Tre producer e un batterista che sono riusciti a far innamorare dell'Abruzzo il vocalist californiano René Love, questi sono i Clap Rules. Fanno roba dance oriented ma assicurano di non ascoltare solo musica da discoteca, anche perché a loro la musica da discoteca piace ascoltarla in discoteca. Nell'intervista di Francesco Fusaro si interrogano su cosa voglia dire ascoltare la musica oggi, fatta in studi da milioni di dollari ma trasmessa per lo più da pc e cuffie. Sabato 7 giugno saranno al MI AMI Festival, a farcela sentire dal palco, ma intanto presentano il nuovo singolo ufficiale "Faces" in anteprima per Rockit.
Senti Andrea, ricordo che in un'altra intervista dicevate che Pescara è un posto che vive molto di contemporaneità, per il fatto che da un certo punto di vista ha poca storia, ha un retaggio culturale magari un po' meno ingombrante, per cui si fanno molte cose legate all'hic et nunc. E questo mi affascina molto perché mi viene in mente Los Angeles, forse per il fatto che siete sulla spiaggia...
A: Sì, un po' è così no? Per lo meno per me, quel posto là dove non è che hai tutta questa storia con cui confrontarti, quindi sei libero di sperimentare, di spingerti dove vuoi e ci provi tranquillamente.
René, tu come ti stai trovando lì?
R: Qui a Pescara? Tutto bene, sono arrivato alla fine dell'anno scorso, parlo molto in italiano, ma in questo momento mi sento bene, sono felice. Sono carico per il festival, non vedo l'ora di suonare, spero che abbiate un bel palco!
Sì, è bello spazioso, non ti devi preoccupare!
R: Sai, quando sono arrivato a Pescara non sapevo che cosa aspettarmi, è una città fantastica, c'è il mare, c'è una bella campagna, ci sono un sacco di ottimi musicisti e posti in cui suonare, in cui potersi esprimere attraverso generi diversi, il jazz, il rock, la disco... Per me è stato pazzesco arrivare qui e conoscere tutte queste persone, molto gentili. Ora la mia vita è qui, sono qui con mia moglie, non potevo immaginarmi una situazione migliore. Vado anche in palestre e sono allenatissimo, ho due gambe così! (ride)
E prima di Pescara dove sei stato?
R: Sono originario della California, di San Josè. Ho vissuto a Londra, Tokyo, Los Angeles e New York.
Andrea, com'è nata questa cosa della jam, perché adesso siete un bel po' giusto? Avete iniziato che eravate in tre se non ricordo male...
A: Sì, adesso siamo in cinque perché è arrivato René così dal nulla e perché due anni fa abbiamo deciso di aggiungere un batterista sul palco. Questo batterista, che è un grandissimo amico ed è una persona a cui piace sperimentare, è diventato parte della band. Abbiamo un batterista a cui puoi mettere in mano qualsiasi cosa e lui suona.
Questo immagino sia importante per il vostro tipo di suono. Ma dal punto di vista compositivo fate le cose insieme oppure vi gestite diversamente?
A: Dal punto di vista compositivo è un po' diverso perché quelli che hanno più tempo siamo io e René, ci mettiamo un po' più io e lui in studio a fare le cose che poi passano di mano a tutti, ognuno ci mette bocca, sposta una virgola, ne aggiunge un'altra...
È più un lavoro spalmato su diversi studi quindi?
A: Sì, poi in realtà adesso ci siamo allontanati parecchio da quel mondo che frequentavamo musicalmente all'inizio, ovvero quello italo, nu disco eccetera. Adesso c'è questo singolo, "Faces", l'hai sentito, ti è arrivato? Questo singolo, lo avrai sentito, di disco non ha quasi nulla, è più deep house eccetera. A livello compositivo, a te posso dire questa roba qua, c'è l'armonia sotto che praticamente si muove tutta su un accordo di sesta, c'è questa riflessione un po' jazzy sotto, mentre la melodia si muove tutta sul sol minore e la base è in re minore, c'è uno studio armonico un po' strano, tu ci avrai fatto caso.
Sì, è come se oscillasse continuamente, non so come dire.
A: Esatto, sta sempre là, armonicamente è bizzarro.
Be', meno male, vi siete divertiti a costruirci sopra qualcosa di insolito.
A: Sì, a me quella roba lì piace un sacco. E anche gli altri pezzi che stiamo facendo sono così, sono tutte più o meno canzoni e poi ci saranno delle versioni dub, più dance oriented insomma. Comunque come ti dicevo gli altri pezzi dell'ep che uscirà a luglio, sempre su Slow Motion, ci stanno allontanando sempre di più dalla italo e dalla disco.
