Abbiamo raggiunto Fabrizio Cammarata al telefono mentre stava provando "qualcosa di nuovo, qualcosa di bello, qualcosa di grande". Assieme a lui abbiamo parlato di viaggi, reali e ideali, di mappe interiori e di stelle fisse. Ne è venuta fuori una chiacchierata sui suoi progetti futuri e non solo.
Fabrizio ti abbiamo lasciato, anzi ritrovato, neppure un mese fa con una nuova canzone, dal titolo molto evocativo “Timbuktu”. Ci stai forse dicendo che dal Messico di “Un mondo raro”, il precedente album realizzato assieme a Dimartino e dedicato alla grande artista Chavela Vargas, ti sei spostato in Africa per cercare nuove sonorità?
Guarda tutto l'immaginario mio è molto legato al viaggio, non soltanto come tema ma anche come viaggio reale, concreto, fisico insomma. Per me viaggio ha che fare anche con quella mappa geografica che ognuno di noi possiede e che via via si cerca di scoprire il più possibile. E quindi come il Messico, anche Timbuktu andava proprio in questa dimensione di viaggio dato che è un posto che può essere inteso come posto vero ma anche come un posto interiore. Ad esempio questa capitale del Mali è una città di 30.000 abitanti piuttosto anonima però sapevo che in tantissimo, specie viaggiatori e scrittori occidentali, l'avevano dipinta come una città mitica. Questo status era legato al fatto che Timbuktu è la prima città che si incontra dopo aver fatto 52 giorni di viaggio a dorso di cammello attraverso il Sahara. Ecco perché era considerata una specie di Eldorado. Ci arrivavano in pochi a Timbuktu, quindi è un posto lontano, che non si sa bene se c'è e nella mia storia c'è qualcuno che manda una lettera ma non si sa se la lettera arriverà o meno a destinazione. Dato che se il destinatario non ci crede non ne verrà raggiunto.
Quindi ci stai dicendo che qualcosa sta bollendo in pentola? Anche perché il tuo “collega” Dimartino ha già fatto molto parlare di sé pochi giorni fa con l’annuncio di un nuovo album e di un nuovo tour…
Guarda mi avete beccato proprio mentre stavo facendo le prove in saletta, quella che chiamo simpaticamente "cantina", quindi diciamo che sono molto focalizzato su questo. Ci sto lavorando quindi tanto, anzi tantissimo e ormai si è proprio alla fine della produzione...
Quindi ci puoi dire se uscirà o meno un nuovo album?
Ma certo il nuovo album uscirà il prossimo 29 marzo perciò manca veramente molto poco. Negli ultimi tre anni devo dire che sono stato davvero prolifico a livello di dischi, almeno per i miei standard, anche se grandi differenze da un album all'altro. Per esempio il mio ultimo disco, uscito a novembre del 2017 quindi praticamente un anno fa, si può leggere in perfetta antinomia rispetto a questo nuovo. Long Shadows, il disco precedente infatti, rimanendo nella metafora del viaggio, e dei luoghi dell'anima andava a ricercare nella mappa il bordo, la parte non segnata, il lato che rimane all'oscuro. Questa ricerca dell'anfratto più nascosto serve per orientarsi ma con il nuovo lavoro torniamo prepotentemente sulla mappa geografica, per esplorare quello che è la luce e quello che sono i colori. Anche la lavorazione è molto diversa, essendo stata quasi improvvisa: sono entrato in sala di registrazione senza avere canzoni, ma lasciandomi andare nel momento, un po' come negli anni Sessanta per capirsi. Ovviamente è stato più facile mantenendo la stessa squadra di musicisti e di produzione.
“Timbucktu” ce lo conferma ma è meglio chiedere: continuerai a cantare in inglese anche nel prossimo disco? Anche perché il nome della capitale del Mali si può scrivere in tantissimi modi ma tu hai scelto proprio quello della grafia all'inglese.
Beh è una città che si può scrivere in molti modi diverso ma ho scelto la grafia all'inglese proprio perché scrivendo e cantando in quella lingua mi pareva più coerente anche dal punto di vista fonetico. Quindi sì è stata una scelta molto naturale la mia. Questa canzone era stata scelta inizialmente come singolo però, proprio per quel discorso che ti facevo prima di immediatezza e compattezza dell'intero disco, che è stato preparato in modo un po' folle durante un paio di settimane trascorse, insieme a tutti i musicisti, in un grande casolare della campagna spagnola, Timbuktu portava un po' fuori. Ecco allora perché non l'abbiamo alla fine inserita ma lasciata a risplendere di luce propria.
Per prepararti a dovere in questo nuovo progetto quale musica e artisti hai ascoltato in maniera più o meno ossessiva/compulsiva?
Nel disco precedente avevo delle stelle fisse ben presenti da Bon Iver a Benjamin Clementine. Questa volta, vuoi per quell'unità di cui parlavamo prima e della già citata immediatezza, non ho avuto ascolti così fondantivi. Forse proprio per questo motivo, il nuovo disco lo sento "mio" di più di tutti gli altri, perché è fatto proprio con i miei colori, senza farmi prestare la tavolozza da nessun altro.
Spulciando il tuo profilo Instagram non abbiamo non potuto notare questa foto molto interessante una sorta di statua di Venere botticelliana di fianco ad un orinatoio. E non sappiamo neppure come abbiamo trovato potesse risultare un’immagine molto calzante della tua musica: dalla forte bellezza, molto poetica diciamo ma anche legata alla terra, alle cose di tutti i giorni, proprio anche ai bisogni fisici. Insomma è un trip malato che ci siamo fatti oppure c’abbiamo colto?
Allora è un'interpretazione molto suggestiva! In realtà quando ho scattato quella foto non è che abbia fatto tutto questo viaggione, per rimanere in tema, però mi piacciono queste parole e le sento molto mie. Come dicevo prima mi paiono coerenti con il mio percorso da artista. In fondo noi siamo fatti di spirito certo ma anche di carne, quindi ben vengano connessioni tra questi mondi.
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L'articolo Viaggi mistici per chitarra e voce: i prossimi progetti di Fabrizio Cammarata di Mattia Nesto è apparso su Rockit.it il 2018-12-27 11:29:00
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