Una coppia inedita, che si presenta sul palco dell'Ariston con una canzone pop di ampio respiro: da una parte la scrittura riflessiva ma universale di Diodato, dall'altra i fiati festosi e raffinati di Roy Paci. Li abbiamo incontrati prima di partire per Sanremo, dove tra fiori ed esibizioni promettono di non farsi mancare soprattutto il divertimento, anche perché i bookmaker li danno come ultimi. La nostra intervista.
Bene, innanzitutto raccontatemi com'è andata, tu (Diodato) hai scritto il brano, hai pensato subito di voler fare qualcosa con Roy?
D: Sai, quando scrivi un brano t'immagini già un arrangiamento nella tua testa, poi a volte provi anche a riprodurlo col computer, e il primo suono che ho provato a riprodurre è stato proprio quello dei fiati, che è una delle cose peggiori che puoi fare con il computer. In quel momento ho pensato che ovviamente Roy avrebbe potuto fare una gran cosa, quindi gliel’ho fatto sentire, per fortuna a lui il pezzo è piaciuto subito ed è nato un approccio al brano molto particolare, perché arrivati alla possibilità del festival di Sanremo uno può pensare di dover modificare quanto fatto per quel palco, e invece no, non abbiamo mai toccato il lavoro fatto da Roy, musicalmente attento a ciò che c’era già all’interno del brano.
Quindi la canzone esisteva già prima dell'idea di presentarla a Sanremo, non l'hai scritta apposta.
D: Sì, l'ho scritto prima e la cosa non mi ha minimamente influenzato, probabilmente questa collaborazione ci sarebbe stata lo stesso.
R: Assolutamente, avrebbe avuto i natali anche senza il festival. Rimarrà una cosa one shot almeno per il momento, senza alcun obbligo per il dopo, infatti non ci sarà, almeno nell'immediato, un disco insieme.
È una cosa che ha senso ai giorni nostri, non tutto deve essere legato alla pubblicazione di un album.
R: infatti a me piacerebbe tantissimo lavorare con Antonio per esempio a una colonna sonora, scrivere qualcosa per un film dove magari Antonio canti. Fare una sorta di banda che gira, e non solo banda in senso classico, mi immagino una banda mistica che suoni con la stessa potenza che avremo all'Ariston con l'intera orchestra, la potenza di autori come John Williams, che utilizzi gli strumenti della nostra tradizione perché ci sono certi timbri che non puoi avere se non hai dei bombardini veri, oppure il genis, che è uno strumento che abbiamo usato in studio e porteremo anche sul palco di Sanremo.
Cose nuove per gli spettatori di Sanremo.
R: esattamente, cose nuove. Guarda che sarebbe una bella cosa, non solo sull’idea di un musical, ma proprio l'idea di scrivere della roba con quella visceralità, quello spleen, anche con la voce di Antonio che è molto interessante a livello drammaturgico.
Da quanto tempo vi conoscete? C'entra il 1° maggio di Taranto?
R: ci conosciamo da prima, ma il 1° maggio è stato il coronamento di questa amicizia, anche con Michele Riondino che è uno degli esponenti di punta del 1° maggio tarantino (un'esperienza importantissima per me e che quest'anno ripetiamo, dopo la pausa dell’anno scorso). La prima volta che ho incontrato Antonio è stata in una jam in una masseria in Salento, una festa di fricchettoni come noi, un manicomio di gente. È proprio dietro il mio studio. In quell’occasione Antonio suonava, abbiamo jammato, abbiamo fatto un casino e siamo diventati amici.
Roy, tu non hai mai partecipato a Sanremo come concorrente, come mai?
R: all’inizio, da giovanissimo, non volevo andarci perché non mi sembrava il caso. Da buon giovanotto ribelle non m’interessava. Dieci anni fa me l'hanno chiesto ma non mi sono sentito all’altezza, perché non avevo un brano adatto, non sono molto vicino al flusso sanremese della scrittura. In quest’occasione mi sta bene perché devo soltanto suonare, oltretutto non mi sembrava naturale o necessario incastrare la mia voce con quella di Antonio. Era più giusto fare incastrare altre cose, come il mio strumento e tutti gli altri strumenti utilizzati in fase di
Allora, parliamo di "Adesso", la canzone di Sanremo. Visto che nel testo parli di cellulari, della tastiera, del nostro rapporto con la tecnologia, tu come sei con lo smarthphone? Sei uno di quelli che sta sempre lì a smanettare?
