Nima Tahmasebi è marchigiano, ha 23 anni, vive all'estero e da qualche anno si parla un po' dappertutto della musica techno che produce con l'alias NT89. In questo momento è impegnato in un tour italiano che, dopo la data di Bologna du questo sabato, lo vedrà anche al Rocket di Milano per il lancio del suo nuovo Ep in uscita per la prestigiosa etichetta americana Fool's Gold.
Iniziamo parlando della tua nuova release: come è nata la collaborazione con Fool's Gold?
La questione in realtà è piuttosto semplice: è da un po' che A-Trak (co-fondatore di Fool's Gold e metà, insieme alla leggenda house Armand Van Helden, del duo Duck Sauce che ha imperversato nel mondo con la hit "Barbra Streisand", NdA) supporta la mia musica suonandola nei suoi dj set. Questo supporto si è poi tradotto nell'interesse per una mia pubblicazione per Fool's gold, e questo spiega il mio "Voices Ep".
Rispetto alla linea dell'etichetta mi sembra che tu vada in una direzione peculiare: pochi suoni, costruzione asciutta, attenzione all'atmosfera.
È da un po' di tempo a questa parte che si sta creando di nuovo un forte interesse nei confronti di sonorità più vicine alla techno che all'house. Una direzione che anche io, cresciuto a sedici anni con l'electroclash di produttori come Erol Alkan e Tiga, ho cominciato a sentire vicina al mio modo di comporre la musica. In questo senso 'Voices Ep' continua a far seguire a Fool's Gold quella via che in fondo, anche se in maniera diversa, era già stata aperta da Congorock.
Tu, Congorock, Blatta & Inesha, Keith & Supabeatz: la scena italiana legata alla musica da club sembra ancora piuttosto vivace dopo gli exploit di Crookers e Bloody Beetroots. Mi sembra però che, rispetto alla realtà francese e a quella inglese, manchi in Italia un certo sano corporativismo. Un certa sana cooperazione per aiutarsi reciprocamente.
Sono d'accordo con te. Però stiamo parlando di tre realtà differenti. Prendiamo per esempio la Francia: Parigi è una cosa, lì troviamo quello che dici tu ovvero un giro di produttori che si aiutano a vicenda, che aprono etichette (penso a Sound Pellegrino e Marble), che collaborano nella produzione. Il resto della nazione invece è molto più simile all'Italia. In secondo luogo considera che molti dei produttori italiani che hanno contribuito a spostare nuovamente il faro della musica da club sul nostro Paese dopo un po' se ne sono andati all'estero, fra Stati Uniti e Inghilterra. Questo diaspora ovviamente non ha aiutato a fare fronte comune, ed eccoci alla situazione attuale.
Personalmente penso che ci sia anche un altro fattore: la promozione che nel nostro Paese viene fatta con la stessa lungimiranza con cui viene fatto tutto, della serie "Finché questa cosa va bene spremiamola, poi si vedrà"...
Hai centrato quello che secondo me è un altro nodo fondamentale. Sicuramente in Italia c'è un problema culturale che finisce per riflettersi anche sul mondo del clubbing: si dà poco credito agli outcomer e quindi si investe solo sul nome che può far fare cassetta. Un atteggiamento legittimo che però può provocare un cortocircuito. E spingere la gente a fare le valigie e salutare.
Tu sei fra quelli che se ne sono andati via, e piuttosto presto. Come mai hai scelto come destinazione Amsterdam, piuttosto che le canoniche Londra o Berlino?
Ho traslocato lì tre anni fa: inizialmente doveva essere per qualche mese, poi le tempistiche si sono allungate di molto... Sono rimasto affascinato dallo stile di vita olandese già all'epoca di un viaggio con la mia famiglia, avrò avuto una decina d'anni. Quelle impressioni mi sono rimaste dentro e si sono tramutate nel desiderio di trasferirmi, cosa che alla fine ho fatto. Con due sole nostalgie: per il nostro clima e per il nostro cibo!
