Io non riesco a credere che nessuno mi potrà fermare. Non riesco a credere che cederò nel vuoto. Ma se una stella scende io ti rivolgerò il mio pensiero. Non è poi così difficile distendere il mio sguardo. Come la sabbia si alzerà, scorre via tra le mie mani. È così inutile legarti a un istante ma il sogno cresce e non perdona il mio silenzio.
Eversor – Fammi sorridere
Parte 1 – Introduzione
Sono un ragazzo semplice: ho formato la mia cultura musicale leggendo centinaia di riviste musicali. Mi son imbattuto negli Eversor come sarà successo a molti. Quando Eddy Cilia nel 1993 spinse tra le righe del Mucchio Selvaggio i pesaresi come "la più intelligente band di hardcore dopo i Negazione", mi sono fidato. Io ero nella fase della vita in cui hai appena scoperto i Fugazi e gli Hüsker Dü grazie a quel tuo amico "che sta avanti", ed aver affiancato la musica HC ai miei ascolti da foruncoloso appassionato di metal di qualche anno prima è stata un po' una rivelazione.
Nati sette anni prima a Gabicce, gli Eversor erano nel '93 alle prese con un 7" atipico, con Paul Chain sul lato A. Fammi sorridere sarà il primo brano di quel disco, con sonorità prettamente emo-core, dopo un passato decisamente thrash metal.
Formati originariamente dai due fratelli Marco Morosini (basso e voce) e Lele Morosini (chitarra e voce) assieme a Stefano Scola (batteria), sono figli dello stesso circuito politico e ideativo dei Kina e acquistano fin da subito una statura sonora e concettuale unica ed elevatissima.
Gli Eversor furono, tra il 1988 e il 1998, una mina vagante, grazie a un sound meticcio in grado di ricordare ora i classici del genere come Big Drill Car, Descendents e Mega City Four, ora realtà altre come gli Smiths, Slint e Sad Lovers and Giants. Conquistandosi l'affetto e l'ammirazione (ma anche lo snobismo da parte dei soliti puristi HC e SxE) di molti ragazzi come noi, sia in Italia che all'estero.
Negli anni hanno militato diversi musicisti nel gruppo, e dalla fine degli Eversor nacquero i The Miles Apart, sempre con la forza dei fratelli Morosini, insieme a Luca Bartolucci (ex Ossessione) e Stefano Tombari (ex Sprinzi). La storia recente, invece, parla di un bel 12" a nome Eversor appena uscito, Closer. Un disco nato per supportare Marco dopo una grave emorragia cerebrale che lo ha colpito nel 2019, e tuttora lo costringe a una lunga riabilitazione. Fammi sorridere si conclude con i versi: "Per una volta il senso può tradire il sentimento / Ma non è difficile / Io vivo ciò che sento". Mai parole furono più azzeccate.
Parte 2 – I magnifici 7: le 7 tappe fondamentali nella storia degli Eversor
1989. Lele Morosini (chitarra e voce), Marco Morosini (basso) e Stefano Scola (batteria) sfornano The Cataclysm, sei tracce di puro thrash metal. In cabina di regia c'è Paul Chain, che non riesce a nascondere tutte le ingenuità del caso. Si sorride un po' a risentire gli scream di un Lele nemmeno maggiorenne, ma il potenziale è complessivamente buono.
1991: Dopo un anno in giro con Madhouse, Impact, Kina e altri, esce la cassetta di Live At Manicomio 30-3-91 con i Kina. Inizialmente come un vero e proprio bootleg, poi semi ufficiale (ma sempre in cassetta). Oggi una rarità, oltre che una chicca, per i fan di entrambe le band.
1992: Uomini contro, in combutta con gli Accidia, è il canto del cigno della fase promiscua. Anche se passa un po' in sordina, il brano Youth Has Gone ha forse il primo tiro di HC californiano, anche se il cantato non è ancora levigato come sarà negli anni a venire.
1993: Fammi sorridere è sia l'unico brano degli Eversor in italiano che il vero spartiacque tra la fase metal e quella dell'hardcore melodico.
