ManzOni - Cosa resta da fare ai poeti?, 23-05-2011

Si chiamano come uno degli artisti più provocatori del '900 e hanno firmato uno dei dischi più intensi dello scorso anno. I manzOni sanno bene da dove vengono e hanno le idee chiare su quello che vogliono trasmettere con i loro pezzi. Tra demoni da uccidere, palloncini sgonfi e dichiarazioni di onestà artistica, Marco Villa li ha intervistati a poche settimane dal loro concerto al MI AMI.



Il vostro è stato uno degli esordi più interessanti dello scorso anno, ma non siete certo dei novellini: da dove arrivate?
Fiorenzo: Geograficamente veniamo da Chioggia, cittadina lagunare in provincia di Venezia. Gigi è originario dell'Altopiano di Asiago, anche se ormai è chioggiotto d'adozione. Musicalmente abbiamo radici "robuste", ben piantate nella scena locale. Tre di noi cinque (Gigi, Emilio e Carlo) a inizio anni 2000 erano nei Maladives, un gruppo che ha vinto Rock Targato Italia e che avrebbe meritato molto di più. Mi permetto di dirlo perché io non ne facevo parte. Da ventenne li seguivo ovunque e ricordo che i loro concerti mi davano sensazioni violentissime, anche più di tanti mostri sacri che andavo a vedere in giro. Il loro disco lo ascolto spesso ancora oggi. Li considero un esempio lampante di come il talento, al giorno d'oggi, non sia sufficiente, se poi non fruisci di quella cosa a mio parere abominevole ma necessaria che si chiama "promozione". Io e Ummer abbiamo militato in svariate formazioni locali, e abbiamo anche noi moltissimi concerti alle spalle, esperienze di studio, dischi registrati… tutto rimasto impantanato nelle sabbie della provincia. Dopo lo scioglimento dei Maladives, Gigi ha passato il resto del decennio a scrivere delle storie, testi per reading o "canzoni lunghe", poi musicate e suonate dal vivo da un certo numero di persone, tra cui Carlo, Emilio ed io. L'embrione dei manzOni nasce da quest'esperienza. Poi è sopraggiunta la voglia di tornare a formare una band stabile, dedita alle "canzoni corte"… ed eccoci qua.

Il vostro non è un disco da ascoltare in qualsiasi momento, richiede attenzione. Come vi immaginate i vostri ascoltatori e il loro rapporto con la vostra musica?
Gigi: Mi chiedi come mi immagino i nostri ascoltatori… ed io, così di primo acchito, ti dico: gran bevitori, amanti di vino e birra… con voglia di chiacchierare di tutto fino ad ora tarda… delusi… anche dagli studi che stanno portando avanti e magari terminando, in quanto sanno che non c'è un granché di lavoro in giro… ma sognatori, con tanta voglia di abbracciare persone di altre parti della nostra Italia… di starci in compagnia, di conoscerle... e con la voglia di confrontarsi su film, musica, letture! ..con la voglia di conoscere cosa si mangia in giro! ...o quanto costa una casa in un'altra regione rispetto alla loro! …di fumare guardando la luna… e con la preoccupazione di non essere beccati, nel tornare a casa, dall'etilometro… e non violenti! Me li immagino mentre, mettendo via il disco o dopo averci ascoltati dal vivo, dicono: "beh questi testi li avrei potuti scrivere anch'io!" (e io ti parlo dei testi, non della musica), e il giorno dopo lo fanno! Alcuni li ho già conosciuti, e con loro ci sono stato per ore… a bere e a ragionare di tutto! ...anche d'amore! ...e venivano da lontano per sentire noi… e ti confesso che sono rimasto meravigliato, a bocca aperta dal fatto che per ascoltarci avessero fatto un sacco di chilometri… e ancor di più (aperta) che sapessero i testi… meglio di me?! Ed è stato bellissimo, ti assicuro, vedere che addirittura si mettessero a ballare e a baciarsi con "Scappi"!

Si è parlato molto della scelta di Gigi Tenca di inventarsi frontman a 56 anni. Come è nata questa decisione?
Gigi: Sembra che la mia età avanzata… da vecchio... susciti sorpresa! Premetto intanto che io Emilio e Carlo suoniamo assieme da 12 anni circa. La premessa è per dirti che frontman mi sono inventato quand'ero un po' meno vecchio. ...quando le lettere (e i dischi) si imbucavano in una cassetta rossa... e internet non era ancora importante com'è ora per far conoscere la propria musica! Voglio dire che 12 anni fa... i Maladives… per farsi conoscere come sono ora conosciuti i manzOni avrebbero dovuto spedire quintali di carta e quintali di cd! Ora invece premi un bottone e spedisci scarichi ascolti, mantieni contatti, pubblicizzi, parli, prendi accordi, trovi date…

