Circoli Arci: la crisi è profonda, ma la resistenza è doverosa

A Milano già due circoli hanno chiuso dal lockdown di marzo. Di questo passo, come sarà l’Italia tra tre anni? Per evitare lo scenario peggiore si deve scendere in piazza, come ha fatto l’Arci con la sua rete, per ottenere i decreti Ristori. Un primo traguardo per salvare la musica e la cultura

Te la immagini l’Italia tra tre anni? Difficile, per come stanno le cose oggi. Allora te la semplifico: prova a immaginare la tua città senza centri culturali, senza club, senza locali, privata di quei luoghi d’aggregazione e di attività culturale fondamentali per la tua comunità. In assenza di questi, come ripartirà la società post covid? "Tre anni senza questi presidi e diventeremo tutti delle bestie", mi ha risposto Federico Annibale, presidente dell'Associazione culturale Kokè, Arci di Roma.  

Uno scenario che fa paura. Ma ciò che più preoccupa è che l’immagine che ci siamo fatti del nostro paese tra tre anni, ponendoci tutti la stessa domanda, ha già cominciato a costruirsi sotto i nostri occhi e in parte ha già preso forma. A Milano già due circoli hanno chiuso dal lockdown di marzo 2020: il Serraglio, un circolo Acsi, e l’Ohibò, un circolo Arci.

Viviamo in un contesto storico in cui sono trent’anni che lo Stato, per via della sua deriva neoliberista, taglia sulla spesa sociale, sulla sanità, sui trasporti, ma anche sulla cultura e sulla socialità: "È normale non aspettarsi nulla dallo Stato in un periodo di crisi come questo. È normale che oggi non si contemplino delle soluzioni per noi", dice il presidente del Kokè, e continua: "Noi, però, facciamo parte di una rete. Facciamo parte dell’Arci e l’Arci impone un dialogo con lo Stato che ci permette, comunque, di avere maggiori diritti".

È importante far parte di una rete: da una parte ti tutela, dall’altra quella rete ti rappresenta e ha un peso politico. Ti permette di raggiungere delle migliorie o dei diritti che da solo non potresti raggiungere. In quanto rete, l’Arci – con i suoi 4401 circoli o associazioni locali disseminati su tutto il territorio nazionale – ha la responsabilità in questa crisi tremenda di organizzarsi per far sentire la sua voce, e darla anche a chi non riesce a farsi sentire.

Durante il Presidio in Piazza Montecitorio IL 30/10/20 per
Durante il Presidio in Piazza Montecitorio IL 30/10/20 per

Una responsabilità che si sta prendendo, da settimane: il 30 ottobre Arci ha partecipato alla giornata di mobilitazione nazionale sotto l’insegna "Curiamo la socialità" per dire NO alla chiusura di oltre 4mila circoli Arci in tutta Italia scattata in seguito alle misure anti Covid dell’ultimo Dpcm. E ha ottenuto il nuovo decreto Ristori: "In seguito alle proteste, sono state accolte le richieste per l’istituzione di un fondo destinato a tutti i circoli, alle attività economiche non commerciali degli enti del Terzo settore, correggendo una mancanza inaccettabile".

Un decreto non risolutivo per l’associazionismo di promozione sociale, ma comunque un riconoscimento dell’importanza della funzione dell’Arci, che continua a mobilitarsi. È di ieri la notizia diffusa dal sito ufficiale dell’Associazione italiana, dove si richiede che nella Legge di Bilancio venga cancellato l’art. 108, che prevede "l’assoggettamento al regime commerciale delle attività di migliaia di associazioni no profit ed enti che svolgono attività fondamentali per la cittadinanza", al fine di alleggerire il carico fiscale di tutti gli enti del mondo no profit.

La battaglia dell’Arci e il dialogo sul tavolo condiviso con le istituzioni continua. E non è una questione politica, nè riguarda solamente una categoria. Abbiamo parlato con Federico Annibale dell’ARCI Kokè e con alcuni rappresentanti del Circolo ARCI Magnolia di Milano per capire quanto sono importanti i decreti Ristori, e se con questi arriva una reale boccata d’ossigeno per i circoli ARCI, che sono una parte importante della musica dal vivo del nostro paese.

Con un approfondimento su Arci Roma – che ha intrapreso un percorso di rivendicazione politica sia sulla città sia come Arci a livello nazionale –, per comprendere l’importanza socioculturale di questi spazi, la cui esistenza è indispensabile per il benessere delle comunità.

Tra le foto del Magnolia
Tra le foto del Magnolia

Decreti Ristori: quanto sono importanti? E per chi?

Magnolia: Il Decreto Ristori è sicuramente uno strumento che in questo momento fornisce un aiuto. Purtroppo, non è un aiuto che possa essere considerato fondamentale: è facilmente intuibile come quasi dieci mesi di inattività non siano verosimilmente risanabili solo con questo decreto. Allo stesso tempo, crediamo che sia un aiuto in più per realtà più grosse e strutturate di noi, le quali probabilmente trarranno un maggiore giovamento rispetto al Magnolia e a altri circoli a noi simi.

