Intervistiamo George Koulermos y:dk, via email

A colloquio via e-mail con George Koulermos aka y:dk qualche mese dopo l'uscita di ">>", ottimo esordio in proprio definito dall'autore "l'inizio di un nuovo processo produttivo": parole varie, con l'augurio di fondo che prima o poi ci si possa ritrovare a dialogare senza ricordare l'album precedente etichettandolo regolarmente come "capolavoro misconosciuto".



Rockit: Alternando (o, più spesso, sovrapponendo) i ruoli di produttore, musicista, dj, remixatore, ormai sei da parecchio tempo nel "music business": puoi fare un po' di storia e un "bilancio della tua carriera" all'indomani della pubblicazione del tuo primo album solista?

y:dk: Tendo a non fare mai dei bilanci perché i risultati sarebbero disastrosi. I conti (economici, esistenziali, emotivi) non tornano mai. Certe cose uno le fa e basta. Non bisogna pensarci troppo, altrimenti ti passa la voglia subito di continuare a sbattersi. Non c'è nessun motivo razionale, legittimo e pragmatico che possa giustificare il mio continuare a fare musica, e a lavorare nella musica. C'è solo una passione accecante, deviante, alquanto futile che spinge certi esseri umani a perseverare e vagare per il pianeta continuando a fare il loro mestiere inutile per la curiosità di pochi intimi. Le soddisfazioni sono poche ma diventano preziose. Ho formato la mia prima band a 16 anni e a 17 ho esordito al Club 88 di Los Angeles pochi mesi prima del leggendario concerto di debutto dei Red Hot Chili Peppers (sempre al Club 88): quel locale era l'unico che faceva suonare i gruppi nuovi senza che dovessero pagare per suonare ("pay to play"). Adesso ne ho 39, e ho prodotto il mio primo disco solista che ha venduto fino ad ora 94 copie. Sto completando il nuovo album dei Technogod e il nuovo cd di Phoeb sta bollendo in pentola. Tutto questo per dire che chi fa musica spesso trova delle motivazioni che vanno oltre alla commercializzazione del proprio lavoro.

Rockit: I complimenti per l'album dato alle stampe io te li ho già fatti a più riprese: tu cosa ci dici del tuo lavoro, e cosa ti aspetti dalla sua pubblicazione?

y:dk: Il mio cd è una goccia nell'oceano, o, meglio, una pisciata nel Mississippi. Ovvero, un piccolo sospiro in una marea di note pubblicate settimanalmente dalle case discografiche. Volevo che questo album fosse solo l'inizio di un nuovo processo produttivo: io sto già pensando al prossimo cd. La mia è la strategia della lumaca formica, piccoli passi molto lentamente. Questo disco ha ricevuto delle buone recensioni (su Rockit è Primascelta!, NdI) ed ogni mese si riescono ad avere ulteriori sbocchi. Il mio obiettivo era di raggiungere il maggior numero di persone possibile, spesso anche regalando cd in giro a vari personaggi del settore: vorrei che il nuovo cd di y:dk uscisse in condizioni migliori di quello precedente. Già l'idea di non doversi sobbarcare tutte le spese di produzione sarebbe un passo avanti...

Rockit: In ">>" ci sono diversi pezzi cantati in italiano: come mai questa scelta per te quasi inedita?

y:dk: I Technogod sparavano in alto e in lungo, possibilmente oltreoceano. Io sono di madre lingua inglese, quindi cantare in inglese, oltre ad essere la cosa più naturale per me, era anche una carta in più per aprirsi un varco nei mercati inglesi e americani oltre a quelli storicamente anglofili in Europa (Germania, Scandinavia, Paesi Bassi). Purtroppo, mi sono reso conto che non importava tanto in che lingua cantavo perché nei paesi nei quali a noi interessava essere presenti i Technogod erano comunque un gruppo italiano e, quindi, ininfluente. Il nostro grande errore è stato di non falsificare le nostre biografie dicendo di essere del Minnessota. Tanto nessuno se ne sarebbe accorto. Gli americani sono molto strani nei confronti della musica "estera". Per loro è molto "interesting" che un gruppo europeo faccia del rock e canti in inglese. Se vai in un negozio di dischi americano un po' specializzato, un gruppo come gli Uzeda (malgrado facciano del 'rock' e cantino in inglese) li troverai nella sezione 'world' ovvero musica etnica, nella sezione Italia insieme ad Eros Ramazzotti, Lucio Dalla e la Pausini. Per sfondare nel mercato anglo bisogna trasferirsi in Inghilterra ed entrare nel grande circo. Detto tutto ciò, continuo a fare cose in inglese perché è la mia lingua, le cose in italiano le faccio quando mi vengono naturali e non sono delle traduzioni. Comunque mi interessa lavorare con cantati e campionamenti in varie lingue: oltre all'inglese ed all'italiano nei prossimi lavori ci saranno delle cose in greco e giapponese.