Il riscontro ottenuto in questi mesi dai manzOni è stato importante: in quel senso ti chiedevo dell'età e del tuo modo di approcciarti a questa attività, che immagino sarà diversa da quella di un ventenne…
Io ho cominciato a scrivere testi quando avevo 17 anni. E mi accompagnavo (male) con la chitarra. Tu pensa… 40 anni di testi. Se non li avessi buttati via, se li avessi conservati, ora mi servirebbe una biblioteca come quella de "Il nome della rosa" per tenerli in ordine. Poi ascoltavo musica, e ho continuato ad ascoltarla mentre i miei coetanei si fermavano ai Led Zeppelin! ...io ho continuato… fino ai Mogwai, fino ai Godspeed You! Black Emperor, a Nick Cave… ai Portishead! ...e li andavo a vedere, a sentire dal vivo, e non c'andavo con gente della mia età… arrivata fino là e poi fermatasi… ma con Carlo, Emilio, Fiore. E con loro si progettava... loro con un vecchio non avevano mai suonato… io per un gruppo non avevo mai scritto… e nemmeno cantato! E mi interessava l'esperienza… nuova! E… eccomi qua. Eccomi qua con l'etichetta di frontman. …io preferirei "Voce" (poca), perché quella porto al gruppo… quella e le parole. ...e tanta carta perché i testi li scrivo dal vivo, con una bic e su un foglio, nello stanzino dove si prova. Ti confesso che non avrei mai pensato di suonare al MI AMI. …e nemmeno di suonare a Perugia, Udine, La Spezia, Bologna… Senigallia… al Brevevita di Centobuchi …no non avrei mai pensato di suonare tanto in giro …e invece… invece sto vedendo l'Italia! ...nell'anno del centocinquantesimo Gigi Tenca sta vedendo l'Italia grazie alla musica …ed è una gran soddisfazione, ti assicuro, dopo aver suonato la notte precedente, passeggiare alle 10 mattina prendere un caffè… mangiare un cornetto... in centro a Perugia (sorride, NdA).

Che sia Piero o Alessandro, Manzoni è un nome impegnativo. Perché questa scelta?
Carlo: Gigi ama Piero Manzoni e ha proposto il nome manzOni, tutto minuscolo tranne la "O" maiuscola. La "O" maiuscola vorrebbe indicare meraviglia e stupore, un po' come quando i bambini spalancano la bocca di fronte a qualcosa di nuovo e inaspettato. Il nome manzOni mi è piaciuto per il suo essere equivoco e impegnativo. A chiamarci manzOni corriamo il rischio di essere schiacciati dall'altisonanza del nome di Alessandro o dalle ineguagliabili provocazioni di Piero. Oppure il nostro nome continuerà ad essere scritto con la "M" maiuscola e solo in pochi si accorgeranno che non è esattamente così. Ma la musica e la vita comportano rischi. Essere fraintesi, ignorati o persino derisi fa parte del gioco. Così abbiamo deciso di prenderci questo nome anche per sfida e provocazione. Sfidiamo gli equivoci e rivendichiamo la nostra unicità nonostante il nome appaia ingombrante. E l'unicità sta nella "O" maiuscola dove tutto è minuscolo. Per quanto mi riguarda, più che riferirmi a Piero o Alessandro, vorrei far musica degna dello stupore di un bambino, musica con la "O" maiuscola.

In un disco chiuso, cupo, i "Palloncini Rossi", presenti anche in copertina, che ruolo hanno?
Carlo: I palloncini rossi sono un riferimento esplicito ai palloncini rossi di Piero Manzoni, quelli del fiato d'artista. Ora i palloncini rossi sono completamente sgonfi e chiusi in un museo. Il fiato d'artista se n'è andato, volatilizzato. E anche l'artista se n'è andato, per sempre. Ma anche senza scomodare l'arte contemporanea, un palloncino rosso può sfuggirti di mano e volare via. La gioia di un palloncino rosso dura poco e resta la nostalgia per qualcosa che fugge per sempre all'improvviso, o che si è sgonfiato a poco a poco. Quindi trovo che il nostro disco sia definitivamente più allegro e solare di un palloncino rosso, non fosse altro per il fatto che ha una durata maggiore.

