Dente: "Nella musica italiana tutto è cambiato, a me interessa solo essere sincero"

Il nuovo disco in uscita, la rivoluzione itpop che non lo ha premiato fino in fondo, avere 44 anni, la vita in provincia: a tu per tu con il cantautore di Fidenza

Dente, foto di Ilaria Magliocchetti Lombi
Dente, foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

Sono passati quattro anni dall'ultimo disco, eppure per Dente sembra passata la prima parte della vita. Torna venerdì con un album chiamato come lui, con la sua faccia in copertina, pieno di canzoni compiute, scritte e arrangiate in modo diverso, ma sempre organiche al suo lavoro decennale. Niente canzoncine acustiche come nell'ultima uscita, Canzoni per metà del 2016, stavolta è un disco con tutti i crismi, moderno ed essenziale. Undici canzoni fatte per rimanere in testa, lavorate a mano con i produttori Federico Laini e Matteo Cantaluppi, arrangiate con lo stesso Laini e Simone Chiarolini. Una decisa svolta pop, per un ascolto che abbraccia trasversalmente tutti e che non mancherà di piacere ai vecchi fan del cantautorato, ma che di sicuro lo farà conoscere a una nuova generazione di ascoltatori. 

Purtroppo, al momento in cui scriviamo, l'instore tour in programma dal 2 marzo è stato momentaneamente sospeso a causa dell'emergenza sanitaria. 

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Ciao Giuseppe, c’è molto da raccontare di nuovo stavolta. Intanto: l’album di chiama Dente, c’è la tua faccia in copertina e esce il giorno del tuo compleanno. Sembra la tua uscita più importante. Perché?

C'era la voglia di fare qualcosa di diverso e di nuovo, un desiderio che ho maturato già da un po', da quando ho fatto il disco precedente, Canzoni per metà, che ho registrato pensando a quello successivo. Quel disco l'ho fatto per chiudere un capitolo e un macrotema, quello della retromania in un certo senso. Ho sempre cercato di fare le cose come si facevano una volta, un disco come Almanacco del giorno prima era quasi filologico, ho tirato fuori strumenti del pop degli anni '60, e invece già nel 2015 ho avuto la volontà di fare qualcosa di più contemporaneo. Mi sono reso conto che tutte le cose che mi piacevano del passato, in quel passato erano assolutamente contemporanee, dunque mi è venuta voglia di entrare di più nel mio tempo, senza riferirmi per forza al passato, senza pensare che nel passato si vivesse meglio o si suonasse meglio. Ho accettato il mio tempo e comincio anche ad apprezzare le cose del mio quotidiano. Forse mi sono rifugiato nel passato per molto tempo perché non mi piacevano le cose del mio presente.

Nel tuo nuovo album, però, hai un paio di pezzi che si rivolgono al passato.

Certo, questo sono più ricordi che retromania, che riguarda più il tipo di produzione. Guardarsi indietro vuol dire quasi sempre guardarsi dentro, i nostri ricordi sono dettati da quello che c'è rimasto nella testa, che spesso è diverso da quello che è successo veramente, quindi vengono costantemente rielaborati. Parlare di ricordi è come guardare una fotografia di qualche tempo fa e sorridere di come eravamo, ma anche capire (e giore del fatto) che eravamo persone diverse. Cambiare ed evolvere è sano, a volte quando vedo persone che hanno la mia età ma sono rimaste ferme e bloccate a quando ne avevano 25; mi fanno un po' impressione. Nel modo di vestire come nel modo di fare, di pensare, nei gusti musicali, essere bloccati è una vita un po' sprecata, vissuta per metà.

Niente chitarra acustica, molto synth pop, quasi itpop. Ti stai riprendendo tutto quello che è tuo?

(ride) Non so se voglio andare incontro all'itpop o a qualche altra cosa, voglio solamente fare delle cose con la stessa sincerità con cui le ho sempre fatte, rimanendo legato al mio tempo. Questo è il grande desiderio che ho, su cui ho lavorato in questi anni. Non è stato per niente facile e mi sono reso conto che da solo non ero capace di farlo. Ho dovuto chiedere aiuto, perché ho capito che come arrangiatore, come produttore arrivo fino a un certo punto, che mi è andato bene fino a qualche tempo fa. Adesso ho voluto superarlo, chiedendo la collaborazione di Federico Laini che ha prodotto il disco, con cui ho fatto tutta la preproduzione artistica, in cui abbiamo inventato questi vestiti nuovi, questi nuovi colori da mettere sopra queste canzoni. È stato un lavoro abbastanza complesso, lungo, difficile e anche doloroso a volte, devo dire.