Rockit: A proposito di italiano, l'unico precedente era nella versione in lingua italiana di "(we don't need this) fascist groove thang", rielaborazione attualizzata per la penisola, allora governata da Berlusconi, del pezzo degli Heaven 17. In ">>" come negli album precedenti c'è attenzione anche per temi sociali o "politici" nel senso più lato del termine...

y:dk: Nei Technogod mi dannavo l'anima per scrivere testi impegnati, con temi specifici e spesso anche provocatori. In otto anni di lavori è successo molto raramente di intrattenere dei discorsi con nostri ascoltatori o giornalisti riguardo ai nostri testi. La realtà è che al giorno d'oggi la gente non ascolta i testi più di tanto. Il messaggio deve essere breve, con concetti semplici, diretti e possibilmente in rima, come nelle manifestazioni in piazza o nelle curve degli stadi. Diciamo che in ">>" ho lavorato su cose più personali dove non per forza c'è un messaggio. Il cantato è parte integrante della musica, chi vuole cercare e capire ben venga. I testi non li pubblicherò più nei libretti dei cd (se qualcuno mi manda una mail richiedendo i testi, glieli mando volentieri). Il prossimo cd dei Technogod sarà quasi esclusivamente strumentale o con campioni parlati.

Rockit: ">>" è, forse in misura addirittura maggiore dei lavori dei Technogod, un disco multiforme, caleidoscopio di suoni e modi diversi, che dà l'impressione di avere riferimenti presi in ambiti anche molto lontani tra loro: tra i tanti, prevedibili o insospettabili, ne hai qualcuno di particolare importanza? E quale è il collante che tiene così ben compattata una materia musicale così variegata?

y:dk: L'approccio è alchemico (scusa il termine) nel senso che spesso si crea delle sonorità nuove o particolari creando abbinamenti di suoni e ritmi molto disparati. Nei Technogod abbiamo sempre voluto dare una connotazione rock alla musica elettronica (i primi EP sono dei primi anni '90, NdI). Adesso la chiamano crossover, ovvero la commistione di un genere musicale con altre sonorità e generi. La musica elettronica di per sé è una forma che ormai è molto ambigua: usare sequencer e campionatori non vuol dire che si faccia della musica elettronica, dipende da cosa si campiona. Comunque mi piace molto l'atteggiamento che ha Norman Cook nel fare musica. Lui fa del rock del 2000. Per quanto riguarda il mio album, il collante è spesso una atmosfera che da continuità a brani che musicalmente e stilisticamente possono variare.

Rockit: Le cover: nell'ultimo album dei Technogod era toccato agli Heaven 17 (con il pezzo citato sopra), questa volta Richard Thompson e Luigi Tenco: anche in questo caso una varietà estrema...

y:dk: Beh, presto toccherà agli Stranglers ed a Simon & Garfunkel, Gino Paoli e...

Rockit: Quale motivo ti ha spinto a lavorare su qualcosa con una nuova ragione sociale, pur senza abbandonare il progetto Technogod?

y:dk: La MOX/Noisehouse productions l'abbiamo creata per dare una continuità d'identificazione delle nuove produzioni, da ">>" in poi. Dei Technogod sono rimasto solo io, e infatti la band, per ora, esisterà solo come progetto discografico. In programma ci sono due cd dei Technogod (un cd con la raccolta dei remix e un nuovo album), il nuovo cd di Phoeb, il nuovo cd di y:dk, vari cd di campioni...

Rockit: Due domande che si sono sentiti fare mille volte i vari Thievery Corporation, Kruder & Dorfmeister, Jazzanova, Le Hammond Inferno, etc, e che anche tu, facendo parte della stessa categoria, non ti eviti: tra i tanti artisti passati per le tue/vostre mani, qual è il remix al quale ti è piaciuto di più lavorare? E quali tra i tuoi colleghi manipolatori apprezzi maggiormente?

y:dk: A parte il fatto che non mi sento affatto parte della suddetta categoria, anche perché sono tutti gruppi che non mi dicono assolutamente nulla, sono semplicemente tappezzeria sonora per gente che non vuole sentirsi obbligata ad ascoltare della musica ma vuole solo del sottofondo... I remix in Inghilterra servono soprattutto per riempire i cd singoli con materiali inediti, non sempre per fare ballare, e per finanziare artisti che non vendono molto oppure non hanno contratti discografici, però si mantengono facendo remix. Uno dei pochi che ha rilanciato un brano e lo ha fatto diventare una hit è stato Norman Cook. Ma questa è una eccezione. In Italia non si è mai capito perché le case discografiche commissionassero remix, se non per il fatto che fosse di moda: non sapevano cosa farsene. Il nostro remix di "CRX" dei Casino Royale fu presentato come "Video Remix della Settimana" su MTV però, per motivi oscuri, il remix non fu pubblicato in cd se non in versione limitata per le radio. Il remix che ci ha dato più soddisfazioni è stato quello di "Kissing the sun" degli Young Gods: ci piace molto per come l'abbiamo realizzato, oltre al fatto che il singolo, con i vari remix, è stato "Singolo della Settimana" su Melody Maker, e fu pubblicato sia in vinile che in cd singolo per la Interscope negli USA.

