Quanto è strano parlare di Casino Royale nel 2021? Sono stati talmente grandi e influenti per tutta la musica italiana che cercava reference all'estero, da non saper neanche elencare tutti quelli che hanno preso qualcosa da album come Sempre più vicino, Dainamaita o CRX. Li avrò visti 10 volte dal vivo, ricordo bene la loro energia all'apice del successo, una cosa vista rarissime volte in Italia. Poi hanno preso strade impervie, hanno perso pezzi importanti per strada (uno su tutti Giuliano Palma) e si sono reinventati mille volte. Se parlo oggi con Alioscia Bisceglia, l'unico rimasto della vecchia guardia ad accendere il fuoco nei Casino Royale, è per l'uscita tutta indipendente di Polaris, il nuovo album/ep che segna un'ennesima svolta nei suoni e nelle parole dei CR. Quasi niente funk, tanta autoanalisi.
Ci scambiamo un po' di convenevoli toscani, che anche Alioscia conosce bene la mia terra, poi gli dico che posseggo orgogliosamente il vinile di Ten Golden Guns del 1990, quando i CR erano conosciuti come band ska in inglese. Mi domanda: "Che dici di 'sto lavoro nuovo? Ti faccio io l'intervista a te", e gli confesso che mi è piaciuta un sacco la dimensione psicologica e introspettiva del disco, ma non quella buttata in caciara: al suo interno ho trovato delle reali strategie che ho sperimentato nella vita, per conoscere meglio me stesso e accettare il bene come il male."Meno male va", mi dice Alioscia. "Questo è un disco di autoanalisi e la mia preoccupazione è stata 'ma chi è che c'ha voglia di ascoltare un disco un po' grillo parlante?'. Fa parte delle esperienze dei miei ultimi anni e vedendo che c'è un malessere, un disagio diffuso che è più che percepibile per una lunga serie di motivi, quello che mi sembrava più onesto era parlare di quei temi".
Penso che la gente si sia rotta più di ascoltare le storielle d'amore finite male che non le introspezioni reali, che mettono in discussione e lasciano il segno. "Questo tipo di scrittura ce l'ho sempre avuta da quando facciamo roba in italiano, la parte un po' più intima e confidenziale. Questa volta però mi focalizzo su come cazzo stai quando cresci, le paure che hai". La pandemia ha tirato fuori album diversi, che parlano dei litigi con noi stessi. Di sicuro una cosa positiva, visto che di salute mentale, a tutti i livelli, non si parla quasi mai. "Questo però è stato scritto tutto prima, anzi, quando è arrivata la pandemia ho pensato che se l'avessimo fatto uscire allora sarebbe stato perfetto, con l'ansia che c'era in giro. Quantomeno questo disco ti fa sentire che non sei l'unico a stare così. Con questo disco più che parlare di certezze abbiamo condiviso dubbi. Lo scenario però non è migliorato tantissimo quindi è sempre attuale, è uscito più dall'urgenza che da una qualche aspettativa commerciale, porta delle inquietudini. È maturo, come me".
I Casino Royale nella loro storia hanno avuto un sacco di tipologie di fan: quelli che amavano il rocksteady degli inizi, quelli del crossover di Dainamaita, del trip hop e delle contaminazioni futuristiche di Sempre più vicino, quelli più cervellotici di CRX o più clubbing di DnB, ma alla fine, tutti i feedback ricevuti dalla band per il nuovo Polaris, vanno sulla direzione della necessità, del disco giusto al momento giusto: "Questo periodo di pandemia in generale sta partorendo progetti che hanno una vibra simile, non allineati col mercato. Mi sono ascoltato un po' Iosonouncane e lo metterei vicino a questo lavoro come tensione. Polaris è un disco fatto in un arco di tempo lunghissimo, saranno tre anni, fatto nei ritagli di tempo della vita dove trovarsi una sera ogni tre mesi era quello che potevamo fare col tempo che avevamo a disposizione: ci sono i figli, il lavoro, devi aspettare la disponibilità dell'amico che ti fa la produzione gratis perché ci tiene, perché c'è un legame, perché da piccolo il migliore amico di suo fratello era fan dei CR. Ci sono delle storie umane che si intrecciano in questo ep, che ha un'intensità da album: una storia con un suo peso specifico. Molte volte fai dei dischi e li riempi di cose incompiute per arrivare a un minutaggio oppure belle idee lasciate a metà, come Io e la mia ombra, che poi deve uscire in fretta per esigenze discografiche, per le date d'estate per guadagnare. A questo giro siamo totalmente indipendenti, quindi ci siamo presi il nostro tempo ed è venuto fuori come un episodio di una serie televisiva".