D: sia chiaro ci tengo a sottolineare questo aspetto: questo non è un brano contro, contro la tecnologia o contro i social, è un brano in cui ho analizzato semplicemente delle fragilità mie personali. Immagina che sia un dialogo con me stesso, che poi ovviamente si estende a tutti. È facile accorgersi che viviamo in un periodo in cui siamo sottoposti a un continuo bombardamento dell’informazione che in qualche modo ci porta sempre altrove. Ho riscontrato questa cosa anche su di me. Avevo difficoltà a vivermi il momento dello stare insieme, del guardarsi negli occhi, del condividere, dello scambiarsi qualcosa. Me ne sono accorto, talvolta anche sul palco. Immagina di suonare 100 volte la stessa canzone in diverse situazioni, però tante volte vagare con la mente e a un certo punto risvegliarti pensando: “cacchio, ma sto pensando davvero se fuori sta piovendo o meno, anziché pensare al qui e ora su questo palco?". In questo momento la tecnologia fa un po’ da amplificatore dei nostri timori delle nostre insicurezze ed è questo nonluogo in cui spesso andiamo a cercare un appagamento che invece dovremmo cercare nella realtà, nel viversi il momento. Nel brano io affronto questa cosa, cercando di ricordarmi che devo essere presente a me stesso nel momento in cui sto vivendo. Devo cercare di non dimenticarlo perché sto vivendo un'evoluzione personale che sta facendo entrare molta più luce anche nella mia vita, sta mettendo molta più gioia nel mio modo di vivere la musica.
Roy, quando hai sentito il pezzo la prima volta che ne hai pensato?
R: mi sono soffermato sul testo, perché nei successivi ascolti devi soffermarti su altre cose, le sfumature, l’intelaiatura armonica, come lavorarci. Però il testo era la cosa più importante in quel momento perché mi ha fatto subito pensare che tempo addietro mi ero posto lo stesso quesito. Antonio ha accennato ai concerti, quando vedo centinaia di ragazzi che mi riprendono con il cellulare, non è che dico sia una cosa sbagliata, perché ci sta che la gente voglia rivedere un momento. Però se tu pensi in quel momento c’è uno scambio completo con la realtà, tu non stai vedendo più neanche il concerto, quindi non ti stai abbandonando alla musica. È come se fosse un prisma, ma invece di fondere la luce e dare mille colori, alla fine canalizza solo una sensazione e tutte le altre te le perdi: ti perdi il contatto epidermico con la gente, ti perdi il trasporto di quei momenti. Magari senza il cellulare davanti potresti apprezzare di più l’assolo, la parola, anche l’errore...
Antonio, mi racconti se ti va l’ultima volta in cui hai vissuto un momento a pieno e ti sei detto “questo adesso è quello che ho” come dici nella canzone?
D: wow, mi sta capitando spesso, ma poi sembra che uno stia parlando di cose incredibili, ma anche la cena con gli amici è importante, quei momenti in cui torni a casa e ti dici: “la mia vita è meravigliosa” e non hai fatto niente, hai mangiato una pizza con tre amici.
L’altra sera ero con dei miei amici, alcuni anche musicisti, però c’è stato uno scambio in libertà che quando loro hanno proposto di proseguire la serata altrove, io sono andato a casa perché ero bello soddisfatto, ero pieno, ero appagato. È quello che voglio, una vita con pochi rimpianti o comunque piena di momento felici. Una vita piena di questi vissuti a pieno.
E al contrario un momento negativo?
D: una volta ho fatto un viaggio in treno in cui io non ho parlato con nessuno, non ho visto niente, non ho mai guardato fuori, ero con la testa sempre sul cellulare. La prima frase di "Adesso" parte da un serata in cui io ho camminato un po’, sono arrivato sotto casa ho preso le chiavi mi sono sentito stanco e mi sono reso conto che non mi ricordavo niente dei chilometri che avevo fatto a piedi, non avevo visto una faccia, manco il semaforo avevo guardato. A quel punto mi sono detto che c'era qualcosa che stavo sbagliando, e non è la tecnologia, è il mio approccio ad essa. Perché mi sto comportando così? Cosa sto cercando lì? Alla fine, tornando all'esempio del treno, la tecnologia sta solo sottolineando alcuni aspetti negativi che sono innati in noi, come quando trovi quello che inizia ad attaccare bottone e tu inizialmente dici: “madò che palle” (ride).