Rockit: Nonostante una ricettività del pubblico enormemente cresciuta, e brecce sempre più frequenti (se non addirittura successi clamorosi (Norman "Fatboy" Cook, K&D, Moby...), anche se solitamente importati) a livello di mercato, per chi fa elettronica in Italia e non si prostituisce all'ibrido spudorato con il pop gli spazi non sono generosi, a partire dalle scarsissime occasioni per suonare dal vivo (mentre le cover band continuano a fare tour trionfali...): come vedi la situazione attuale (a livello di gruppi, di etichette, di pubblico) in rapporto al recente passato e i suoi sviluppi nel futuro a breve e medio termine?

y:dk: Io penso che chi fa elettronica nuda e cruda alla Aphex Twin non abbia una gran speranza di venire fuori in Italia; Moby, Fatboy Slim etc. ci insegnano che le cose che funzionano di più, e che io trovo più interessanti, sono le cose ibride. Usare un campionatore nel 2000 è come usare una chitarra elettrica negli anni '70, il 4 piste a bobine adesso si è trasformato in scheda audio per pc, quindi parlare di musica elettronica al giorno d'oggi è molto nello standard. Subsonica e Bluvertigo usano molta elettronica, sicuramente più in studio che dal vivo. I dischi di Ramazzotti, Baglioni etc. sono elettronici, anche se non apertamente. Penso che in futuro anche in Italia ci saranno sempre più cose ibride...

Rockit: La "nuova scena" bolognese della prima metà degli anni novanta (Disciplinatha, Massimo Volume, Mumble Rumble, Splatterpink, Technogod, solo per fare qualche nome) ha prodotto dischi indubbiamente di ottimo livello qualitativo, ma ha racimolato davvero poco in termini di vendite, contando frequenti militanze condannate all'underground o addirittura scioglimenti, a fronte di "successi" rari e limitati, soprattutto se confrontati, senza andare troppo lontano, con quelli più o meno contemporanei di band milanesi (Bluvertigo, Casino Royale, Afterhours, La Crus...) o piemontesi (Africa Unite, Subsonica, Marlene Kuntz, Mau Mau...). D'altra parte, l'Emilia Romagna, con il suo capoluogo in prima linea, continua probabilmente a meritarsi nettamente la qualifica di regione più musicale d'Italia, valutando gruppi, locali e iniziative: è stata solo questione di sfortuna o qualcos'altro? E chi vedi a guidare la riscossa bolognese?

y:dk: Mi sembra che città come Torino e Milano siano più musicali di Bologna. A Torino ho sempre visto una scena che cresceva abbastanza compatta. In quella città ci sono molti posti per fare concerti, i gruppi si aiutano e comunicano fra di loro, i vari gruppi che sono emersi non erano casi isolati, e non erano isolati dal resto del mondo. I gruppi che citi, guarda caso, sono quasi tutti Mescal, o Casi Umani. Queste agenzie spesso sono state co-responsabili di concretizzare e far progredire la carriera di questi gruppi. La città alla fine serve per darti lo spunto, dopo di che, se non c'è una infrastruttura in grado di gestirti i concerti, i contatti discografici, etc. ovvero tutto quello che trascende il fare musica, il gruppo non va molto lontano. La maggioranza dei gruppi bolognesi che hai citato, tranne i Massimo Volume (ora Mescal) e, per certi versi, i Disciplinatha, sono rimasti abbandonati a se stessi, e rimangono soli a lottare. I Lunapop e Bersani sono i gruppi che guidano la riscossa bolognese... e scusa se è poco...

Rockit: Per concludere, i consigli: cosa c'è di buono da ascoltare oggi in Italia, e cosa al di la' delle Alpi? Quali sono, secondo te, i migliori tra i dischi usciti nel 2000?

y:dk: Cosa sto ascoltando? Non so se sono del 2000: John Martyn "Glasgow Walker", Titan, Deadlights, P.O.D., The The, la raccolta di Johnny Cash, la raccolta di Patsy Cline, l'ultimo di Photek, l'ultimo di Bone Thugs & Harmony, "Willenium" di Will Smith, colonne sonore italiane anni '60-'70, "Microchip emozionale" dei Subsonica...

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L'articolo Intervistiamo George Koulermos y:dk, via email di teo è apparso su Rockit.it il 2001-02-27 00:00:00

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