1996: September esce su Green Records. Cambio di logo, cambio di stile, per uno di quei dischi da avere assolutamente. Leave Me Behind e Protective sono le canzoni preferite di sempre di Marco. E la title track e So Much Hate restano ad oggi dei classici del genere. Aware si concede anche una chitarra acustica in tempi non sospetti. Si aprono le porte per un tour in Giappone.
1997: Esce lo split con i Tempo Zero. Due tracce, In the Treshold e Shield, che da sole vi daranno da pensare a quanto gli Eversor avrebbero meritato molto di più. Neanche a dirlo, adorabili anche i brani dei Tempo Zero di Aosta.
1998: Breakfast Club, il terzo e ultimo disco della band, sempre su Green Records. Fenomenale: la ristampa è del 2006 e leggenda vuole che i Fine Before You Came riuscirono ad ottenere il primo contratto discografico con Green Records, durante un loro concerto. Nello stesso anno esce anche lo split con i grindcore Comrades, tanta roba anche lì.
Parte 3 – Chiacchiere con Lele
Closer possiede un'energia positiva straordinaria. Oltre che per la maturità tecnica e la consapevolezza artistica acquisita negli anni, mi sembra che nelle sue tracce predomini il passaggio dal nichilismo becero sia di certo thrash che di certo punk a una visione più completa, combattiva e (quindi) coraggiosa del presente.
Coraggio, voglia di riscatto, rabbia, aspettative sono tutti elementi peculiari che hanno da sempre contraddistinto le sonorità e i testi degli Eversor e dei Miles. In questo disco forse più che in altri, seppur velati spesso da sonorità nostalgiche e sognanti, è predominante il desiderio di cambiare, di fronteggiare la realtà, di fare appello a tutte le risorse disponibili, di aggrapparsi a quella "forza del sogno" di cui parlavano i Kina. È stato un anno difficile e duro per tutti, quando ti ritrovi a dover affrontare certe situazioni drammatiche non ti è permesso defilarti, puoi solo fronteggiare le giornate che si susseguono armato di coraggio e speranza.
La domanda più importante: Marco ha ascoltato il nuovo lavoro. Quali sono state le sue reazioni a Closer?
Dice che è meraviglioso, poi dopo cinque minuti toglie il disco e mi fa sentire l'ultimo degli Asphyx e dei Sodom (ride, ndr). A parte tutto, durante la registrazione è stato presente per un intero pomeriggio e durante certi brani si è perfino commosso. Ma credo che abbia fatto un po' di scena solo per farci piacere!
Dalle ceneri degli Eversor nacquero, sempre grazie a te e tuo fratello, The Miles Apart. Quanto in questa scelta contribuì la difficoltà, tipica dell'ambiente rock, da parte dello "zoccolo duro" di comprendere la vostra evoluzione dal thrash metal al punk rock?
Il nostro passaggio alle sonorità punk rock è stato molto spontaneo e graduale. Impossibile non essere influenzati dalle riviste che leggi, dai posti in cui suoni, dalle band con cui condividi il palco, e la nostra attitudine è sempre stata molto in linea con il modus operandi della scena hardcore punk, non per niente siamo entrati presto in sintonia con gruppi come Kina, contribuendo peraltro alla nascita della Circus Rec., Impact e altri. Suonavamo quasi esclusivamente in centri sociali e da sempre appoggiavamo la scelta del DIY. C'è stato un periodo, a inizio anni '90, una sorta limbo in cui forse non appartenevamo né ad una scena musicale né ad un'altra, ma suonavamo quello che più ci divertiva e ci veniva spontaneo. Poi nel 1994 registrammo Friends e suonammo uno o due anni dopo alla Two Days of Struggle di Padova, splendido evento organizzato da Giulio della Green Records, e da quel momento fummo accolti a braccia aperte dai più dell'universo punk e comunque sempre stimati e benvoluti negli ambienti metal.
Leggi ancora di musica? Ci credi che ci sono ancora riviste metal e rock che rivelano palesi remore anche solo a nominarlo, il punk. Come se Napalm Death o Entombed dovessero vergognarsi di quel passaggio. Voi che avete condiviso il movimento tanto con i Kina che con Paul Chain, tanto con gli Accidia che con i Madhouse, che ne pensate?
