Un primo album molto interessante, quello dei Caveleon. Da lì passa un'estate, la più calda degli ultimi diecimila anni, e i Cavaleon li troviamo nella loro tana. Che poi è una sala prove abbastanza fresca da poterci parlare. Del loro tipo di musica, ad esempio, dei loro progetti futuri e, soprattutto, della loro assonanza con la parola camaleonte. Se siete confusi vi conviene continuare a leggere.
Dopo aver ascoltato un paio di volte il vostro Ep di debutto, e dato un'occhiata al vostro profilo, ci siamo accorti di come non ci sia una precisa strategia, non compaiono mai (o quasi) foto particolarmente patinate, più che altro momenti di live, prove.
Apprezziamo molto la chiave di lettura che siete riusciti a dare al nostro profilo Instagram, ma, siamo sinceri, probabilmente è uno stile che nasce dal nostro travagliato rapporto con i social. Nessuno di noi purtroppo è in grado di fare un video o scattare una foto nel momento giusto. Ma piano piano stiamo imparando. Stiamo cercando di avvicinarci a chi ci ascolta mostrando ciò che ci viene più naturale, come ad esempio l’emozione di un live o l’intimità di piccoli momenti di realtà quotidiana.
Per parlare invece della vostra storia, che è una storia di unione tra personalità con percorsi abbastanza diversi, che cosa ci potete dire?
Crediamo sia molto importante che, prima di questa esperienza, ognuno di noi abbia avuto la possibilità di intraprendere un proprio percorso musicale che ci ha portati ad avere un’identità che unisce stili, visioni e gusti differenti.
Siamo amici di vecchia data. Avevamo una cover band durante i primi anni del liceo, ma vi risparmio i dettagli. Federico lo abbiamo conosciuto poco tempo dopo e nel corso degli anni abbiamo sempre collaborato. Per un periodo ci siamo persi di vista, ma continuavamo tutti a fare cose: dopo la scuola mi sono trasferito due anni a Londra dove ho lavorato e studiato nel mondo della musica per cinema, tornato in Italia ho proseguito gli studi di pianoforte e composizione al Conservatorio di Milano, continuando a collaborare alla realizzazione di colonne sonore per il cinema e il teatro; Federico, oltre allo studio del pianoforte, ha sempre avuto una grande passione per il mondo dei software musicali, dei sintetizzatori sia analogici che digitali e della musica per immagine. Ha frequentato corsi di musica elettronica a Milano e ha avuto diverse esperienze in studi di registrazione. Agostino ha cominciato a suonare la batteria da piccolo e ha portato avanti la sua passione da autodidatta, suonando in diverse band della scena milanese spaziando dal rock classico al post-punk, creandosi un kit di batteria molto particolare che rende il suo stile immediatamente riconoscibile.
Giulia è di Verona, ma ormai è una milanese acquisita, fin da piccola ha scelto la voce come strumento principale cantando in un coro di voci bianche, proseguendo poi i suoi studi fino al diploma in musica Jazz presso le scuole civiche di Milano. Poi un lungo viaggio in nuova Zelanda dove ha iniziato a comporre i suoi primi brani che sono sfociati poi nel progetto musicale Jenny Penny Full con cui ha suonato vari anni prima di entrare a far parte dei Caveleon.
Il progetto è nato in modo molto naturale. Stavo lavorando alla scrittura dei brani che poi sono entrati a far parte dell’EP e ho incontrato Agostino dopo molto tempo che non ci vedevamo, gli ho fatto sentire i brani, e abbiamo aggiunto in pochi giorni le parti di batteria. Abbiamo iniziato a sperimentare i brani dal vivo in qualche piccolissimo locale e abbiamo pensato subito che Federico sarebbe stato perfetto per completare il nostro mondo sonoro. Eravamo al MAI TAI studio, dove poi abbiamo registrato l’EP, e Gianluca Mancini (che oggi è il nostro manager) ci ha fatto sentire un brano che aveva appena registrato insieme a Giulia. Non sapevamo chi fosse ma sapevamo che era esattamente quello che mancava, abbiamo preso subito il telefono e l’abbiamo chiamata e da quel giorno siamo i Caveleon (abbiamo pure avuto il coraggio di farle un provino, durato meno di un minuto).