Il lavoro su se stessi che non finisce mai. Alla fine sei sempre tu che fai una lotta con te stesso per conoscerti, per accettarti e migliorarti: "Comincia da te stesso e poi rivoluzioni. Alla fine se non lavori su quello non starai bene con gli altri, in gruppo, avrai sempre le tue paranoie, le paure del giudizio o l'inadeguatezza. Sembra banale ma questa società è incasinata anche perché non ce la facciamo a conoscere noi stessi, per accettarci e correggerci. Adottiamo un casino di modelli che ci portano fuori strada, perché è più comodo e meno faticoso, perché andare in battaglia con se s tessi è sempre una rottura di coglioni, è molto più facile puntare il dito".
Ecco, in questo album o ep, come volete chiamarlo, c'è un pezzo dal titolo Ho combattuto che è uno dei migliori pezzi della storia dei CR, e parla proprio di questo. Quasi strano trovarlo in un disco totalmente indipendente e non negli album "famosi" dei CR: "Da un po' si è abbattuto il muro del mainstream, ed è una bellissima notizia, ma tutto un po' si sta omologando al mainstream. Se una volta i discografici non potevano proprio capire l'approccio che avevamo noi, perché vivevano in un mondo prosperoso che andava per i cazzi propri, oggi i discografici giovani rincorrono un pop dove va bene Orietta Berti e la trap vicino, basta che funzioni e questa cosa mi sciocca. Anche tanti artisti che ho spinto quando facevo la programmazione a DeeJay TV si buttano a capofitto nell'entertainment, per diventare personaggi. Lo capisco ma io non c'ho voglia. Non so se non c'ho avuto voglia prima e c'ho provato per finta, ma adesso ancora meno", dice Alioscia. "Però ci sono anche tanti artisti non allineati che fanno quello che vogliono: dicevamo Iosonouncane ma anche il disco nuovo di Cosmo. Io vivo delle piccole cose che hanno un valore vero, umano. Di numeri o economie lascia stare facciamo tutti altri lavori e questa cosa aiuta ad andare avanti a cuor leggero".
Parliamo di pop, perché i CR nella loro storia hanno avuto i loro bei momenti di puro mainstream: "Abbiamo flirtato tanto col pop, siamo andati da Renzo Arbore, abbiamo fatto un varietà del sabato sera nel '90, il karma ce lo siamo compromesso parecchio. Alla fine io però non ce l'ho mai fatta a passare da quella parte lì, mi sono sentito sempre in imbarazzo. Altri duri e puri invece abbiamo scoperto che avevano una bella confidenza con quel mondo. Io non guardo Sanremo e quando mi capita davanti giro, perché dovrei andare su un palco che non mi fa divertire? Il nostro è stato un percorso anche molto dogmatico, prima c'era la contrapposizione vera tra il mondo sistema e il nostro mondo, oggi è un altro scenario".
Ecco, parlando della canzone Scenario, presente nel disco, mi piacerebbe proprio sapere chi sono i "voi" di cui si parla nello speech. Qui Alioscia mi spiega una situazione trascendente, in cui mi dice che di quel pezzo lui è solo un tramite. Mi parla di entità superiore che guida nell'autoanalisi e, soprattutto, che non è roba da fricchettoni. A quel pezzo è legato un po' del mondo di Polaris, della Stella Polare come punto di riferimento altro. "Boh sono uno che quando accendevano l'incenso mi toccavo i coglioni, ma non posso negare che se io avessi la saggezza delle parole di Josh, l'entità, in Scenario, vivrei col sorriso dalla mattina alla sera e non avrei problemi neanche se mi cascasse il tetto in testa. Non sono così risolto. In ogni caso noi siamo il mondo basso e loro sono il nord, il punto che cerchiamo quando guardiamo in alto per non perdere la bussola, come si suol dire. Anche la grafica si riferisce a questa esperienza: la stella dei venti, le due spade per Ho combattuto, il numero è la velocità della luce (Fermi alla velocità della luce) e la cover con tutti i volti che guardano sorpresi la stella polare o la fine del mondo - salcazzo, lo scopriremo - è legato al concetto di moltitudine di Tra noi, ed è il pezzo un po' più CR vecchio stile".