Immagino che il traferimento ad Amsterdam ti sia servito anche per incentivare la tua carriera musicale.
Senza dubbio. Qui ho conosciuto molte persone che mi hanno aiutato a crescere umanamente ed artisticamente. In particolar modo Barkers, l'agenzia olandese che si occupa del mio booking all'estero, mi è stata di grande sostegno.
Hai molte date in giro per il mondo: come ti sembra lo stato di salute del clubbing mondiale? Che cosa pensi di fenomeni mediatici come Skrillex e del loro possibile impatto anche sul mondo dell'underground?
Credo si tratti di un periodo molto interessante. Personalmente non sono attratto dal mondo del dubstep stile Skrillex, prediligo decisamente il lato più melodico e introspettivo alla James Blake. Però non si può tacere l'impatto che può avere l'assegnazione di tre premi Grammy a un personaggio come Skrillex: è un dato positivo per tutta la scena.
Hai nominato James Blake. Ci sono altri ascolti, dentro e fuori dal vasto mondo dell'elettronica, che ti sentiresti di nominare?
Un altro nome chepotrei farti è Sigur Rós. Al di fuori della musica elettronica ho sempre apprezzato molto i Verdena: fra l'altro mi piace molto la loro attitudine nei confronti della produzione. Mi viene in mente anche Leonard Cohen, che ascolto da tempo, nonostante la mia età (il moniker NT89 si riferisce infatti alla data di nascita di Nima, appunto il 1989, NdA). Ti confesso che non mi dispiacerebbe in futuro confrontarmi con la produzione di una band rock; è un mondo che mi affascina molto. Altrettanto dicasi per il jazz, ci cui ammiro l'attitudine: non mi dispiacerebbe provare ad unire il mio mondo sonoro con quello di musicisti in carne e ossa.
Queste curiosità finiscono in qualche modo all'interno del tuo modo di fare musica?
Sì, decisamente sì, anche se può non sembrare. Posso partire da una suggestione e poi trasformarla fino a renderla irriconoscibile. Ma mi è capitato, assolutamente sì. Considera che io parto sempre da un'idea precisa anche sulla scelta dei suoni: non passo molto tempo nel mixaggio perché cerco di scegliere subito le sonorità che ho in mente.
Hai alle spalle collaborazioni prestigiose come quella con Shinichi Osawa, fondatore dei Mondo Grosso. A che cosa stai lavorando in questo momento?
Per rimanere nel tema ti posso dire che sto lavorando a due nuove tracce che rappresentano due ulteriori collaborazioni: una con Justin Robertson (nome particolarmente noto nel panorama house inglese, famoso per aver contribuito alla fama dei Chemical Brothers ai loro esordi, NdA), più sul versante disco, e una con Scarlett Etienne (già dj resident di svariati club come il Sound Factory di New York, Amensia e DC10 di Ibiza, NdA) sul versante electroclash. Per il resto, staremo a vedere!
Un'ultima curiosità: come prepari i tuoi dj set? Sei un digger, un ricercatore? Ti piace acquistare la musica su supporto o preferisci il digitale?
Ho iniziato con i cd, che rimangono ancora il mio modo di approcciare un dj set. Ultimamente però ho cominciato a comprare nuovamente vinile: mi piace farmi consigliare dagli amici, andare a cercare la musica nei negozi... La curiosità naturalmente rimane la prima cosa per un dj, fa parte del nostro DNA.
Ti piace fare dj set lunghi o preferisci la brevità?
Potendo scegliere preferisco decisamente i dj set lunghi perché permettono di costruire una narrazione. Ancora una volta mi vengono in mente grandi dj come Erol Alkann e Tiga, capaci di costruire con sonorità diverse lunghi passaggi di atmosfera. Ma, come dicevamo prima, per questioni di organizzazione delle serate questo non è sempre possibile.
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L'articolo NT89: Il dj europeo di Francesco Fusaro è apparso su Rockit.it il 2012-03-28 00:00:00
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