Da frontman di un gruppo indie-rock nei primi anni '10 ad autore di hit da primo posto in classifica (ha scritto per Cesare Cremonini, J-Ax e Fedez, Francesco Renga, Fabri Fibra e molti altri), Davide Petrella vive molteplici sfaccettature della musica e torna a cantare le sue canzoni: “Litigare” è il nome del suo disco di debutto come solista che coincide con questa nuova pagina di una storia che connette ambiti musicali e personali. Lo abbiamo intervistato a ridosso della pubblicazione dell'album, uscito lo scorso venerdì per Warner Music.
Ho avuto il piacere e la fortuna di apprezzare la tua musica qualche anno fa, quando avevi una capigliatura totalmente diversa ed eri il frontman de Le Strisce: cos'è cambiato in questi anni, quali sono state le tue piccole evoluzioni personali?
Ce ne sono parecchie, ci pensavo proprio oggi, alla fine nella musica sono uno che è morto e risorto tantissime volte. E sono felice, perché sto dimostrando che questa roba è qualcosa più forte di me, mi è piovuta addosso. In concreto, sono partito dal garage con la regola “chi fa più bordello riesce a farsi sentire di più”, poi attraverso tanta gavetta penso di aver strutturato qualcosa che sta andando nella giusta direzione, la musica sta diventando trasversale e io cerco di mischiare i generi che mi piacciono, senza alcun tipo di paletto o restrizione. La mia evoluzione mi sta portando a concretizzare qualcosa che sia solo mio.
“Sei condannato ad un'esistenza pop, che qui nessuno ascolta l'indie rock” è una frase della canzone “Chi ti conosce meglio di me” che resta dentro, ogni tanto risuona, un po' come monito, un po' come mantra: la “condanna” l'hai vissuta come accezione negativa, o forse col passare del tempo hai rimodulato il pensiero?
In questi anni mi ha fatto bene essere sempre in una parte diversa rispetto agli standard, non essere allineato al mercato, alle tendenze dei concerti, perché sostanzialmente significa che con la mia band facevamo l'indie quando ancora non era di moda. Forse siamo stati lungimiranti, ci abbiamo visto lungo, e porto dentro questa esperienza passata perché cerco di mantenere anche nel mio attuale progetto la stessa lungimiranza... Mi auguro solo di non essere troppo in anticipo! (ride, ndr)
Da autore che cantava le proprie canzoni sei passato a scrivere per altri, lontano dai riflettori, senza fare troppo clamore: hai lasciato parlare i testi, e quando ho ascoltato per la prima volta “Logico #1” in alcuni passaggi era impossibile non sentire la tua voce, quindi ho cercato i credits del disco ed infatti eri lì, ed hai continuato a lasciare le tue tracce (come la commistione fra italiano e inglese di “Lost in the Weekend”) in tanti altri brani: focalizzandoci sul rapporto artistico fra te e Cremonini, quanto credi di aver contribuito in positivo alla sua carriera, e quanto invece hai ricevuto da lui?
Penso sia sempre un 50 e 50. Posso dirti che per me è stato importante incontrare Cesare, e credo allo stesso modo sia stato importante per lui. La cosa più bella di quando nasce una collaborazione in modo genuino e spontaneo è che ci si diverte: lui è una personalità pazzesca, talentuoso e aperto al dialogo. Incontrare persone così ti fa crescere sia sul piano artistico che umano.
Arriviamo quindi a “Litigare”, il tuo disco anticipato lo scorso anno da un paio di singoli: mi è capitato di leggere “Davide Petrella ci mette la faccia”, ma più che altro a me verrebbe da chiederti, piuttosto, quando mai ti sei nascosto negli sviluppi artistici che ti riguardano?
Non sono immerso totalmente nelle luci della ribalta, quindi ci può stare che tanta gente non mi conosca e mi scopra giorno dopo giorno. Sono cose che prendono la mia attenzione in senso molto relativo, spero che sia la mia musica a finire sotto i riflettori perché mi piacciono le canzoni, i concerti. È anche vero che non mi sono mai tirato indietro da oneri e onori, è stata un'ottima palestra essere membro di una band, e ora da solo riesco a reggere l'impatto; in questi primi giorni di disco fuori mi sento davvero onorato dalle attenzioni e dal feedback, mi stanno scrivendo cose che mi spaccano il cuore, è qualcosa che mi fa stare bene. Anche il pensiero più semplice, come può essere una storia su Instagram, mi rende felicissimo, è una botta talmente forte che mi fa tornare indietro con gli anni, all'entusiasmo delle esperienze da ragazzino ai primi concerti.
C'è la potenza dei testi, incisi che ascolti, rileggi e pensi “cavolo però ha proprio ragione”, una garanzia insomma. Musicalmente invece arriva qualche sorpresa, suoni nuovi e al passo coi tempi: le scelte artistiche sono tutte tue oppure ti sei fatto coadiuvare da qualche figura specifica?
Quando si tratta di creare le canzoni non ce la faccio, è più forte di me: devo rischiare tutto assumendomi le mie responsabilità, anche a costo di chiudermi delle possibilità. È un viaggio spirituale che faccio da solo, con piacere. Quando invece si tratta di finalizzare il lavoro mi piace tantissimo confrontarmi, per questo disco ho lavorato con dei produttori fantastici ossia D-Ross & STAR-t-UFFO, napoletani come me, musicisti e bravissimi anche loro a gestire concetti come contaminazione e musica ibrida. Non è mai facile cercare di essere al passo coi tempi e mi hanno dato una grande mano, credo infatti che in Italia gli ascoltatori stiano crescendo metabolizzando influenze e generi musicali molto eterogenei, mentre sul piano della domanda c'è ancora tanta strada da fare per proporre musica di cifra stilistica alta. Qualcosa di interessante sta arrivando, e gli artisti si stanno adattando in questo senso.
Il tuo progetto artistico ha orientamento e credibilità artistica globale: cosa porti di Napoli con te?
Tantissimo: sono napoletano e testardo, sto facendo il lavoro della mia vita e ho la fortuna di poter restare nella mia città. Credo questa città viva di mix folgoranti ed è bellissimo lasciarsi influenzare dalla quantità di input che Napoli offre. Abbiamo il mare, i grattacieli, lo sguardo severo di un vulcano, ricchezza e povertà, il culto della vita e il culto della morte; inoltre credo che la canzone napoletana abbia saputo esprimere sentimenti d'amore come nessun'altra forma d'arte. C'è una quantità di bellezza e d'ispirazione difficilmente ripetibile in qualsiasi altra città. Porto con me l'apertura alla contaminazione, ora più che mai un valore da custodire.
Quali sviluppi futuri ci attendono? È tempo di focalizzarsi sull'attività live, ma in quali ambiti? Festival, davanti al pubblico del pop italiano, o qualcosa più ponderato?
Abbiamo deciso di buttarci nella mischia per i mesi caldi, niente showcase o presentazioni: stiamo in giro per festival con veri concerti, e stiamo lavorando per far correre le canzoni e programmare un tour nei club per l'autunno/inverno. Ci sarà tanto da scoprire perché voglio fare quanto più casino possibile, è importante la dimensione dei festival, ancor più vitale il confronto con gli artisti che fanno grandi numeri: voglio capire se riesco a reggere il confronto. Non ci sono più regole nella musica e rischio tutto per divertirmi.
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L'articolo Rischio tutto per divertirmi: Davide Petrella racconta il nuovo album “Litigare” di Giandomenico Piccolo è apparso su Rockit.it il 2018-06-14 10:17:00
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