Il Casino Royale vecchio stile, ve lo ricordate? Ne sono passate di acque sotto i ponti: "Siamo stati una diaspora via l'altra, l'ultimo cambiamento forte è stato con la fuoriuscita di Pardo, la persona con cui abbiamo portato avanti CR da Dainamaita in poi. Più che una band siamo un marchio, un immaginario, rappresenta un certo tipo di attitude e di sensibilità. Siamo stati un collettivo, un gruppo di lavoro. Io, per accanimento e costanza, mi sono guadagnato questo ruolo di project leader, perché ogni volta ho avuto un moto per svegliare i CR: una volta reggae, un'altra drum'n'bass, ho pilotato un sacco di cambiamenti, poi ci sono tutte quelle figure che quandio fai un fischio ti dicono 'presente', che sono amici nuovi o di vecchia data. Questo disco, se non fosse stato per il lavoro di Geppi Cuscito, non l'avremo mai fatto. È stato lo sparring partner per me che non suonando niente, non programmando un cazzo, dipendo da qualcun altro. Poi Francesco Leali, un under 30 che ha fatto uscire il disco dai canoni dei CR. Qui di funk non c'è quasi niente, è molto bianco, new wave per certi versi. Alla fine è un'ennesima sintesi nuova per sorprendersi e sorprendere. Polaris è un disco ma è anche un piccolo progetto di comunicazione: ci stiamo organizzando per fare un cortometraggio lungo tutta la durata del disco, c'è il lavoro dei podcast che aiutano a raccontare meglio l'album ma che divulgano anche l'attitudine dei CR. Racontiamo chi siamo ma anche come stanno tutti quanti in questo momento. Se devo fare un disco aspettando che esca, che vada in classifica, che venga suonato per radio, non c'ho più voglia".
Alioscia ha le idee chiare sul percorso di un progetto che dura ormai da 30anni: "Io voglio parlare alla gente che mi può capire, non devo convincere nessuno a far delle riflessioni. Per me il successo e che mi chiami e mi dici 'Ho sentito il disco, ci sento delle cose che ho vissuto in analisi' e allora dico: sarà una nicchia, ma chi ha passato questo tormento dirà 'Figa, uno ha fatto delle canzoni sulle battaglie che sto combattendo anche adesso nella mia parte più intima'. Poi oh, ci facciamo anche delle belle risate, non è che siamo tristi, solo che questo lavoro parla di una parte inquieta".
Ecco, quando pensavo a cosa chiedere ad Alioscia, mi era venuta in mente la tipica domanda 'C'è qualcosa che cambieresti del passato', perché mai come nel suo caso potrebbe essere pertinente a una storia che ha visto un sacco di emanazioni e momenti diversi, dalle star della tv all'indipendenza pura. Provo: "Ogni sbaglio che fai porta un insegnamento, quindi col senno di poi ti direi sì, ma non ha valore. Doveva andare così. Se avessimo fatto cose differenti, ad esempio, forse non ci sarebbe stato Polaris. Amen. Nel nostro momento di apice siamo implosi. Cosa ti devo dire, che non avrei dovuto fare CRX per non infastidire Giuliano Palma e andare avanti facendo i CR come i Bluebeaters? No. Sono state tante scente dolorose per me ma per tutti, perché anche convivere con un rompicoglioni come Alioscia, che non è un musicista ma condiziona tutto, deve essere anche una rottura di cazzo. Ho avuto anch'io a che fare in situazioni di collaborazione e di lavoro con persone con un ego forte, però ho anche pensato che chi ha le idee più chiare si pigli anche le responsabilità, no? Nei gruppi di lavoro funziona così. Se devo ricordarmi quando a Napoli, un sabato sera, dalla trasmissione Cocco siamo usciti in playback da un cocco con le ballerine brasiliane e Peppino Di Capri, ti dico non so se lo rifarei, ma era tutto così demenziale per noi che eravamo un gruppo di alieni che andava in una situazione di varietà Rai Uno in prima serata. Ci sentivamo i monelli che andavano in gita. Ecco, nei rapporti interpersonali avremmo dovuto chiarire prima delle cose, ci son state pagine di vera sofferenza. La nostra è una storia di fatica anche nello stare insieme. È stato veramente duro, tosto e alla fine è andata come doveva andare".
