Abbiamo incontrato Piero Sciortino:cantante, chitarrista ed autore dei Kyrie, una delle migliori band del circuito alternativo italiano, recentemente protagonista dello splendido album “Le meccaniche del quinto”. Album che suggella dieci anni di intensa e significante carriera.
“Le meccaniche del quinto”, vostro primo disco ufficiale, giunge a suggello di un decennio speso tra autoproduzioni e concerti nel circuito underground. Quali sono i momenti più significativi ed intensi di questa prima parte di carriera?
Ce ne sono stati tanti, di momenti importanti, considerando che suoniamo da una decina d’anni assieme. Direi che il piu’ intenso e’ stato quello relativo alla lavorazione di questo album. Non tutti sono stati momenti di armonia, soprattutto in fase di registrazione, ma vedere concretizzato il lavoro dopo settimane di sforzi e impegno ha ripagato tutti delle fatiche ed e’ stata la concretizzazione di un sogno.
Come siete entrati in contatto con i tipi della PmA Records?
Abbiamo inviato loro un demotape, ci hanno invitato al festival Territorio Musicale e ci siamo conosciuti. Dopo qualche tempo e’ nata la collaborazione che ha fatto nascere “Le meccaniche del quinto”.
E qual è stato l’approccio al disco? Avevate già dei pezzi pronti o li avete realizzati per l’occasione?
Alcuni pezzi gia’ esistevano, altri li abbiamo terminati in forma di provino quando gia’ sapevamo di dover incidere un album ufficiale. E’ stata fatta una scelta tra i brani nuovi e quelli vecchi che ritenevamo degni di pubblicazione.
Tutti i brani del vostro disco meriterebbero di essere “sviscerati”, ma vorrei in particolare mi parlaste dei contenuti di “Lipsia 1933” e “Caffè viennese”: due brani nei quali il tempo sembra essersi fermato.
“Lipsia” e’ nata dopo, o meglio durante, la lettura di un libro e di una pubblicazione su Ettore Majorana.
Majorana era un fisico teorico del gruppo di Enrico Fermi la cui scomparsa e’ ancora un fitto mistero. Mi affascinava in tutto cio’ che leggevo il contesto culturale e scientifico mitteleuropeo anni 30. “Caffe’ viennese” nasce sostanzialmente dalla visione di un quadro, anzi di una stampa. La partenza e’ stata quella e da li’, giocandoci un po’ su, ho potuto dire cose che mi interessava dire in quel momento.
In “Le meccaniche del quinto” proponete un booklet molto raffinato: foto color seppia, immagini velate da un manto di malinconia; un elemento fortemente espressivo che enfatizza ancor più l’intensità e lo spessore del vostro lavoro …
Il lavoro ad un album ha una sua complessita’ e se vogliamo una sua multimedialita’. Ci sono immagini che possono esprimere o rappresentare benissimo suoni o suoni che possono evocare in maniera quasi tangibile immagini. Tutto resta collegato e si definisce a vicenda. Addirittura un titolo potrebbe aiutare, anche se in termini un po’ astratti, ad esprimere cio’ che poi si trovera’ tra i “solchi” del cd. Un colore aiuta a contestualizzare meglio una parola. Una nota, un accordo possono rimandare ad un’immagine e renderla per cosi’ dire piu’ reale, piu’ “tridimensionale”.
Le vostre opere sono spesso accostate alle tematiche esistenzialiste e alle sonorità della dark wave degli anni ottanta. Vi riconoscete in quella scena? E per voi è effettivamente fonte di ispirazione?
Naturalmente direi una bugia se dicessi che alcuni gruppi anni 80 come i Sound, i Cure o i Joy Division non ci hanno in qualche modo ispirato. Ma sono tante le cose che ascoltiamo e quello che emerge e’ una sorta di shakeraggio inconscio di cio’ che ci appartiene e che si muove dentro di noi. Amiamo Battiato,i Beatles, De Andre’, Battisti, i Pink Floyd, gli Iron Maiden, la musica classica etc etc. Non mi sento e non ci sentiamo un gruppo dark. Proprio no.
Nelle vostre canzoni ci sono molti riferimenti culturali. Quali sono i contesti artistici che più vi influenzano e affascinano?
Sono di una curiosita’ notevole. Mi affascina lo studio della fisica, della mistica, delle religioni, della letteratura, della musica e dell’arte. Trovo che tutto sia come unito da un filo conduttore. Se vogliamo essere piu’ precisi mi definirei un ricercatore, un amante della filosofia perenne come la chiamerebbe Aldous Huxley.
E i vostri artisti preferiti?
Amo la sensibilita’ di Paul Klee, la scrittura e le storie di Mann, Tolstoy e Walser, amo Bach, Mozart, Brahms e Mahler, Pergolesi, Coltrane, Davis, i Beatles.
Piero, ho letto da qualche parte che sei molto orgoglioso di un recente accostamento tra la tua voce e quella di Nada…
Veramente un grande complimento. Il suo ultimo album e’ bellissimo e il suo modo di cantare pure. Assieme a quello di Carmen Consoli e Cristina Dona’ per restare nel femminili,: sono le voci che preferisco nel panorama italiano.
Oltre che nella musica, sfogate il vostro talento anche con qualche altra forma d’arte?
Personalmente mi sto allenando a dominare me stesso, a dominare l’animale che mi porto dentro, come direbbe qualcuno. Ritengo questa un’alta forma d’arte. L’arte di creare se stessi.
Attualmente siete impegnati in un tour promozionale?
Abbiamo quasi terminato la presentazione dell’album nelle varie FNAC sparse in italia e stiamo suonando dal vivo abbastanza spesso.
Come si svolge il vostro spettacolo?
In maniera molto semplice: saliamo sul palco, imbracciamo i nostri strumenti e cominciamo a suonare.
Avete già qualche nuovo progetto in cantiere?
Stiamo definendo la realizzazione di un videoclip. (E speriamo, presto, anche un nuovo disco…, NdR)
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L'articolo Kyrie - e-mail, 12-12-2004 di Federico Linossi è apparso su Rockit.it il 2004-12-14 00:00:00
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