O di certi modelli che nel pop stanno cambiando, figure femminili comprese. Una lunga chiacchierata a cena insieme ai Celluloid Jam, una delle scoperte più belle fatte quest'anno.
Partirei dalla vostra idea di pop, che musica ascoltate?
Caterina: La mia idea di pop è ben rappresentata da Charli XCX, Sophie, Grimes. Sono nomi che ammiro molto, mi ispirano. Sono certamente degli input che vanno ad influire sulle cose che facciamo anche se siamo ancora molto lontani da quel tipo di qualità, ce ne rendiamo conto.
Jerro: Per me il pop non deve essere una musica puramente usa e getta, di quelle carine e melodiche ma che già dopo una settimana non servono più. A me piace quando il pop lancia anche un messaggio: anche i testi sono importanti, vorrei fare una musica che abbia qualcosa da dire.
Quindi c'è un'idea più intellettuale alla base, ed io che volevo farmi fare da voi la playlist per le vacanze estive.
J: Io amo anche i singoloni spaccaclassifiche, mi interessa studiarli e capire come funzionano. Nella playlist ci dovresti mettere “Blank space” di Taylor Swift, l'adoro, poi M.I.A.,”Bad Girls”, “Bitch, I'm Madonna” di Madonna con la produzione di Diplo e Sophie.
C: “Diamonds” di Charli XCX insieme a Moroder e, poi, sicuramente qualcosa di vecchio: tipo “Believe” di Cher o “The Rhythm of the Night” di Corona.
Ne sapete a pacchi di musica.
C: Lui sì, io un po' meno. A me capita di andare in fissa per un'artista e, allora, cerco di conoscere tutto su di lei. Arrivo a sapere ogni minimo dettaglio, gossip e mariti compresi. Gwen Stefani, ad esempio, è stata una delle figure centrali di un'adolescenza tutta passata davanti a MTV: Gwen era diversa da una come Britney Spears, capivi subito dove Britney voleva andare parare, Gwen invece era più cazzuta, era padrona della sua immagine e non è mai scaduta nel pop più sentimentale scontato. È molto simile a Madonna, che è un'altra figura fondamentale per me.
J: È un giro davvero troppo zuccheroso, io dopo un po' ne devo uscire e riascoltarmi i buoni vecchi Animal Collective o ritornare alla musica classica. Devi sapere che mentre lei guardava MTV io ascoltavo Rossini, diciamo che ho avuto un'infanzia un po' speciale (ride, NdA).
Raccontamela.
J: I miei genitori, quando ero piccolo, non mi hanno mai fatto ascoltare musica contemporanea, a scuola venivo continuamente preso in giro per questo. Ancora oggi capita che lei mi faccia sentire delle canzoni che magari sono delle hit mondiali ed io non le ho mai sentite. La cosa interessante è che i miei, dopo la classica, per una ragione che tuttora ignoro, mi hanno fatto ascoltare la musica anni '60-'70: sono passato da Verdi ai Doors in un colpo solo. Immaginati che effetto può avere sulla mente di un adolescente.
Di rap ne ascoltate?
C: Dipende, la stragrande maggioranza ha contenuti sessisti. Amo molto le artiste rap come Missy Eliott, Eve, Lil' Kim o Peaches (anche se non è propriamente rap). Loro “rigirano il calzino”, prendono il cliché imposto dai maschi e glielo ribaltano contro.
J: Nicki Minaj...
C: Non ho detto Nicki Minaj...
J: ...l'ho detto io infatti (ride, NdA).
Su Nicki Minaj magari ci torniamo dopo, prima parliamo di Venus, il tuo progetto neo-femminista: sicuramente c'è una forte dose di autoironia ma, a volte, sembra proprio che tu voglia prendere in giro le femministe stesse. Ad esempio: la scritta “Fuck Patriarchy” fatta con il glitter come la si deve intendere?
