tropical Fuck Storm, Mistery Lights, Froth, Sam Flax, Automatic, Bodega. Non tutti di LA. Oppure gli Oh Sees, che ascoltavamo già dieci anni fa quando si chiamavano Coachwhips e Erol Alkan li faceva suonare al Trash a Londra. Poi hanno cambiato suono e nome della band, diventando più simili ai Can e ai Kraftwerk. Quei gruppi me li godo molto.
Tu sei un grande critico degli States, della loro idea di società ed economia. Eppure ne subisci fortissimamente il fascino.
C'è un grosso imprinting yankee che incameri fin da piccolo. Fanno guerre commerciali per diffondere il più possibile il loro contenuto. Gli Studios di Hollywood sono il Pentagono cinematografico, e ne sono influenzato e attratto anche io. É una sorta di odio e amore, soprattutto verso le persone, verso quello che riescono a inventare in una situazione così dura, una società senza seconde opportunità. Là se non lavori ti sbattono fuori di casa in una settimana, c'è poca assistenza sociale. Sono temi politici se vuoi. Ho incontrato persone che si adeguano e creano arte, quella che poi riesce a sfondare i confini nazionali un po' grazie alla loro posizione di egemonia un po' perché sono bravi.
Dopo questa cover cosa accadrà?
Mi piacerebbe fare un disco. Devo ancora trovare le risorse. Ho tante cose ferme. Mi piacerebbe trovare una band, però si fa sempre fatica a trovare persone giuste. Intanto scriverò un po', visto che il periodo di isolamento sarà lungo.
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L'articolo Calvino suona "Wonderwall": certi dischi sono come i genitori di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2020-04-07 09:47:00
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