L'anima di un film è nella sua colonna sonora?

Lo abbiamo chiesto ad Emanuele Sacchi, l'autore di "50 x 35 mm", un libro che racconta 50 colonne sonore da conoscere o (ri)scoprire

Pulp Fiction
Pulp Fiction - Pulp Fiction, fotogramma via movieplayer.it

Emanuele Sacchi, critico cinematografico e musicale, recentemente ha pubblicato "50 x 35 mm", un libriccino in allegato alla rivista Rumore. Si tratta di un libro che raccoglie e spiega 50 colonne sonore indispensabili che dovremmo assolutamente conoscere o (ri)scoprire, scelte tra i sentieri meno battuti della letteratura di genere (insomma, in questo libro non ci troverete un grande classico come Il Laureato, per fare un esempio). L'abbiamo incontrato per fargli qualche domanda sul libro e farci raccontare come sta evolvendo il rapporto tra cinema e musica, soprattutto in Italia. Qui ne trovate la versione digitale, mentre il libro in versione fisica può essere richiesto a questo indirizzo.

Prima di tutto, perché hai deciso di scrivere questa guida?
L’idea di fare qualcosa del genere girava da un po’, e io e Rossano Lomele, il direttore di Rumore, avevamo pensato di indirizzarla verso le guide tascabili che accompagnano da venti e passa anni il numero estivo della rivista. È una lunga tradizione con cui sono anche cresciuto da lettore, quindi sono felice (e lusingato) di aver contribuito con qualcosa di mio. Per un altro verso la rete è piena di Top qualunquecosa e le colonne sonore non sono esenti dal virus. I dischi scelti poi sono sempre i medesimi, anche perché Tizio copia Caio via Google, e così volevo ridar vita a molte pepite ingiustamente sepolte nel sottosuolo.
L’idea alla base della guida era quella di evitare sentieri già percorsi infinite volte, riproponendo gli stessi dischi che si trovano in 5 minuti su Google. Qualche classicissimo come Trainspotting non si può non mettere, ma per il resto spazio alle scoperte. Il mondo in buona parte non conosce l’importanza o l’esistenza di Man Parrish, o di Wicker Man, o ancora di Andrzej Korzynski o di Repo Man, ed è tempo che rimedi.

Pensavo di trovare film come Il Laureato o Tropic Thunder, invece no. Con quale criterio hai selezionato le colonne sonore per la guida?
Un mix di gusti personali, “senso critico” e soprattutto volontà di far scoprire cose ignote. Volevo che ci fossero dei lavori per i quali si può dire che esistano “un prima e un dopo”; per le influenze su alcuni DJ (penso agli Osanna e a DJ Shadow), per l’influenza sullo sviluppo di interi generi musicali (penso a Judgment Night). Senza The Wicker Man o La planète sauvage non esisterebbero interi generi musicali. In molti mi hanno ringraziato per aver fatto loro scoprire La planète sauvage o Belladonna of Sadness e lo ritengo il miglior complimento possibile. La guida è nata proprio per questo: far scoprire ai lettori delle perle che magari un giorno potranno ispirare un loro campionamento, i testi di una canzone, un romanzo, chissà.
Il laureato è un capolavoro, ovvio, ma tutt’altro che una scoperta. Tropic Thunder ha una colonna sonora cool, ma non vedo un “prima e un dopo” quella colonna sonora. War di Edwin Starr, gli Steppenwolf o i Creedence sono classicissimi, le scelte “sorprendenti” sono forse gli Enigma o MC Hammer. Ma dietro la soundtrack non c’è un concetto così forte o un elemento che la renda unica, a mio avviso. Entrerebbe nelle 300 migliori, forse, non nelle 100.

(Marie Antoinette di Sofia Coppola)

Sono felice di aver letto nel tuo libro che film come Drive, Maria Antonietta e Judgement Night senza la colonna sonora che gli è stata ricamata attorno non sarebbero poi così belli. Sono esempi di come una scelta perfetta dei brani possa fare davvero la differenza. Al contrario, ti vengono in mente colonne sonore così sbagliate da rovinare un film?
Sì, ad esempio vedo molti film dell’Estremo Oriente e sul più bello sono spesso deturpati da un plin-plin di pianoforte insostenibile. Non so perché ma nel cinema commerciale coreano e cinese (cinematografie che amo e seguo assiduamente per lavoro) capita più spesso che altrove. Esempi non me ne vengono, ma ecco, non so come sarebbe un film come Molto forte, incredibilmente vicino, che ho detestato, senza quei violini insopportabili che lo accompagnano dall’inizio alla fine. Probabilmente non mi piacerebbe ma di certo ne guadagnerebbe.