Che tipo di risposta vi aspettate da parte del pubblico di Sanremo?
D: i bookmaker ci danno ultimi (ride) ma per noi va bene così, durante le prove abbiamo avuto degli ottimi riscontri, anche da parte dell'orchesta.
R: gli orchestrali sono sempre stati dalla nostra parte. Io ho un bel rapporto con loro sin dai tempi in cui ho iniziato ad arrangiare per alcuni amici che sono andati al festival, e sono a mia volta dalla parte dell’orchestra, è una questione di affinità tra musicisti.
Chi dirige l'orchestra per il vostro brano?
D: Vincenzo Presta, un pugliese che collabora da tanto tempo con Roy.
R: È un musicista molto bravo, oltre che arrangiatore, ha lavorato anche lui a questo brano e mi sembrava carino coinvolgere la famiglia, è sempre questa la cosa bella: anche quando Antonio ha partecipato a Sanremo con "Babilonia" c’era un gruppo di persone che da sempre sta attorno che ci vuole bene e che ci supporta.
A questo proposito Antonio, rispetto a quando hai partecipato come Nuova proposta, percepisci delle differenze per questa partecipazione al festival?
D: ovviamente sono un po’ più grande e un po' più maturo. Quel palco porta comunque tensione e forse è giusto così. Io l’ho sempre vista come parte di un percorso, avevo già fatto delle cose prima, ma quello è stato un grande amplificatore per la mia musica, un modo per arrivare a tante persone e lo sarà anche questa volta. Indipendentemente dai risultati dalla classifica, io sto andando a esprimere me stesso, spero che questo arrivi, poi un brano può piacere o non piacere, fa parte del mettersi in gioco. Non ero terrorizzato prima e non lo sono adesso, la vivo col giusto peso.
C'è anche questa bella notizia che duetterete con Ghemon, come ha preso la vostra chiamata, cosa ne ha pensato del brano, e soprattutto come sono andate le prove?
D: il suo primo commento è stato "bellissimo". Ha scritto una strofa appositamente, in linea col percorso incredibile che sta facendo. Inoltre sarà l'unico rapper a Sanremo, abbiamo fatto la prima prova sul palco e lui lo domina bene, speriamo semplicemente di divertirci e far passare il messaggio.
Vorrei condividere un'ultima osservazione con voi, visto che Antonio è stato una Nuova Proposta e ora gareggia nei big. Lo scorso anno, in maniera forse un po' presuntuosa ma genuinamente propositiva, ho scritto un articolo in cui ho avanzato le mie cinque proposte per un Sanremo migliore. Tra queste, considerando anche come va il nostro mercato musicale e i risultati raggiunti da artisti giovanissimi, proponevo di abolire la divisione tra Nuove Proposte e Big, anche perché nel Sanremo di Carlo Conti si è arrivati a situazioni paradossali, per esempio le Nuove Proposte si sono sempre esibite prima della sigla, quasi non fossero neanche inclusi nel festival. Posso chiedervi un'opinione in merito?
D: credo che sarei d'accordo, d'altronde io sono stato una nuova proposta per molto tempo. Prima magari tutti avevano un buon periodo post-Sanremo, oggi andiamo a 6000 km orari e quindi si perde il passaggio di avere il tempo di riascoltare, assimilare e apprezzare una canzone. Per me sarebbe un ulteriore passo avanti creare un unico festival, tra l'altro la categoria "nuove proposte” non c’è da sempre al festival, è stata introdotta negli anni '80.
R: anche perché non si capisce bene chi sia big e chi sia nuova proposta, se non sei valido ci pensa il pubblico a non farti passare, non è necessario che qualcuno crei delle categorie a priori. "Chi controlla il controllore?" dicevano gli Africa Unite in una celebre canzone. Perché devo essere controllato? Diamo il giudizio al popolo.
D: io sono una nuova proposta tra i big.
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L'articolo La nuove proposte tra i big a Sanremo: intervista a Diodato e Roy Paci di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2018-02-02 11:00:00
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