Leggo pochissimo di musica, se non biografie e retrospettive. Quelli che mi citi come esempi sono giudizi sterili che per quanto mi riguarda lasciano il tempo che trovano. Quello che rimane fondamentale è l'attitudine delle persone e se vogliamo la loro coerenza, ma non musicale bensì di predisposizione. La musica cambia, si rinnova, è in continua evoluzione e non puoi biasimare un gruppo per le scelte stilistiche, eventualmente per l'aspetto umano. Menzioni Paul Chain, gli Accidia, i Madhouse; suonavamo generi diversi ma eravamo sulla stessa lunghezza d'onda; stessi punti di vista e stesso modo di vivere e intendere un discorso musicale, così come è stato con i Kina, con Stefano Giaccone e la Banda di Tirofisso, quello è l'aspetto fondamentale. Non riesco a scindere la persona dall'artista, guarda Morrissey di cui sono sempre stato un grandissimo fan, come ha detto Billy Bragg: "È stato il portavoce di tutti i quelli sentivano di non avere un posto in società ed ora vota For Britain, partito antisemita di estrema destra". Cavolo, non sono riuscito a neppure comprare l'ultimo disco, lo considero colpevole di alto tradimento!
Nel vostro sound è stato trovata spesso affinità a sonorità altre. In passato agli Smiths, mentre ho sentito accenni ai Cure in Hold The Rain. Viene da pensare che vi stia propriostretta la rigidità settaria della "combriccola punk".
La combriccola punk è sempre stata la nostra famiglia, anche qui per una questione forse più attitudinale che musicale. Lo split con i Comrades penso sia la perfetta sintesi di questo concetto. Spaziamo tutti da un genere all'altro e gli ascolti sono i più disparati. Ovvio che in fase compositiva concorrano tutte le influenze più significative e che hanno marcato da sempre la tua crescita musicale. Personalmente sono sempre stato sedotto dalle sonorità british ed è inevitabile che qualche passaggio possa richiamare certe band che tu stesso hai citato.
Nel corso della vostra carriera avete registrato materiale in compagnia di gente come Braid o Loverman, che ricordo hai di queste esperienze? Era davvero così facile creare collaborazioni di questo tipo in un periodo storico, la fine degli anni 90, in cui la vita social era praticamente pari a zero?
Ho ricordi straordinari di ognuna di quelle collaborazioni. Non era facile organizzare tour e contattare band soprattutto estere, ci voleva molta dedizione perché dovevi passare ore ed ore dietro una scrivania a scrivere lettere, spedirle, fare tante telefonate; una qualità che ha sempre avuto Marco. Se siamo riusciti a divertirci e a vivere certe esperienze lo dobbiamo senz'altro a lui. Non era facile, ma era bello ed eccitante perché i contatti con gli altri gruppi li prendevi soprattutto ai concerti, veri e propri punti di ritrovo. Ci si vedeva, ci si parlava vis à vis e si progettavano uscite e date.
Credi che quando questa situazione Covid terminerà, con la chiusura di decine di locali, i
CSO potrebbero essere la vecchia/nuova risposta, diciamo dal basso, al mondo dei concerti dal
vivo?
Difficile rispondere, non ho certezze e credo che nessuno le abbia riguardo alla ripresa post-covid. Frequento pochissimo i centri sociali, semplicemente perché in zona non ce ne sono e prima della pandemia andavo solo ai concerti che più mi allettavano. Siamo cresciuti nei centri sociali e dobbiamo tantissimo ad alcuni di questi, ad altri meno, specie quelli che ti facevano salire sul palco alle due di notte dopo sei ore di viaggio (ride, ndr). A parte tutto siamo molto legati a certe realtà. Negli anni '80-'90 solo in questi potevi trovare certi libri, ascoltare certi gruppi a prezzi modici, svolgere attività alternative. Sono stati fondamentali.
È vero che Fammi sorridere è stata ispirata dai Ritmo Tribale? Cosa ne pensi o pensate di
Edda da solo?