I miei cd di "Trainspotting" e di "Paris Texas" di Ry Cooder sono consumati. Entrambi rappresentano qualcosa, da una parte la riscoperta per i più giovani di alcuni volti, primi fra tutti Iggy Pop, Lou Reed e il brit pop, dall'altra la nascita di un nuovo genere, il Desert Rock. Ci siamo già inventati tutto? Non abbiamo più niente da far scoprire, musicalmente parlando, tramite i film?
C’è sempre da scoprire e da far scoprire. È sempre più difficile stupire e stupirsi, se mi passi la massima da Baci Perugina. Ogni forma d’arte si reinventa: film come Holy Motors, dischi come quelli di Frank Ocean ci stupiscono. E se cinema e musica continuano a stupire, lo farà anche il connubio tra le due. Certo, le zozzerie aumenteranno sempre, ma quella è l’entropia che cresce, lo dice anche il secondo principio della termodinamica.

Nella tua guida, su 100 pellicole, solo 5 sono italiane. Non hai incluso Nino Rota, Morricone e nemmeno Piovani, con cui vinceremmo senza colpo ferire. Perché questa scelta?
A onor del vero Morricone c’è ed è presente con due dischi: I giorni del cielo e Diabolik. Non ci sono suoi spaghetti western, ma l’idea alla base di questa guida era di evitare di ripercorrere sentieri scontati. Nino Rota è un grandissimo di fronte a cui mi inchino, ovvio, ma qui c’entra anche il target. Siamo su Rumore, dopotutto, e la “rumorosità” della cosa ha un suo peso. John Carpenter è più “rumoroso” di Rota, come Sato Masahiko lo è più di Hans Zimmer. Morricone è classico e rumoroso insieme, tradizionale e sperimentale; non avrebbe mai potuto rimanere fuori.

(Sergio Leone ed Ennio Morricone)

Al di là di questi autori in particolare, ed esulando dai capolavori storici, perché negli ultimi decenni in Italia non si è riusciti a creare delle colonne sonore che rimangano nella memoria? Tra Sorrentino e i vari Vacanze di Natale, ci dev'essere una terra di mezzo…
Di sicuro il cinema italiano e la sua deriva dei “telefonini bianchi” non ha aiutato. Molto, per fortuna non tutto, del cinema commerciale nostrano ha privilegiato storie di corna, ambientazioni borghesi, rimestando nella tradizione. Anche in termini di colonne sonore. Morricone il suo spazio lo trovava perché era un genio, ma anche perché i Leone, i Bava e i Fulci si giocavano tutto, mettevano in scena cose folli rischiando di prendere pomodori in faccia a ogni piè sospinto. Oggi questa cosa qui è merce rara. Con ciò, si realizzano ottime cose anche in Italia: tra i primi 50 ho messo Song e’ Napule degli italianissimi Pivio e Aldo De Scalzi, proprio “esterofilo” non sono, dai.

Apriamo il capitolo Tarantino: nella guida ci sono "Death Proof" e "Le Iene" ma vogliamo parlare di "Don't let Misunderstood" di Santa Esmeralda? Fino al 2003 una delle prime canzoni messe dai dj come svuota-pista e che invece, grazie a Tarantino, è protagonista di una delle scene di combattimento più belle degli ultimi 13 anni.
Tarantino è uno di quei casi in cui tanti lavori potevano finire nella guida, ma ho cercato di contenere a uno massimo due titoli per regista e/o per compositore. "Death Proof" è un film e una colonna sonora sottovalutatissima. "Kill Bill" la conoscono in parecchi, anche se non si sono visti i due film per intero o se li sono sbadigliati abbondantemente (per quanto riguarda il secondo episodio, anche con qualche ragione).



Come vedi il futuro delle colonne sonore? Secondo te può ancora nascere un nuovo Morricone o si andrà sempre più verso il dominio dei music designer? Oppure ancora gli artisti cominceranno a comporre colonne sonore ad-hoc come fece Neil Young per "Dead Man" di Jarmush?
Credo che molto sia legato alla fine che farà il “disco”. Anche perché molto di come è cominciato nella storia commerciale del “disco” è legato alla musica per il cinema. Molte delle colonne sonore selezionate in questa guida sono state pensate anche per il potenziale commerciale del relativo disco e non c’è niente di male in questo. La speranza (e la possibilità) che nasca un nuovo Morricone c’è sempre, magari sotto altre forme, musicalmente “reincarnato”. Quando si parla di arte sono ottimista (e un po’ buddista). Purtroppo è uno dei pochi casi in cui lo sono.

Nel 1978 Brian Eno pubblicò "Music for films", una colonna sonora immaginaria. Con che film lo accoppieresti o che film gireresti partendo dalle sue musiche?
Bella domanda, anche perché le “colonne sonore immaginarie” sono un capitolo a sé della faccenda, che mi sarebbe piaciuto infilare nella guida. Ci sono interi progetti come The Cinematic Orchestra, nati attorno a questo concetto. O un brano come Theme for an Imaginary Western di Jack Bruce, che adoro. Dovendo accoppiarlo a un film esistente, direi "Gerry" di Gus Van Sant. Ma sarebbe interessante anche togliere Cohen da "Fata Morgana" di Herzog e “rivederlo” con Eno. Insomma, non chiedermi perché, ma ci vedo il deserto.

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L'articolo L'anima di un film è nella sua colonna sonora? di Carlotta Garavaglia è apparso su Rockit.it il 2016-11-25 12:59:00

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