Poi mi dice che gli manca il funk e che già stanno facendo un po' di pezzi nuovi che vanno più in quella direzione, che andranno a suonare a febbraio del 2022, perché elementi fondamentali come Patrick Benifei non erano liberi per il periodo estivo, sarebbe stato troppo complicato fare il lancio, mettere assieme il live compatibilmente con i loro lavori. Che i concerti seduti non gli fanno schifo per niente, perché CR fa muovere il culo, ma puoi anche seguirlo come narrazione con un whisky e un pacchetto di sigarette, come un dialogo. "Boh, sarò anch'io, ma se vado a vedere un concerto dei Massive Attack, dopo un po' mi voglio sedere, me lo voglio godere". Poi chiederà ad alcuni artisti di fare dei rework sui pezzi di Polaris, delle interpretazioni musicali dopo essere entrati nel mood del disco, e che vorrebbe far uscire con un libro di fotografie, perché sta facendo lo stesso lavoro anche con le immagini. In più c'è il podcast che sta ricevendo dei bei feedback. Insomma, non è uno che fa le cose a caso o che sta con le mani in mano, proprio no. Ma non è un musicista, non lo è mai stato: "La musica per me è un'arma a doppio taglio: un amore che ha portato anche un casino di sofferenza, di struggle. Quando cresci, l'amore lo vivi in maniera più disillusa, ma questo non vuol dire che perde di valore, sei tu che sei più maturo e dai all'innamoramento un valore differente rispetto alle farfalle nello stomaco di quando hai 15 anni. La nostra storia è abbastanza difficile: abbiamo avuto delle intuizioni, raggiunto certi livelli, poi ci siamo fermati, abbiamo aperto altre strade in cui altri progetti si sono inseriti e hanno avuto un tempismo più adeguato del nostro. A volte, sensazione che odio, ho quel misto di critica che sa di rosicamento, e questa cosa qua mi fa male e mi fa schifo. Se guardo la musica che va, che gira, che ha successo, capita di dire: 'Dai ma questa cosa la facevamo anni fa', poi ti rendi conto che quando fai le tue cose parte la magia, e quella sta in quello che fai, non in quello che fanno gli altri. Quando ti dedichi di nuovo alla musica riparte quello scambio sofferto e faticoso, che però ti salva sempre. Ho passato i 50 anni, difficilmente arriva qualcosa che mi sbalordisce a livello musicale, ma ci sono sempre quei progetti di cui m'innamoro, che hanno le stesse intuizioni a distanza di decenni che ho avuto io. Ho amato l'album di Venerus come in passato ho amato alcune cose di Ghemon. Mi fa piacere quando vedo qualcuno che nel DNA ha delle cose simili alle nostre. Poi come ascoltatore io metto Radio Rai Tre che fa musica classica o le robe sperimentali dei programmi notturni, mi faccio i miei Shazam, poi vado su Spotify e da lì conosco altri progetti simili, faccio le mie ricerche, sto sempre con le antennine su. Sono un ascoltatore di musica consapevole dagli anni '70 ho visto le cose fare il giro un sacco di volte, ho un milione di referenze dentro di me ma non trovo lo stupore di quando è arrivata la jungle o la drum'n'bass, che ho esclamato 'e questa che cazzo è?'".
Finiamo così, parlando di musica, mi chiede i miei gusti perché alla fine le telefonate con gli artisti, di questi tempi, diventano anche chiacchierate per conoscersi. Mi sembra una cosa bella, così come Polaris dei Casino Royale, che vi consiglio e che ora che finisco di scrivere rimetto su.
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L'articolo Come stai quando cresci: il ritorno dei Casino Royale di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-06-09 08:42:00
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