Ci credo, anche perché da quando hai iniziato ad oggi, le cose nel mercato musicale italiano sono esplose. Sembrava quasi tu in passato avessi preferito un percorso più accidentato rispetto alla via più facile...

La cosa che è succesa a me è abbastanza difficile da accettare, ma semplice da capire: il mondo musicale italiano è cambiato nel 2016, che è esattamente l'anno in cui ho fatto uscire Canzoni per metà, un disco che sapevo benissimo essere un album molto strano, la chiusura di un percorso durato 10 anni, un ritorno alle radici con canzoni bizzarre e libere, più artistiche che funzionali all'ascolto, ridotte all'osso, non lo so, di certo canzoni non convenzionali. Probabilmente avrebbe funzionato di più qualche anno prima o qualche anno dopo, mentre nel 2016 era il momento sbagliato per farlo uscire ed è stato difficile riprendere in mano tutto per mettersi al lavoro ad una cosa nuova, che avevo in mente da un po'. Nel frattempo mi è cambiato il mondo sotto i piedi.  

foto di Ilaria Magliocchetti Lombi
foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

Nel nuovo disco c'è una canzone, Sarà la musica, in cui dici di non capire la gioventù. Ribalto la questione: cosa devono capire i giovani da Dente?

Questo è difficilissimo, non ho mai avuto un pubblico di riferimento, nel senso che non mi sono mai riferito a un pubblico o a un range d'età, quando scrivo le canzoni mi riferisco a me stesso e non riesco a dividere le persone in fasce d'età: le persone sono persone, non 16enni, 20enni, ricchi, poveri, stupidi, intelligenti, quindi ci possono essere persone di 16 anni che apprezzano le mie canzoni e altre che le schifano, così come persone di 50 anni. Non so se al pubblico molto giovane le mie cose possano arrivare, io ho 44 anni e quindi probabilmente scrivo delle cose che non li tocca, ma anch'io quando avevo 20 anni non ero interessato ai ragionamenti di uno di 40.

 

Perché?

Non li capivo, non era il giusto momento per farli. Credo che sia assolutamente normale che a uno di vent'anni non gliene freghi niente di quello che penso io. Poi è anche vero che io a 16 anni ero un ascoltatore atipico, sentivo della musica che gli altri non ascoltavano, quindi penso che i miracoli possano sempre succedere. Diciamo che non ho una mira sul pubblico teenager di oggi.

In questo nuovo album sembra quasi tu tiri fuori fragilità che prima non palesavi così tanto. Non cambio mai è struggente, per fare un esempio.

È successo inconsciamente, me lo state dicendo voi in questi giorni. Io me n'ero accorto fino a un certo punto, perché io cambio insieme alle cose che scrivo, quindi per me erano struggenti anche canzoni più enigmatiche, perché ne conoscevo il significato. Ho imparato ad aprirmi un po' di più e a parlare un po' di più, ad essere meno criptico nella vita, forse lo sono anche nella scrittura delle canzoni. Forse oggi sono più accessibili perché sono cambiato io.

La provincia esce fuori anche in questo disco. Qual è il tuo rapporto con il luogo da cui provieni?

La provincia non te la scrolli mai di dosso. Ci sono nato, c'ho vissuto 30 anni e m'ha formato, quello che sono lo devo alla musica e alla provincia, due cose che vanno molto a braccetto secondo me. La provincia in Italia è la maggioranza, adesso io vivo in città e a volte a Milano sembra che tutto il mondo sia Milanocentrico, ma non è così.

Cosa ti dà la provincia?