Chiaro. Si è trattato di un passaggio un po' studiato o è stato normale col fatto che si è unito a voi René? A: No, era già nell'aria, nel senso che in realtà in quel mondo ci siamo entrati tra virgolette per sbaglio, ci piaceva suonare quella roba lì ma in realtà lo sai anche dal lavoro che abbiamo fatto insieme che a noi piace di tutto, le playlist che ascoltiamo sono molto variegate, non ascoltiamo solo roba da discoteca, anzi, quella ci piace ascoltarla in discoteca, nei posti dove la senti col volume giusto, nel contesto giusto.
Infatti pensando un po' al lavoro che abbiamo fatto insieme e avendo visto le conoscenze che avete voi dal punto di vista non solo musicale ma anche tecnico, intendo proprio di registrazione, mixaggio, eccetera, mi colpiva quando dicevate in quell'altra intervista: "Eh, ormai com'è che ascolti la musica, chi è che ha un impianto buono per ascoltare la musica?". Siamo in un periodo paradossale da questo punto di vista, perché abbiamo tecniche di registrazione e mixaggio che negli anni '70 se le sarebbero sognate, però poi andiamo ad ascoltare le cose che vengono fatte negli studi pazzeschi da milioni di dollari negli altoparlantini, nelle cuffiette. Siamo arrivati a questo paradosso per cui potresti registrare della musica incredibile però poi alla fine ti fai il master direttamente per il file mp3, spazzi via tutto quello che c'è sotto e sopra e buonanotte, lo spari così. È un po' un peccato da un certo punto di vista forse, che cosa ne dici?
A: Sì, è un peccato, anche in fase di produzione tocca sempre trovare dei compromessi su questa roba qua. Per esempio “Faces” aveva un basso molto più sub all'inizio, poi bisogna un po' adattarsi a quelli che sono i supporti. Adesso ha sempre un bel bassone sub, ma ci sono quei trick, quei trucchetti per farlo suonare anche sul telefonino, devi farlo per forza.
Certo, tocca un po' adattarsi alla situazione. E invece per quanto riguarda il live, come vi distribuite sul palco?
A: È un live nuovo questo, con cinque persone coinvolte. Abbiamo fatto un paio di concerti che erano un po' il test dei motori per vedere che succedeva, e abbiamo visto che funziona di brutto anche perché René è un frontman bravo, poi va pure in palestra (ride).
Eh be', ci vuole anche quella parte lì.
A: Sì adesso ha le gambe belle allenate (ride). Funziona, abbiamo Fabrizio che sta al campionatore, diciamo così, poi abbiamo il batterista su drum machine e batteria acustica, io che lavoro più sull'elettronica con qualche synth, Max che pian piano sta abbandonano la chitarra e il basso elettrico per lasciare spazio a tutta una parte elettronica, mentre René si occupa di usare direttamente gli effetti sulla sua voce.
R: E ci metto anche un po' di chitarra.
È sempre più coerente rispetto al suono di cui mi dicevi prima, fondamentalmente. Forse ha influenzato un po' anche il fatto che avete lavorato su remix più orientati al club? Penso ad esempio al fatto che avete remixato Etienne de Crecy, nome storico dell'house francese che per me ha fatto un paio di dischi pazzeschi, “Tempovision” e “Superdiscount”...
A: Mah penso che sia più una cosa che abbiamo dentro. Ti ripeto, il punto di incontro tra queste cinque persone che compongono il gruppo è che ci piace tutto e ci piace sperimentare, quindi nel momento in cui si apre una porta nuova... Prendi me ad esempio: dieci anni fa non avrei mai pensato di fare musica da discoteca, perché vengo da un mondo diverso, sperimentale, e quella è stata una sfida ancora più interessante, mi sono detto: “Ok, proviamo a fare questa roba qui, io faccio solo i suoni strani, tu Fabrizio (Mammarella, ndR) che sei un dj dammi una forma”. Il punto di incontro era quello, la passione per sperimentare nello studio, per sperimentare sul suono, per mischiare tutte queste esperienze diverse, e viene fuori adesso questo suono qua che ci piace, che ci sta divertendo parecchio. Fondamentalmente siamo prima di tutto degli amici, dei compagnoni. E poi questo tipo di musica è fatta per stare insieme, non è roba da solipsisti, giusto?
R: Sì, stiamo insieme, facciamo musica, e poi c'è la grappa, il vino, non ci si può lamentare.
Meno male René, non hai ancora cominciato con lo sport italiano per eccellenza, la lamentela!
R: No, tranquillo, anche io lo faccio, mia moglie mi dice sempre che mi lamento troppo.
---
L'articolo Clap Rules - Che già lo sai che non è la California (ed è pure meglio) di Francesco Fusaro è apparso su Rockit.it il 2014-05-29 00:00:00
COMMENTI