Forse per assonanza tra il vostro nome e Chameleon, su pezzi come "Late Night", il vostro primo singolo, ma anche "Follow Me", non ci pare sbagliato definire il vostro suono come, giustappunto, "camaleontico": vi sentite abbastanza cangianti a seconda delle situazioni oppure avete un altro tipo di obiettivo?
Come dicevamo, il fatto di venire da background musicali diversi ci ha permesso di avere grande libertà nella scrittura. Amiamo i dettagli e i contrasti e ci piace pensare che grazie a questo Caveleon sia un progetto in continua evoluzione, che si arricchisce giorno dopo giorno delle influenze che ciascuno di noi porta con sé, per poi fonderle tra loro in quel punto di incontro che siamo riusciti a trovare per raccontare il nostro immaginario.
Ci piace vivere la musica con curiosità, abbiamo imparato che ogni momento può essere una sorpresa, ed è quello che cerchiamo di rendere sia all’interno dei nostri brani, che nel nostro percorso di crescita attraverso la continua sperimentazione, senza porci nessun tipo di limite.
Una canzone-tipo dei Caveleon come nasce? Prima il testo o prima la musica o magari, quasi in maniera democristiana, "un po' e un po' "?
Fino ad ora tutti i brani sono nati dalla musica e poi di conseguenza è arrivato il testo. Si è creato un rapporto molto particolare tra queste due parti. Ci siamo accorti che tutto ciò di cui parliamo all’interno delle nostre canzoni nasce per essere risolto dalla parte musicale, è come una lunga chiacchierata con un amico che spesso ti porta a capire qualcosa a cui non avevi mai pensato prima.
Per collegarci alla prima domanda, date l'idea di essere un gruppo che passa molto tempo, per altro anche a divertirsi, in sala prove: è così? E questa "vicinanza" ha portato anche a mischiare gli ascolti tra di voi?
“The Cave”, la nostra sala prove, è il seminterrato della casa di Leo dove ogni giorno c’è un gran via vai di amici con cui condividiamo i nostri nuovi brani e idee. Ci passiamo giornate e nottate intere in una giungla infinita di cavi e strumenti. Sicuramente questa situazione ha influito in qualche modo anche sul nostro sound e sulla scrittura dei brani; quando siamo andati in studio a registrare l’ EP abbiamo deciso di tenere molte parti che erano già state registrate in “Cave” perchè eravamo talmente affezionati all’atmosfera e al sapore di quei momenti, che sarebbe stato impossibile ricrearli. Ci piace rifugiarci nella musica, salutare tutto il resto e andare per intere giornate nel nostro mondo più intimo, fatto non solo di musica ma anche della grande amicizia che ci lega.
Nella nostra recensione, Marco Beltramelli termina con questa frase: "Manuale del perfetto debutto di una band indipendente". Quindi non possiamo che concludere questa nostra intervista con il più classico dei quesiti: e adesso? a cosa state lavorando?
C’è un album già pronto che non vediamo l’ora di registrare e che stiamo già sperimentando durante le nostre performance live che porteremo in giro nel tour estivo in Italia. Uscirà a breve il primo video ufficiale del nostro secondo singolo “We Walk” in collaborazione con lo studio BlinkFish.
Abbiamo anche cominciato una collaborazione con Lorenzo Tempesti di Sacrèm Studio per delle performance visive che abbiamo sperimentato dal vivo in alcune occasioni e che sicuramente entreranno a far parte dei nostri live. Siamo molto affascinati dal connubio tra musica e immagine, di come entrambe si alimentino l’una con l’altra, e ci piacerebbe in futuro poter lavorare a stretto contatto con le arti visive.
Ci piacerebbe anche puntare tanto all’estero, da dove arrivano la maggior parte delle nostre ispirazioni. Sarebbe molto bello poterci confrontare con altre culture, diverse dalla nostra, per poter arricchire il nostro mondo musicale.
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L'articolo I Caveleon nella tana di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2019-09-19 13:46:00
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