La provincia ti allena a immaginare di più, perché ci sono meno cose. Finché stai lì e non hai ancora il motorino, non puoi vedere molto e non vedi l'ora di prendere la patente. In provincia tutti hanno la patente a 18 anni, perché vogliono andare via, viaggiare, vedere altre cose. In città ho conosciuto tanta gente che non ha neanche la patente, che dice che non gli serve, tanto va coi mezzi. Se vado a Fidenza e dico "vado coi mezzi" non sanno neanche cosa vuol dire (ride). Quindi la provincia aiuta l'immaginazione e la voglia di andarsene via, di evadere; è paradossale perché ti aiuta tantissimo, sognando di non essere lì.

foto di Ilaria Magliocchetti Lombi
foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

Parafrasando uno dei tuoi nuovi pezzi, come ti vedi fra cent'anni? 

Tra cent'anni lo sappiamo tutti dove saremo... in quel pezzo mi chiedo soprattutto se resterà qualcosa che ho fatto, se verrò dimenticato o ricordato, se quello che ho fatto sarà ritenuto importante o di poco conto, rivalutato o svalutato.

Parli dei "giovani talenti dei tuoi coglioni", ma ce ne sarà qualcuno che ti piace fra quelli che suonano oggi? 

Ce ne sono tanti! Tantissime cose nuove molto interessanti, molto belle e mi piace l'interesse che c'è intorno. Se ti devo fare dei nomi, la cosa che mi ha stupito di più ultimamente è Fulminacci, che ha fatto un disco molto bello e mi ha fatto impressione che così giovane, trovi un modo per arrivare anche a me. Ha una capacità di scrittura molto forte. Anche Mox è uno che mi piace tantissimo, lo vedo molto affine, è un grandissimo amante della musica che fu.

Nel 2016 cantavi che i cantautori non vendono più. Oggi però tutti si dichiarano cantautori e molti vendono. Come la vedi, da padrino del nuovo cantautorato?

No, padrino è una parola che non mi piace. Nel 2016 cantavo così, ma quella era una battuta, una canzoncina divertente, sapevo benissimo che i cantautori stavano vendendo, oggi vendono molto di più e ne sono molto felice, perché non vedevo l'ora che succedesse quello che è successo, fondamentalmente. La musica buona e bella e fatta con il cuore ha sfondato quel muro che c'era tra il mainstream e la musica di nicchia. Non da padrino, però, perché è una parolaccia.

foto di Ilaria Magliocchetti Lombi
foto di Ilaria Magliocchetti Lombi

Tu non sei uno che va spesso in tv. Ti chiedessero di partecipare a un talent come giudice, cosa ne penseresti?

Se mi chiedessero di partecipare a un talent come giudice valuterei, ma non lo so. Credo che la musica e la competizione siano due cose che non dovrebbero stare nella stessa stanza. La musica non ha bisogno delle gare, può piacere o non piacere ma non è in gara con qualcuno. Lo valuterei ma non so neanche se sono in grado di fare quel mestiere lì, bisogna essere portati. Non dico né sì né no a prescindere, mi sembrerebbe una presa di posizione un po' sciocca.

E invece Sanremo, in gara, ti interesserebbe?

Anche sì, è una vetrina gigantesca che ti può cambiare la vita, te la può migliorare ma anche rovinare, va preso con grande cognizione e va fatto con serenità, insieme a un po' d'incoscienza. Se ci si va con l'ansia della gara o con l'angoscia di fare ciò che stai facendo, potrebbe finire male. Prendendolo come un gioco e un'opportunità per farsi conoscere, con una canzone giusta per quel palco, allora potrebbe essere positivo. 

Come porterai il disco dal vivo? Stai riarrangiando anche le vecchie canzoni? 

Dal vivo ci saranno tante canzoni del disco nuovo, quasi tutte, con i suoni dell'album. Alcune vecchie canzoni le ho spogliate e rivestite con questi nuovi ambienti e alcuni arrangiamenti sono bellissimi secondo me, mi piacciono proprio tanto. Addirittura alcuni mi piacciono di più dell'originale. Ci sarà anche una parentesi acustica, comunque colorata con quel sound. Suonerò il pianoforte, la chitarra elettrica, la chitarra acustica, ma non sarà un concerto diviso in compartimenti stagni, voglio che sia un flusso continuo, quindi ho cercato di costruire una scaletta e di arrangiare i pezzi vecchi in modo che stiano bene con quelli nuovi. Sono molto felice di come sta venendo fuori.

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L'articolo Dente: "Nella musica italiana tutto è cambiato, a me interessa solo essere sincero" di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-02-27 17:26:00

Tag: album

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