C: Non direi che le prendo in giro, è voler essere sfrontatamente femminili scegliendo una cosa come il glitter - molto girlie, quasi da showgirl – che solitamente non rientra nell'immaginario di una donna matura. È questo il tipo di contrasto che mi interessa: non mi interessa il femminismo che dice “noi donne vogliamo essere prese sul serio, siamo persone intelligenti, ecc.”; per carità, tutte cose molto valide ma io voglio appropriarmi anche della libertà di essere sciocchina senza che nessuno mi dia dell'oca. Ho un cervello che mi permette di essere leggera e naive, oppure di essere un oggetto sessuale, ma sono io ad averlo deciso. È questa la differenza.
Che è quello che dice anche Nicki Minaj.
C: Con la differenza che non sai chi c'è dietro a Nicki Minaj. Le pop star devono sempre rispondere ad un management composto da uomini, tutte ti diranno che sono loro a decidere ma non saprai mai se è vero o meno.
Lo capisco, ma raccontata così sembra che qualunque donna in mano ad un uomo diventa una pop star, mentre mi sembra chiaro che Taylor Swift o Nicki Minaj hanno qualcosa in più oltre al solo essere attraenti.
C: È che una pop star, in un mondo governato da soli uomini, nonostante sia super tosta o abbia una forte personalità, finisce con l'essere influenzata dal loro modo di pensare. Ci sono esperienze che ti cambiano. Diventa difficile capire se stai facendo la sexy per te o se è un tipo di sensualità filtrata dall'occhio di un maschio.
Che è La domanda per eccellenza, quella che divide il pubblico tra chi vede nella Minaj un idolo femminista e chi invece la considera una che vende il suo corpo al migliore offerente. Il punto dove volevo portati io, però, era un altro: una come Taylor Swift acquisisce un potere contrattuale considerevole - per non parlare di quello economico, quest'anno ha guadagnato 80 milioni di dollari - a quel punto è lei che ha vinto, no?
C: Sicuramente lei è un personaggio che mi piace di più. Non è mai andata sull'immaginario del sesso. Si salva.
È difficile per una donna emergere nel mondo musicale?
C: Può essere più facile, sicuramente una donna può avere più fascino di un uomo. È più difficile farsi prendere sul serio sulla lunga distanza, essere considerata credibile e di valore. C'è stato un tipo di pop star che era sbagliato e che è durato troppo tempo, andando a influenzare l'immaginario e l'opinione pubblica. Pian piano i modelli stanno cambiando, ma figure di questo tipo ci sono ancora.
Hai ragione nel dire che i modelli stanno cambiando: come non esistono più le muse anni '70 - in fin dei conti erano donne oggetto anche loro – probabilmente anche l'era delle bamboline alla Britney sta finendo. Sul fatto, invece, che una donna sia credibile solo sul breve periodo non sono così d'accordo, o almeno non è quello che vedo su Rockit.
In realtà non parlavo specificatamente dell'Italia. È un discorso più complesso, certo non è facile affrontarlo in profondità, così, durante una cena. Vorrei, però, spiegarti meglio cosa intendevo prima quando dicevo che ci sono determinate esperienze che possono cambiarti e influenzarti: ci sono cose che un uomo non farà mai, non perché è stupido o altro, semplicemente perché non gli capiteranno mai. Lasciando perdere i vari cliché secondo cui per molti fonici una donna non sa nemmeno come funziona un amplificatore, c'è tutta una serie di cose che un uomo non ha mai provato: dal ricevere un commento in strada sulla tua gonna troppo lunga, su come sei vestita, oppure incassare la battuta più o meno simpatica. Sembrano cose banali, tu impari anche a mandarli affanculo, ma ti resta addosso questa sensazione svilente che davvero influenza la tua giornata. Capisci che intendo?
Capisco. E commenti del genere ti capitano di frequente?
