Chi è Edy? Facile: è un cantautore di quelli che non troviamo nelle classifiche di fine anno, che non riempie i palasport né i palinsesti tv. Un artista indipendente, nel vero senso della parola. Il suo ultimo lavoro è un concept ep dal titolo Chi ha sparato al Presidente?. Un mini disco, lo chiama. È composto da tre cover: la prima è Tutta mia la città, resa famosa dall'Equipe 84 nel 1969, a sua volta cover italianizzata da Mogol di Blackberry Way dei The Move. Poi c'è la rivisitazione di Un giorno dopo l'altro di Luigi Tenco e una versione lenta ed evocativa, che tocca anche l'elettronica, di Zeta reticoli, successone dei Meganoidi del 2003. L'inedito, che dà il titolo all'ep, è scritto da Giorgio Maria Condemi e Matteo Scannicchio, quest'ultimo anche produttore, che sono chitarra e tastiera di Motta e collaboratori, tra gli altri, anche di Zero Assoluto e Marina Rei.
"Io non lo volevo fare un ep, non è un’idea che mi piaceva, figurati... Però è accaduto che a febbraio del 2020, mentre stavo ultimando il tour di Variazioni (il mio album d’esordio), il lockdown abbia fermato tutto. Poco male per me, suonavo da più di un anno in giro, ho pensato che sarebbe stato un buon periodo di riposo. Così il primo mese tutto alla grande. Poi ho iniziato a realizzare, come tanti, che quello stand by forzato sarebbe durato tanto, troppo e il mood è decisamente cambiato, in peggio!", mi dice della sua ultima fatica.
E ancora: "Con un triplo salto mortale all’indietro mi sono messo ad ascoltare a palla Luigi Tenco e mi sono accorto che frasi come “un giorno dopo l’altro e tutto come prima, domani sarà un giorno uguale a ieri” sembravano scritte per rappresentare le mie emozioni di quel momento e credo anche quelle di altri. Ma quanto cazzo è attuale quel pezzo? Morivo dalla voglia di fare una mia versione di Un giorno dopo l’altro, anche se i mostri sacri non si toccano, non si devono scomodare! O sì? Insieme al mio amico e musicista Matteo Scannicchio ci siamo approcciati a questa canzone in punta di piedi, ma anche con l’ambizione di “poppizzarla”. Il risultato ci ha convinto, tanto da decidere di continuare. La mia seconda scelta è stata Tutta mia la città, perché anche in quella canzone ritrovavo sensazioni in linea con il momento che stavo vivendo: la solitudine di un uomo disperato che attende in una città deserta che qualcosa accada, le lancette di un orologio ferme… e poi io adoro il beat italiano".
Una vera colonna sonora del lockdown, a cui mancava qualcosa: "Appena mi sono messo in modalità attesa, sono arrivati Matteo e Giorgio Maria Condemi con Chi ha sparato al Presidente?. Mi hanno detto che il pezzo aveva bisogno del mio graffio. Perfetto, ben arrivati ragazzi. La canzone mi è piaciuta subito, l’ironia con la quale si affronta il tema della libertà mentale e del bisogno di proteggere sempre “dall’assalto delle tigri” la parte più assertiva e libera di noi. Il Presidente è dentro ognuno di noi sin dalla nascita, poi qualcuno decide di metterlo in lockdown, uccidendo la parte più libera di noi stessi. Chiude l’ep una versione trascendente di Zeta Reticoli. Una canzone generazionale, importante per le immagini che il testo suggerisce: resilienza allo stato puro, sangue che pulsa nelle vene mentre attendi prima del ritorno. Mi sembrava il miglior modo per completare il lavoro. Ecco come è nato l’ep che non volevo!"
Tanta energia per un artista che gira dal 1996, dal primo demotape coi Jasminrock, di cui ricorda il primo demo su nastro, 2000 copie vendute. Per quelli della Generazione Z occorre ricordare che prima dell'internet, vendere una tale mole di cassettine ai concerti col passaparola non era affatto semplice. Di band ce n'erano meno e per veicolare la propria musica c'era un unico modo: suonare in giro. "Oggi escono una marea di singoli al mese: sicuro che la musica italiana abbia bisogno di tutta questa proposta? Non sarebbe meglio meno e solo di livello? La risposta per me è ovvia, ma io non faccio il mercato. D'altra parte, il web ha dato la possibilità a tutti di dire “io esisto” e questo, per me, è solo positivo".
Da artista indipendente, l'anno pandemico è stato davvero duro. Abbiamo seguito molte storie di lavoratori e musicisti che hanno addirittura dovuto cambiare mestiere, Edy invece ha lottato, nonostante il mostro sia stato bello tosto: "Potrei dirti che ho avuto più tempo per leggere, ascoltare musica nuova, studiare, bla bla bla... ma sono stronzate. La pandemia ha provato ad abbruttirmi, a rendermi peggiore e per un momento ce l’ha fatta, solo che io sono un tipo parecchio combattivo e con le unghie e con i denti sono uscito da questo stato di “sospensione”, almeno psicologica. Poi è chiaro che, dal punto di vista della progettualità, puoi fare poco. Per un artista indipendente ha davvero poco senso far uscire un album (che sono almeno 2 anni di lavoro) senza poterlo condividere live con il pubblico. Anche perché i live restano la principale fonte di cassa nella musica indipendente".
In ultima analisi, cosa può salvare la scena italiana in un futuro post pandemico? Edy ha le idee chiare in merito: "La musica buona. Quella bellissima. Coraggiosa, sincera, libera. Poi, in generale, cambiare le condizioni professionali, troppo spesso precarie, nelle quali tutti - nessuno escluso (anche i nomi più importanti che vi vengono in mente) - abbiamo accettato di lavorare. Siamo stati gli ultimi della fila, dal punto di vista della considerazione (mi riferisco ai Recovery plan), presi per giullari da intrattenimento, e questa è stata anche colpa nostra. Non ci siamo presi sul serio. Forse non conosco un settore così poco codificato come la musica in Italia. C’è bisogno di chiarezza, di leggi e contratti chiari fra le parti. E che venga riconosciuto che siamo generatori e diffusori di cultura, siamo un settore che incide sul PIL e che dà lavoro a più di 400.000 persone in Italia. Che abbiamo diritti, quindi anche doveri".
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L'articolo Edy e le cover che salvano la vita di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2021-05-03 15:11:00
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