Federico Kokè: Da gennaio 2021 ci saranno non so quanti milioni di euro per sovvenzionare quei presidi culturali iscritti nei registri nazionali, tra cui anche l'Arci, quindi già una cosa è stata fatta. Tuttavia, non è sufficiente, perché ci sono alcuni circoli che pagano chiaramente un affitto, e 1000-2000 euro in più non fanno tanta differenza. A onor del vero bisogna dire che nella prima fase di chiusura ci sono stati degli interventi da parte della regione Lazio per sovvenzionare gli affitti degli spazi culturali artistici che sono stati chiusi a causa dello lockdown. Quello che però ti dico è che dà alle riunioni che facciamo con i vari circoli queste misure sono state una piccola parte, hanno fatto un piccolo aiuto, perché comunque l’Ohibò ha chiuso. Io non so se tutti i circoli avranno la forza di riaprire.

Voi come Kokè pagate un affitto?

Federico Kokè: No, è la fortuna e il privilegio (dipende come lo consideri) che ci ha permesso di rimanere aperti, nonostante siamo fermi da marzo. Se avessimo dovuto pagare un affitto, probabilmente il Kokè avrebbe chiuso come ha chiuso l’Ohibò.

Sai più o meno a quanto ammonta un affitto per un circolo?

Federico Kokè: Dipende dai mq. Un conto è InFunzione a Pietralata, che è un circolo grande, un conto è il Kokè o il Poppyficio, che sono piccoli circoli. Il nostro starebbe intorno ai sette-ottocento euro. Ipotizzo: in generale si va dai mille ai tremila-quattromila euro al mese.

Il Kokè in attività
Il Kokè in attività

Poiché non pagate un affitto, come mai non avete riaperto?

Federico Kokè: Siamo semplicemente in attesa che questa situazione migliori: non ci siamo mai presi la briga di riaprire perché siamo 40 mq e funzioniamo solo se organizziamo un evento. Non funzioniamo se vuoi venire a prenderti una birra, non siamo una birreria: a nessuno di noi interessa stare dietro a un bancone per fare i soldi con un cocktail o con una birra. Il bar esiste perché in armonia con l’attività. Ora non è possibile riaprire, ma riapriremo sicuramente perché quella zona ha bisogno di questo spazio, ma tutti noi dell’associazione Kokè non prendiamo una lira, non vogliamo guadagnarci: quella per noi è un’azione politica, sociale e culturale su quel territorio. Anche se ci leva del tempo, lo facciamo volentieri perché quella zona di Roma è sprovvista.

Dove siete a Roma?

Federico Kokè: Da quasi tre anni siamo a Monteverde Nuovo, una zona di Roma residenziale medio-borghese. Che non è Monteverde Vecchia. Siamo il 12esimo municipio e, come ogni municipio di Roma, è una fettuccia che parte dal centro e va verso la periferia: all’interno di questa fettuccia c’è una complessità socioeconomica importante, e dire soltanto borghese è abbastanza riduttivo (ci sta anche Massimina, che è tutt’altro che borghese, per intenderci).

A destra, Federico durante SoulTerraz, evento organizzato dal Kokè in collab. con Zalib - foto di Federico De Sivo
A destra, Federico durante SoulTerraz, evento organizzato dal Kokè in collab. con Zalib - foto di Federico De Sivo

Oltre il Kokè, quali altre realtà operano sul quartiere?

Federico Kokè: In questo quadrante di Roma, in questo municipio, non c’è niente. Ci siamo noi e pochissimi altri. Non siamo Roma Est, non siamo Roma Centro: il problema di Roma, ma come probabilmente di tante altre città, è che ci sono quartieri e zone della città dove c’è una forte presenza di presidi socioculturali e altre zone della città che ne sono completamente sprovvisti. Abbiamo aperto qui proprio per portare in questa parte della città uno spazio che potesse offrire una condivisione artistica culturale con un’offerta che altrimenti non sarebbe stata disponibile.

Quando arriveranno, in che modo utilizzerete i fondi del decreto Ristori?

Magnolia: Può sembrare la risposta più banale del mondo, ma i fondi che arriveranno, non appena arriveranno, saranno utilizzati per coprire le spese, perché anche a circolo chiuso comunque ci sono delle spese vive che vanno affrontate ogni mese. A queste si aggiungono determinate spese accumulate in questi mesi che di solito vengono coperte dagli incassi derivanti dalla nostra attività.

Federico del Kokè: Noi riapriremo non appena possibile – magari non a pieno regime, quindi due-tre volte a settimana, magari non cinque, perché era un botto di lavoro – e organizzeremo eventi. Probabilmente sarà il momento in cui si aprirà la seconda edizione di SoulTerraz, un evento in collaborazione con Zalib, altro centro culturale a Trastevere. E continueremo a fare attività di tutti i tipi, dalla slam poetry, live, performances teatrali, presentazioni di documentari, serate a tema. Con quei soldi creeremo contenuti, perché un’associazione culturale, oltre ad offrire uno spazio per altri e altre, deve provare a interpretare il presente per stimolare la collettività con cui ha a che fare. Altrimenti, avremmo una funzione del tutto passiva. Noi cerchiamo e cercheremo di essere proattivi.