Certamente, ogni giorno. Tu prova ad immaginarti il percorso interiore che una donna deve fare innanzitutto per accettarsi, bombardata com'è dai tanti stereotipi che ci sono oggi, in più deve pure corazzarsi da tutti i possibili rompiscatole che incontra per strada. Ti possono capitare dei giorni dove sei talmente sotto pressione che basta un niente per farti andare fuori, magari una notte stai tornano a casa da sola e un banale “bella dove vai” ti spaventa tantissimo. Piano piano cresci, impari non dargli peso ma, ovviamente, una cosa del genere non può non influenzarti; come persona e, quindi, anche come musicista.
Del porno cosa pensi?
C: Non mi interessano minimamente i discorsi sulla chirurgia estetica, ma se il porno fosse qualcosa che che promuovesse più tipi di donna diversi e non sempre lo stesso standard, sarebbe next level. Non sono assolutamente contro le pornostar ma sembra che ne esistano solo di due tipi: quella alta e magra o quella super formosa. Ci sono alternative interessanti, prendi i film di Erika Lust.
Passiamo ad un altro argomento: a soldi come va?
C: Al momento siamo ancora tutti e due a casa dai genitori. Io mi sono laureata giusto due settimane fa, l'idea ora è di trovare un lavoro qualunque che ci permetta di mantenerci e di andare a vivere insieme. Ora il focus è tutto sul nostro progetto, mi basta un lavoro normale che mi permetta di suonare e seguire le mie cose in tranquillità, se durante la settimana, poi, devo servire ai tavoli non importa.
Avete le idee molto chiare per avere tu 22 e Jerro 25 anni.
J: Diciamo che se tra due o tre anni il progetto non ha iniziato un minimo a girare smettiamo. Non sto alludendo a chissà che cosa, ma voglio almeno uscire dall'Italia. Non è per essere snob ma penso che la nostra musica abbia un potenziale internazionale, il nostro obiettivo è quello. Simon degli Is Tropical si è innamorato del nostro progetto e ci sta aiutando molto: oltre al remix contenuto nell'ep ci ha dato molti contatti. Abbiamo anche pensato di trasferirci in America – abbiamo ricevuto alcune risposte piuttosto interessanti - ma, tra la difficoltà di ottenere il visto e altri tipi di problemi, abbiamo capito che non è ancora il momento.
C: Adesso è importante provare a fare qualcosa in Europa, trovare un management che ci faccia girare al di fuori dell'Italia. Alla fine l'etichetta serve fino ad un certo punto. A fine agosto faremo delle date in Inghilterra, Simon ha detto che porterà diversi addetti ai lavori a sentirci. Speriamo.
In alcune interviste avete detto che vorreste far diventare i Celluloid Jam un collettivo, che figure vi servono?
C: Siamo già fortunati ad avere Marcello, il nostro attuale manager, che è una persona splendida, ci risolve un sacco di problemi. Adesso cercherei qualcuno che curi la comunicazione: non tanto un social media manager, perché è un po' stupido aver qualcuno che scriva gli status al posto tuo, serve uno capace di sviluppare una linea narrativa che comprenda ogni aspetto della comunicazione, dai video fino ai social network. Ora che si può anche sperimentare con i video interattivi, il vero obiettivo sarebbe farli dialogare con i social network. E poi vorrei una crew di giffari. Per me è la gif è il mezzo di espressione più alto che esiste (ride, NdA).
Serve ancora seguire i siti di musica?
C: Li segue soprattutto lui, io guardo più siti tipo Popslut, che è super cattivo, RipItUp e altri simili.
J: Non seguo molto le news, se mi interessa un video di un artista me lo cerco da solo, non vado certo su Pitchfork per trovarlo. Leggo molto le recensioni, mi piace conoscere il parere che hanno i giornalisti su un determinato disco.
Leggi anche quelle dei dischi degli altri?
J: Leggo anche quelle degli altri, non farmi passare per stronzo (ride, NdA). Leggo ogni tanto le interviste, a lei piacciono di più, a me spesso annoiano perché i giornalisti italiani fanno sempre le stesse domande.
