Quando la Sicilia era ossessionata dai Doors

Quanto c'è di vero nel film "La primavera della mia vita" in cui Colapesce e Dimartino raccontano una Sicilia popolata da sosia di Jim Morrison e piena di citazioni da "Light my Fire" ovunque? Molto, parrebbe. Il racconto di un mito duro a morire, e di altri che sarebbero seguiti

Brunori nei panni di un sosia di Jim Morrison nel film
Brunori nei panni di un sosia di Jim Morrison nel film

C'è una scena de La primavera della mia vita – il film di Colapesce e Dimartino che ha registrato ottimi risultati durante i suoi tre giorni nelle sale – che mi ha fatto ridere e pensare, come nei migliori meme internettiani. Antonio e Lorenzo sono in un locale dopo un guasto all'auto – tipo la gag del cinema di Tre uomini e una gamba – e si ritrovano a un raduno di sosia di Jim Morrison.

La compagnia dei fanatici del Re Lucertola è sorprendente: ci sono, con o senza parrucche a seconda della situazione tricologica attuale, Dario Brunori, l'attore e scrittore Corrado Fortuna, il chitarrista Roberto Cammarata (La Rappresentante di Lista e molto altro), il papà di Colapesce Paolo.

Nessuno di loro canta – almeno in un primo momento –, ma si limitano a citare gli aforismi tratti dalle canzoni dei Doors. L'effetto è un bombardamento di frasi da Baci Perugina, o piuttosto scritte sul diario di seconda liceo, che si prendono un po' gioco della mitologia costruita attorno all'artista, che magari avrà fatto delle grandi canzoni (alcune sicuramente sì), ma che a livello di analisi del testo convince fino a un certo punto.

Nella pellicola, nel loro pieno stile surrealisteggiante, Colapesce e Dimartino non sono per nulla stupiti della situazione in cui si trovano. Anzi. In Sicilia, si dicono, in ogni città c'è sempre stato almeno un sosia dei Doors, di cui quello era una sorta di "raduno nazionale". Capisco subito che, per quanto resa una caricatura, l'immagine ha un fondo di verità e i due artisti sono partiti dalle loro biografie per costruire quel punto della sceneggiatura. 

Zavvo Nicolosi in Morrison Style
Zavvo Nicolosi in Morrison Style

È così che non riesco a togliermi dalla testa l'immagine delle placide cittadine siciliane in cui risuonavano (o magari avviene ancora?!) Light my Fire, con la gente per strada vestita come maledetti del rock, passeggiare accanto a un carretto con la angurie. Così decido che devo parlarne con Zavvo Nicolosi, regista del film e di tutti gli ultimi videoclip di Colapesce e Dimartino, di cui ha contributo con le immagini a costruire la poetica. 

"È tutto vero", mi conferma. "Una volta, parlando con Dimartino (di Palermo) e Colapesce (di Solarino, nel siracusano) venne fuori che nel paese di entrambi c'era un sosia di Jim Morrison, anche abbastanza noto tra le persone. Avevano nomi assurdi, tipo Turi l’Americano. Al che mi sono ricordato che quella fissa era forte anche da me, e non poteva essere un caso".

Zavvo è di Catania, la seconda città dell'isola, culturalmente (fieramente) distante da Palermo. Eppure anche lì, dopo il film The Doors di Oliver Stone con Val Kilmer, nel 1991, "era un tripudo di adesivi della band sulle Panda, di pantaloni strappati e capelli lunghi e selvaggi (bastavano quelli perchè passasse il 'ragazzo di strada' in motorino e ti gridasse 'a Jim Morrison'), e poi citazioni delle canzoni un po' ovunque, spesso molto banali". 

Una scena del film, Dimartino è ancora un po' morrisonizzato
Una scena del film, Dimartino è ancora un po' morrisonizzato

"In Sicilia le cover band sono sempre andate fortissimo", prosegue nel suo racconto. "E i Doors erano tra i più amati e coverizzati. L'isola e i suoi abitanti hanno una passione infinita per il rock '70 americano. Tipo anche i Lynyrd Skynyrd da noi sono sempre stati un mito. Nei 50enni e 60enni questa cosa resiste ancora forte". 

Secondo Nicolosi i siciliani hanno una "venerazione immotivata per gli uomini che non devono chiedere mai, quelli con la camicia sbottonata, i ribelli". Secondo lui, al di là della musica "Morrison ha sempre incarnato anche un certo ideale di mascolinità, che in Sicilia è vincentissimo".

Che poi "a suonare con i pantaloni di pelle con i 40 gradi che ci sono in Sicilia, non ho mai capito come si fa". Ovviamente i pezzi dei Doors che tutti portavano in scena erano quelli famosi e iconici: Roadhouse Blues, Light my Fire, Touch me, al massimo Riders on the Storm, se non facevi i classici e provavi a fare il di più ti tiravano le bottiglie di birra come nei Blues Brothers".

Il fascino per gli Stati Uniti non è stato affatto un'esclusiva siciliana. "Ma qua a volte era quasi un'ossessione", dice il regista. "Soprattutto nei paesi: più sei lontano da NY e più ne vivi il mito, a Milano hai comunque molti input, qua non conosci le cose e allora sogni. Oggi questa cosa si è inevitabilmente un po' persa, anche in Sicilia, perché tutti hanno a disposizione tutto, ma è stata un'autentica calamita per delle generazioni. Parlo anche di me, di Antonio e Lorenzo, che da un punto di vista sonoro e cinematografico ci sentiamo figli dell'America e degli anni 80 e 90 al 100%".  

Di quella musica, oltre che le radio, erano pieni i pub. "Ora non si suona più da nessuna parte, ma negli anni 90 e almeno fino ai primi 2000 avveniva in ogni posto e in ogni città siciliana. A Catania c'era il Waxy, un pub irlandese in città, dove suonavano un sacco, soprattutto le cover band. Ora credo che ci sia una piccola scena di battle e open mic rap, che io non frequento, ma poco altro".

Un momento dell'evento speciale di presentazione del film al cinema a Milano - foto Starfooker
Un momento dell'evento speciale di presentazione del film al cinema a Milano - foto Starfooker

D'altra parte la città etnea, meravigliosa da ogni punto di vista, è sempre stata una "scheggia impazzita" per gli ascolti musicali. La chiamavano la Seattle d'Italia. Merito di una band di culto come gli Uzeda, nata in città, e di Francesco Virlinzi, discografico catanese, che fondò la Cyclope Records lanciando gente come Carmen Consoli, Mario Venuti e tanti altri. 

"A Catania c'erano concerti incredibili, ricordo di aver visto Tom Verlaine suonare a pochi metri da me, o un meraviglioso show di David Byrne. Qua la gente ascoltava non solo i Nirvana, che degli Uzeda eran amici, ma i R.E.M. sin dagli esordi, i Camper from Beethoven, per i Pixies le persone andavano letteralmente pazze e in città vendevano cifre spropositate di dischi". 

Carmen Consoli ce lo ho raccontato durante una puntata di Venticinque. Era la fine degli anni 80 e primi 90 e a Catania c'era un'energia unica. "Palermo era bloccata dalle stragi di mafia, sarebbero dovuti passare anni prima che potesse sbocciare, trovando la sua vocazione pop e quella più jazzistica, da noi invece si suonava noyse nelle discoteca. Non aveva senso, ma era bellissimo". 

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L'articolo Quando la Sicilia era ossessionata dai Doors di Dario Falcini è apparso su Rockit.it il 2023-02-23 19:53:00

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