Il cantato sembra quasi appoggiarsi alle musiche, senza mai fondersi del tutto. Il risultato finale è molto suggestivo, ma le due componenti sembrano quasi provenire da posti molto diversi e incontrarsi a metà strada. Come componete? C'è uno scambio tra musiche e testi o si sviluppano in parallelo?
Emilio: Parte tutto dalla musica. Non siamo dei grandi musicisti, ma certo amiamo quel che facciamo e tentiamo di usare i nostri strumenti per comunicare degli stati d'animo, in modo puro, senza parole. Non ne abbiamo mai parlato, ma credo che ciascuno di noi abbia un suo modo particolare, fisico di usare i suoni, le armonie, le note per dire "Ecco, sto uccidendo i miei demoni". O qualcosa del genere. Di solito, un nostro pezzo nasce con uno dei chitarristi, che porta con sé in sala prove un giro armonico a cui è affezionato. A volte improvvisiamo un loop, altre ci imbattiamo in un suono o in un accordo che desta l'attenzione di Gigi. Destare l'attenzione di Gigi significa coinvolgerlo emotivamente. Tenca butta giù il testo e la melodia mentre suoniamo, e registra quest'embrione di canzone per lavorarci a casa. Nel corso delle prove successive adattiamo la struttura del pezzo alle esigenze del testo e Gigi lima le metriche. Insomma, tutto questo per dire che testi e musica si permeano a vicenda. I testi nascono nell'ambiente emotivo creato dalla musica, e crescendo investono quest'ambiente di un nuovo significato.

Ascoltando il disco e leggendo cosa si è detto in giro, sono due i nomi che ritornano con una certa frequenza: Massimo Volume e Vasco Rossi. Ovvero tutto e il contrario di tutto, il bene e il male. Vi ritrovate in questi riferimenti?
Emilio: Il paragone con Vasco Rossi è ricorrente, è vero. Probabilmente chi lo propone si riferisce all'approccio libero da parte di Gigi nei confronti di intonazione e scansione ritmica. Il fatto che addetti ai lavori, professionisti della critica musicale, trovino significativo questo aspetto, al punto da citare Vasco Rossi nelle recensioni del nostro disco e paragonarlo a Gigi nonostante le clamorose diversità dal punto di vista della poetica, dell'approccio alla canzone e del contesto musicale, mi lascia, ogni volta, esterrefatto. L'accostamento ai Massimo Volume, certo lusinghiero, rimane sullo stesso livello di esteriorità. Il punto è che Gigi tende a flettere il parlato verso la melodia, o ad afferrare la melodia per trascinarla giù, per sporcarla nel parlato. Se proprio dobbiamo stabilire un paragone tra Gigi ed Emidio Clementi, mi sembra più profondo mettere in contrapposizione un testo recitato in modo ricercatamente lineare ad un cantato viscerale e anarchico. Le linee vocali di Gigi saranno pure irrispettose nei confronti del pentagramma, ma sono essenzialmente dotate di un senso ritmico e melodico. Sono, nel loro disperato, rauco, insofferente e (intenzionalmente) zoppicante modo, melodie. Non mi sembra che questa descrizione (ammesso che sia condivisa da Gigi) si attagli alle voci dei Massimo Volume. Anche lo stile poetico è diverso, Gigi è più diretto. Dal punto di vista strettamente musicale (parlo di suoni, struttura delle canzoni, atmosfere create, approccio allo strumento...), non riusciamo proprio a individuare un punto di tangenza tra manzOni e Massimo Volume. Forse sbagliamo…

Come avete ragionato sul passaggio da disco a live?
Emilio: A parte una o due sovraincisioni, le parti strumentali sono state registrate in presa diretta. Il disco presenta le canzoni come le suoniamo (e come le suonavamo prima di inciderle) in sala prove e dal vivo. In fase di mixaggio abbiamo tentato di far sì che il risultato rispecchiasse il modo in cui i brani sono "davvero". Insomma, più che un passaggio da disco a live, c'è stato un passaggio da live a disco. Ci siamo preparati per entrare in studio come per un concerto.

Il 12 giugno sarete al MI AMI, ad aprire l'ultimo giorno di concerti sul Palco Pertini: cosa dobbiamo aspettarci?
Ummer: Essere al MI AMI per noi è una cosa molto bella ed importante. Quindi di sicuro tenteremo di dare del nostro meglio come facciamo ad ogni concerto, e tenteremo anche di divertirci. Poi, indifferentemente dalle persone presenti, speriamo che chi sarà di fronte al Palco Pertini il 12 giugno ascolti attentamente le nostre musiche ed i testi di Gigi. E speriamo che prima siano passati a votare per il referendum!
Fiorenzo: Innanzitutto, aspettatevi di sentire almeno un paio di brani che non figurano nel disco e che probabilmente saranno nel prossimo. Abbiamo molto nuovo materiale e ci piace testarlo dal vivo, fin da ora… Poi, potrei risponderti citando un poeta che amo molto, Umberto Saba. Saba sosteneva, in un suo scritto intitolato "Cosa resta da fare ai poeti", che a questi ultimi resta da fare "la poesia onesta". Ecco, aspettatevi sul palco una band che cerca di fare musica onesta e sincera.

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L'articolo ManzOni - Cosa resta da fare ai poeti?, 23-05-2011 di Marco Villa è apparso su Rockit.it il 2011-05-17 00:00:00

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