Central park del Circolo Magnolia
Central park del Circolo Magnolia

A proposito di proattività: qual è il percorso intrapreso da Arci Roma in seguito al DPCM di ottobre?

Federico Kokè: Se vai sulla pagina Facebook di Kokè, c’è un video che abbiamo fatto noi per Arci Roma, nel quale abbiamo raccontato per immagini una prima manifestazione che abbiamo fatto a Montecitorio. E un’altra, sotto la bandiera “Tu chi chiudi Tu ci Paghi”. Il percorso dell'Arci non è unicamente sulla visibilità dei nostri circoli, perché siamo inseriti in una consapevolezza collettiva: il tema del disagio sociale non è slegato da quello della cultura e della socialità, perché siamo parte una stessa battaglia. Oltre a quella di categoria (dei circoli), per chiedere rispetto, diritti e sovvenzioni, facciamo parte anche di altri percorsi politici più ampi che comunque ci rappresentano, perché non sono slegati. Circoli culturali, ma anche cittadini e cittadine.

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Cosa significa essere un circolo Arci?

Federico Kokè: Non vuol dire semplicemente che abbiamo la licenza gratuita per gli alcolici, che paghi 300 euro l’anno per l’affiliazione e hai il supporto legale. Arci non offre soltanto un servizio di supporto e consulenza. Arci nasce nel 57 con uno scopo preciso: creare una rete di supporto socioculturale attraverso l’attività dei circoli sul territorio.

E in un periodo del genere, quale responsabilità hanno i circoli Arci?

Federico Kokè: In un periodo in cui i circoli rischiano di chiudere, far parte di Arci significa far parte di una rete che se scende in piazza e se crea rivendicazioni politiche, obbliga il governo a istaurare un dialogo con la nostra categoria. Senza aspettare che i diritti cadano dal cielo. Bisogna dare l’indennizzo a tutti i circoli: anche se un circolo non ha contrattualizzato quel socio o non ha la partita iva, non vuol dire che nona abbia delle spese.

Avete intenzione di rivendicare altri diritti, e altri indennizzi?

Magnolia: Rivendicare è una parola forte, sinceramente non riteniamo opportuno dover rivendicare altri indennizzi quando c'è la possibilità di sfruttare quello che viene offerto al momento ovvero bandi a cui parteciperemo e che crediamo possano stanziare ulteriori fondi. Perché siamo convinti che sia giusto che noi, tutti i club, i locali e le persone coinvolte in attività come la nostra ricevano degli aiuti che possano traghettare tutti verso acque più calme in un futuro.

RBSN al SoulTerraz il 3 luglio 2020 - foto di Federico De Sivo
RBSN al SoulTerraz il 3 luglio 2020 - foto di Federico De Sivo

Quali sono soluzioni per sopravvivere a questo 2021 in arrivo?

Federico Kokè: Una soluzione è sicuramente continuare il percorso di rivendicazione di piazza politico e di pressione alle istituzioni, altrimenti non avremmo ottenuto il decreto Ristori. Questa è una fase emergenziale e abbiamo offerto delle soluzioni per mantenerci vivi in questa contingenza, che va da qua a un anno e mezzo due, cioè in questo covid e post covid. Ma è chiaro che la gestione dell’arte, della cultura e della socialità deve cambiare per permettere una rifioritura, un nuovo rinascimento di questi spazi che sono in difficoltà a prescindere.

Esiste un modello sostenibile, in Europa?

Federico Kokè: Quello francese, ad esempio. Lì i locali formalizzano gli artisti: gli fanno una fattura e una ritenuta d’acconto che gli permette di pagarsi i contributi, perché l'INPS la paga lo Stato. In Italia, invece, è riconosciuto un aiuto da parte dello stato? Sì, perché sono defiscalizzato, non pago l'IVA e non pago la somministrazione degli alcolici, è vero. Ma è sufficiente per tenere aperto e pensare unicamente a fare una programmazione artistico-culturale senza pensare a quanti soldi ti entrano in cassa? Assolutamente no.

Un esempio concreto?

Federico Kokè: Allora. Organizzo un concerto jazz e partecipano 30 persone. Ho organizzato un evento popolare, quindi ho messo il biglietto a cinque euro. Facciamo conto, allora, che faccio €150. Il bar mi porta €300, e sono €450 di incasso totali quella sera. Se volessi dare il giusto all’artista, che magari ha provato per un sacco di ore. Tra parentesi, in un cachet l’aspetto delle prove non si tiene mai in conto. E non la teniamo in conto, quindi già c’è un problema: gli diamo €80. Se devo fargli la fattura, mi costa €110, e pago solo un artista, immagina una band. Su €450 di incasso non lo posso fare, sono troppi soldi. Morale della favola: bisogna creare un sistema virtuoso che permetta a noi di formalizzare gli artisti.

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L'articolo Circoli Arci: la crisi è profonda, ma la resistenza è doverosa di Claudia Mazziotta è apparso su Rockit.it il 2020-11-25 17:30:00

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