Gli A.D., con il nuovo “Radio insurgentes”, si presentano caustici e determinati, anche a livello sonoro, nel portare avanti le istanze di quanti nel mondo non si sentono rappresentati e difesi dal sistema. Putano, chitarrista della band, ci illustra alcuni particolari di questa ennesima prova.
Il vostro nuovo lavoro, “Radio insurgentes”, ha segnato un’altra svolta nel sound della band. Da dove è nata la vostra passione per le sonorità industrial e qual è stata la molla che vi ha spinto ad un loro uso così massiccio?
Già le prime autoproduzioni avevano pulsioni industrial, cui non abbiamo rinunciato nemmeno in D.A.V.. La scrittura dei pezzi seguenti ci spingeva a ‘corrompere’ il suono rock più marcatamente dei lavori precedenti, sicché i suoni di “Dritto al volto” erano stati dettati dai temi su cui il disco girava; considerando che per la maggior parte questi erano nati sotto il cielo di Genova, mentre noi li stavamo portando su un lavoro che usciva a quasi 8 mesi dai fatti, avevano la necessità di riattualizzare il tutto. Pertanto chitarre ruvide, produzione rough e poco campionato rispetto a oggi, come a dare l’impressione di una ferita ancora fresca, vivida.
“Radio Insurgentes” ha avuto al contrario uno sviluppo lento e riflessivo, che garantiva più spazio e cura per la scrittura e la produzione, già preannunciati dallo split, in cui l’urgenza comunicativa e la ricerca sonora combattevano reciprocamente per il cammino successivo.
Quali gruppi sono stati i principali punti di riferimento per questo sviluppo?
Abbiamo scartato dai nostri ascolti tutto quei dischi che potevano ‘distrarci’, concentrandoci così su quelli che volevamo fossero tatooati sulla nostra pelle musicale; quindi Nine Inch Nails, Underworld, Aphex Twin... una sorta di stazione da cui partire e personalizzare arricchendo di chitarre e voci il tutto.
Il disco presenta vari featuring, che non si sono spesso limitate alla realizzazione di un brano, ma hanno anche coinvolto la band in iniziative come quella per i 20 anni della nascita dell’EZLN. A riguardo avete dichiarato di aver scelto artisti che ritenete un po’ dei portavoce del movimento. Ci potete parlare quindi di questi episodi?
Ognuno dei featuring ci ha lasciato a suo modo un’eredità importante. Ci siamo così sentiti una specie di ‘mistura rumorosa’ derivante dai 99 Posse, i Linea77, Madaski, con aperture indie proprie alla Wah Companion, abbiamo cercato di catalizzare queste personalità filtrandole col nostro suono, bypassando l’idea di scrivere pezzi alla 99, alla Linea etc. Conoscendo attraverso i rispettivi dischi e anche dal punto di vista umano la sensibilità di questi artisti a certi temi abbiamo scritto dei pezzi che, secondo il nostro modesto parere, fossero in grado di esaltare gli aspetti che, da fans, preferiamo nelle loro dimensioni musicali.
Come pensate di rendere il nuovo materiale nel prossimo tour?
Il disco, nella sua parte ritmica, è stato registrato completamente in elettronico, ma per i live questa parte sostanziale del nostro suono sarà arricchita da un bassista (Low) e da un batterista (M.A.D.) in carne ed ossa, che garantiranno appieno l’impatto rock compenetrato ai suoni campionati. Credo perciò si sia riusciti a fondere in maniera convincente le due anime del gruppo.
Il vostro esordio, avete detto, fu creato sotto la spinta degli eventi di Genova - da qui il sound più ‘diretto’ che avete adottato, quasi fosse il momento dell’azione, della rabbia. Ora, invece, che momento, per i ‘disobbedienti’, descrivono le claustrofobiche atmosfere di “Radio insurgentes”?
E’ un periodo di attesa pulsante, in cui le voci di ribellione sparse su tutto il pianeta stanno iniziando un cammino molto più stimolante e intelligente.Il fatto di essere più ‘visibili’ troppo spesso ha coinciso con l’essere ‘vulnerabili’: attacchi mediatici, insulti, denunce gratuite, infamie, violenze subite. Il Movimento ha capito che l’unione E’ e DEVE ESSERE il primo traguardo.
E’ difficile creare aggregazione con chi è al di fuori del Movimento, pur condividendolo appieno per tematiche e pratiche, davanti ad un plotone di gente in blu in assetto antisommossa... occorre quindi farlo un pelo più indietro, lontano dai riflettori, per poi tornare arricchiti di idee e materiale umano. Non si sottomettono miliardi di persone.. certo è più facile arginare miliardi di gruppetti da due persone...
Nelle reazioni al nuovo disco, quale commento vi ha fatto più piacere e quale critica pensate sia discutibile?
Siamo fieri che il disco sia stato recepito esattamente nel modo in cui è stato concepito - ovvero come un luogo di diffusione di vite e esperienze lontane eppure comuni. La nostra idea che venisse percepito come un concept, alla base del quale c’è il tentativo di dar voce ai ‘senza-voce’, è stato colto. Questo è l’aspetto più importante: è il modo migliore per continuare la nostra ‘trasmissione’. Critiche finora non ne abbiamo avute (anche se sicuramente arriveranno aiutandoci a migliorare)... abbiamo solo intuito la difficoltà nell’accettare appieno le tematiche di “Yael”; nel pezzo, infatti, ogni strofa inizia con un colore della bandiera palestinese, ma solo un colore non viene citato, il verde, che è lo stesso Yael, che vorremmo tanto rappresentasse la speranza di Pace che anima noi A.D. e tutto il Movimento...
C’è qualcos’ altro che vorreste dire ai lettori?
Di mettere da parte tutti i pregiudizi sulla disobbedienza, di non rinchiudersi dietro agli ‘ismi’ come invece i nostri politici vorrebbero inscatolarci, di credere e lottare per la pace, l’unico bene non privatizzabile che ci resta da vivere e incoraggiare.
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L'articolo A.D. (Antagonismo Disobbediente) - e-mail, 14-04-2004 di Andrea La Placa è apparso su Rockit.it il 2004-05-19 00:00:00
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