So che impiegate moltissimo tempo per comporre un pezzo, perché?
C: Perché tantissime volte ci troviamo a lavorare su materiale che non ci convince, magari all'inizio ti sembra buono ma poi il giorno dopo già non ti interessa più. Non siamo capaci a lavorare su una cosa che non ci prende veramente. Se siamo fortunati scriviamo 4-5 pezzi l'anno.
E come lo capite quando il pezzo è giusto?
C: I segnali di solito sono: se riesco già ad immaginarmi un video mentre la canto, se il pezzo racconta qualcosa di mio e di molto personale, oppure se la melodia rimane subito. Se te la ricordi per giorni va bene, se la dimentichi la sera stessa va cestinata.
I testi di cosa parlano?
C: Alcuni li ho scritti insieme ad una mia amica. Per “Ocean”, ad esempio, le ho raccontato un sogno che avevo fatto e le ho spiegato come volevo che venisse sviluppato nella canzone. Io ho paura del mare aperto, degli spazi molto grandi, dei colori molto scuri, ecc., ed era un periodo che facevo molti incubi a riguardo. La canzone racconta di una persona che vive con paura un momento di cambiamento e poi capisce che è una cosa naturale. È una metafora della consapevolezza che ho acquisito su tutta una serie di cose, di un processo lungo dove sono passata da un periodo in cui ero più timida e subivo certi atteggiamenti, fino a quando ho tirato fuori il carattere. Per questo ci sono tutte quelle donne nel video.
Per i video come funziona?
C: David, il terzo Celluloid Jam, è bravissimo. Lavoriamo insieme io e lui: diciamo che io faccio l'art director, se mi viene un'idea gliela spiego e lui, genietto, la mette in pratica. C'è un vago sapore surrealista nelle nostre cose: noi ci siamo ispirati da sempre al Rocky Horror Picture Show, ma anche a Toylet Paper Magazine, la rivista di Cattelan, se ci pensi, quello è puro neo-surrelismo.
Le melodie delle canzoni scrivi tu?
C: Si, mi viene abbastanza naturale, non essendo musicista per me è un processo molto intuitivo.
La voce ce l'hai bella, lo sai.
C: Ci ho lavorato tanto, non è una di quelle cose su cui mi sento sicurissima e tuttora ho problemi con la voce. Non è la mia prima qualità, mi sento molto a mio agio a stare sul palco, a ballare, a parlare con il pubblico ma non a cantare.
In ogni progetto pop il pubblico è fondamentale, no?
C: Io vengo dal mondo della danza e ho fatto anche un po' di teatro, per me il pubblico ha un ruolo centrale. È una cosa che gli artisti spesso dimenticano. Io non potrei salire sul palco e fare quello che faccio senza rivolgermi a qualcuno, anche solo parlandoci. Se tu comunichi attraverso il live non solo la gente si sente coinvolta, poi viene anche dietro al palco a parlare con te. È un'energia che ti ritorna indietro: non sempre ricevi complimenti, a volte inizi a chiacchierarci ed escono anche critiche costruttive. Se facessi l'artista che se ne sta lì sul suo piedistallo nessuno verrebbe a parlarmi, si sentirebbero a disagio o al massimo verrebbero solo per farmi dei complimenti più o meno sinceri. Io ci tengo molto a questa cosa, oltre al fatto che io e lui siamo dei pischelli, anche se volessimo fare i soggetti che se la tirano non saremmo credibili. Dai, cosa te la tiri a fare. (ride, NdA)
Cosa vi piace di più di questo lavoro?
C: Stare sul palco.
J: Sapere che c'è un contenitore dove buttare le mie sensazioni, i miei stati d'animo...
C: Che tenero.
J: Non so se hai capito che nel gruppo è lei che porta i pantaloni...
Non avevo il minimo dubbio.
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L'articolo Celluloid Jam - Just a girl. Il pop a vent'anni di Sandro Giorello è apparso su Rockit.it il 2015-07-03 11:20:00
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