Odissea nello spazio-tempo con i Dumbo Gets Mad

I Dumbo Gets Mad tornano dopo due anni, e ci raccontano il nuovo "Thank You Neil"

Dumbo Gets Mad
Dumbo Gets Mad

Dopo una pausa di due anni dal precedente "Quantum Leap", i Dumbo Gets Mad tornano con un concept album ispirato alla trasmissione televisiva americana "Cosmos: A Spacetime Odyssey" condotta dall'astrofisico Neil Degrasse Tyson, rifacimento della serie anni '80 del suo "maestro" Carl Sagan. "Thank You Neil" esce domani per Ghost Records/Bad Panda Records ed è un bellissimo disco in cui il duo attinge dalla scena italiana library anni '60 e '70 di artisti come Piero Umiliani e Bruno Nicolai, ma anche dal panorama soul sperimentale americano degli anni '70 ed in particolare da Shuggie Otis, fino al pop psichedelico del neozelandese Connan Mockasin ed alle uscite dell'etichetta californiana Stones Throw Records. Ce lo siamo fatto raccontare.

 

"Thank you Neil" si ispira al programma “Cosmos: A Spacetime Odyssey” condotto dall’astrofisico Neil Degrasse Tyson. Cosa vi ha attirato della sua figura, e che rapporto avete con le stelle e il cosmo?
La prima volta che mi è capitato di vedere “Cosmos, a Spacetime Odyssey” ho pensato che la nostra civiltà, nella sua parte pratica, si basa principalmente sulla conoscenza applicata della scienza e delle leggi dell’universo, senza le quali lo sviluppo dell’essere umano per come lo intendiamo non sarebbe possibile. Questo sviluppo, ragionando più in grande e più a livello filosofico, ci ha portato ad un punto di benessere che ci piace, e che guardando al passato è notevolmente aumentato. È molto strano perché da questo punto di vista ci sembra ogni giorno di raggiungere traguardi significativi, mentre da un'altra prospettiva, quella dell’universo, siamo talmente piccoli che il fine della nostra esistenza assume totalmente un altro valore. Nel suo piccolo quindi il nostro disco vuole essere un punto interrogativo su questi argomenti esistenziali, che spesso vengono messi in secondo piano per inseguire in modo assolutistico un progresso che ogni tanto è giusto mettere a fuoco e valutare. 

L’umanità galleggia tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Pensando a questo concetto è difficile fare un passo indietro dalle nostre vite per notare e mettere a fuoco un quadro più generale. Spesso siamo tutti troppo distratti da notifiche, bombardamenti di foto, parole e suoni etc etc… qual è il vostro metodo per ritrovare questa concentrazione, per rimettere in scala d’importanza le cose della vita?
Non voglio risultare drastico ma se sei circondato da infinite informazioni il tuo giudizio è costantemente interpellato e devi essere lucido nelle scelte che ti capita di fare. A volte quindi è molto difficile e sicuramente l’isolamento è un ottimo metodo per uscirne. Dipende sempre da noi stessi e dall’amore che nutriamo verso le cose. Si tratta forse di approfondire il nostro campo di interesse fino al limite, senza abbandonare perché subentrano altre cose.

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La formula del concept album sembra essere quella che preferite (e anche il precedente "Quantum Leap" trattava di temi inerenti al cosmo). Nella vostra scrittura arriva prima il tema o le canzoni?
Di solito parte tutto dalle canzoni, ma non questa volta. Ho tolto materiale dal disco perché non sembrava incline al mood. Mi piace pensare a "Thank You Neil" come ad un unicum, e per me è una grande soddisfazione perché di solito sono una casinista in questo. Sento che ogni traccia del disco è al suo posto e che ha un significato ben preciso. 

Nei vostri dischi c’è sempre un immaginario molto vivido e particolareggiato: quali sono state le fonti di ispirazione per le nuove canzoni, oltre il già citato Neil?
Musicalmente gli ascolti più importanti di questi tempi per noi provengono da quegli artisti che riescono sapientemente a mischiare il soul con qualcosa di etereo, celeste. Ma soprattutto una caratteristica che scopriamo sempre più importante è la singolarità di un progetto musicale. Se la vera personalità viene fuori, indipendentemente dal fatto che sia musica suonata o elettronica è un valore aggiunto notevolissimo. 

Come avete raggiunto quel sound funky-lounge anni ’70 che accompagna tutti i pezzi del disco?
Prima di tutto credo che la nostra novità del nostro sound sia il Piano Rhodes. È uno strumento fantastico e se ti ci affezioni è totalmente in grado di spostare gli equilibri di un pezzo, in questo caso di un disco. A parte quello abbiamo usato pochissimi strumenti: drum con massimo 3 percussioni fra shaker e maracas, ovviamente basso, una Roland JX-3P e una Casio CT. La cosa che mi piace molto è che possiamo portare il disco live con la stessa strumentazione con la quale è registrato, e questa è un altra novità per noi.

Nonostante le tipiche sonorità trippy e lounge che avvolgono la vostra musica, "Thank you Neil" segue una scia tra la produzione degli Air e quella di Sade, dove le chitarre e le tastiere sembrano essere più pulite rispetto agli inizi a favore delle parti vocali. Ascoltando il nuovo disco, sarebbe riduttivo etichettare semplicemente i Dumbo Gets Mad come una band psichedelica. Quanto ancora è presente questo termine nella vostra visione musicale?
Credo sarà sempre un po’ presente, ma io ho sempre inteso il termine psichedelico oltre al confine musicale, quello dei Nuggets per intenderci. Vorrei che fosse interpretato più come il risultato di un ascolto.

Rispetto al passato c’è una carica erotica molto più forte. In passato era giocosa e spensierata, ora invece si fa più adulta e promiscua. Nella musica italiana il sesso, l’eros e il porno sono temi e atmosfere completamente ignorati. Siete d’accordo? 
Domanda difficile. Non so rispondere... ma se ti capita di vedere un porno con buona musica facci sapere!

Dando un’occhiata ai commenti dei vostri fan su Facebook si capisce che avete una base di ascoltatori piuttosto internazionale. Avete in programma di suonare molto all’estero?
Non per il momento, anche se ci piacerebbe moltissimo. Sappiamo che per farlo è necessario avere una distribuzione nei posti sui quali si va a suonare, quindi ci stiamo lavorando. 

Nelle vostre sonorità come marchio di fabbrica è sempre marcatamente presente buona parte del sound degli anni ’70.  Pensate che i Dumbo Gets Mad possano intraprendere in futuro strade diverse da queste atmosfere?
Sicuramente, sempre cambiare, magari prima investigare, provare, studiare, e quando si è pronti cambiare.

 

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L'articolo Odissea nello spazio-tempo con i Dumbo Gets Mad di Davide Violante è apparso su Rockit.it il 2015-11-19 11:21:00

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