Ho consumato Kriminale, ci sono affezionatissimo. Vorrei e non vorrei, Kosì dolce, Uomini erano i miei brani, quando andavo al liceo salivo sul pullman, mettevo le cuffie del walkman, appoggiavo la testa al finestrino e facevo partire i pezzi. Un album che mi ha tenuto per mano per tanti anni. Edda a me piace molto, certi lavori come Graziosa utopia sono meravigliosi e poi dal vivo è proprio bravo. Quindi sì, direi che Fammi sorridere sia stata fortemente ispirata al loro sound. Il periodo è quello che è, senza girarci attorno.
Che cosa è per te il punk? Cosa rappresenta oggi? E in senso più ampio hanno ancora importanza le canzoni per come le abbiamo sempre intese?
Nelle ultime battute del documentario sui Kina, Se ho vinto se ho perso, Gianpiero chiude un discorso dicendo: "Non è mai un'avventura musicale, è un'avventura umana". Ecco, in un certo senso questo concetto racchiude quello che io ho sempre pensato del punk. Un modo di vivere e approcciarsi alla musica e alle situazioni di tutti i giorni parlando e vivendo determinate esperienze con la gente, maturando le proprie idee nei confronti delle industrie musicali, delle istituzioni e del quotidiano, e credo che il sentimento base che faccia da collante per la musica punk hardcore sia la rabbia. Espressa con sonorità melodiche o aggressive ma comunque una sorta di rancore per una serie di circostanze che vivi nel quotidiano su cui non puoi sorvolare, dall'arroganza di chi ti sta vicino all'ignoranza di certe persone, soprusi, ingiustizie, frustrazioni.
Torniamo al presente: nel dicembre 2019 è uscito un pezzo dei Suburban Noise, ora questo
12", sempre nel segno di Marco, adesso cosa succederà, Covid permettendo?
Proseguire con gli Eversor sarebbe l'obiettivo principale, vedremo l'evolversi della situazione. Abbiamo tutti famiglia e Luigi ha appena avuto il sesto figlio! Ci sono altri impegni oltre al lavoro ma tra noi si è creata una splendida alchimia e vorremmo tornare in sala prove non appena ci sarà consentito. Qualche concerto magari? Sarebbe un sogno!
C'è un legame particolare che vi lega ad Alessandro Baronciani, che del 12" cura la bella veste
grafica?
Con Alessandro ci conosciamo dai primi anni '90. Ricordo che venivano lui e Gianni degli Altro a casa nostra ad ascoltare i dischi e parlare di musica. Quindi il legame c'è ed è anche piuttosto forte anche se poi ci siamo persi di vista per tanti anni. A volte mi capita di leggere qualche sua intervista e non perde mai l'occasione per menzionare gli Eversor quando le domande vertono sulla scena musicale pesarese e questo lo trovo molto carino nonché gratificante.
Un'ultima curiosità da adulto che è sempre stato fuori dall'ottica delle conventicole chiuse e strette: Luca Benni di To Lose La Track so per certo che è un grosso fan degli Eversor, lo sapete già e avete mai pensato di pubblicare qualcosa con TLLT? Io vi vedrei benissimo all'Italian Party di Ubertide.
Luca Benni è un ragazzo straordinario. Mi piacerebbe molto fare qualche collaborazione in futuro ma questo 12" è nato in due mesi, abbiamo registrato e poi abbiamo mandato i brani alle persone con cui ero più in contatto e soprattutto con cui Marco aveva un forte legame. Mi è subito venuto in mente Roberto Hellnation e Giulio Repetto con cui abbiamo condiviso gran parte del percorso degli Eversor e dei Miles. Alessio Assurd, perché aveva anche ristampato diversi lavori e fatto uscire l'ultimo 7" dei Miles e Stefano di Elsa Dischi che ho incontrato per caso e con cui abbiamo sempre avuto un ottimo rapporto. Detto questo, se ci sarà un altro Italian Party sarebbe bello parteciparvi!
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L'articolo Eversor: una mina vagante hardcore sugli anni '90 di giorgiomoltisanti è apparso su Rockit.it il 2021-02-24 10:21:00
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