C'è qualcosa di folle ed encomiabile a voler provare a seguire la carriera da artista oggi. Per carità, non è mai stato facile, e allo stesso tempo non è mai stato così facile come adesso, per certi versi: più o meno chiunque può registrarsi i propri brani in cameretta e lanciarli nell'etere, poi quel che succede succede. Questo è qualcosa di meraviglioso, ma è anche qua che è insita la fregatura: le barriere d'ingresso sempre più fragili – per non dire inesistenti – sul mercato discografico l'hanno reso un terreno ipersaturo e schizofrenico, come dimostra la quintalata di brani che ogni settimana rimpolpa il New Music Friday (agosto a parte, almeno in Italia). Quindi, come si fa?
Ovviamente non c'è una regola univoca, certo è che anche tutti i player del mercato si regolano di conseguenza, portando il processo di scouting a giocare ancora di più d'anticipo. Come esempio abbiamo preso il caso di Chiara Ludovica Giorgi, in arte Clode, che ha fatto il suo primo live proprio questo gennaio al nostro evento La Notte dei CBCR, a dimostrazione che sulla sua musica ci crediamo parecchio. Romana, classe 2003, è stata proprio la prima a esibirsi quella sera: aveva appena un singolo pubblicato, Antipatica, ma aveva già un ufficio stampa, un'etichetta alle spalle e uno studio di registrazione che ci ha puntato forte e con cui ha realizzato l'ep che sarebbe poi uscito a luglio, Labile. A tutte queste persone abbiamo chiesto di raccontarci come funziona lanciare un progetto emergente oggi, non per demoralizzare chi vuole in futuro (o già adesso) lanciare un progetto discografico, ma come un necessario "avviso ai naviganti" che dia un minimo di idea alla situazione che si va ad affrontare.
La prima interpellata è Clode stessa, che ovviamente non aveva idea di come funzionasse il music business prima di metterci la testa dentro. "Probabilmente non ne ho una visione completa neanche adesso: è un mercato estremamente esteso e in quanto tale credo che ci vogliano anni per comprenderne a fondo le dinamiche", ci ha spiegato. "A 17 anni il mio unico obiettivo era quello di trovare qualcuno disposto a produrre la mia musica. Non credo che entrare nel mercato sia la cosa più complessa, oggi l’autoproduzione e l'auto distribuzione semplificano molto questo aspetto. La vera sfida è riuscire a rimanerci e a emergere tra le innumerevoli proposte".
E da questo punto di vista, non manca un certo senso di responsabilità rispetto all'andamento del progetto, che Clode sente chiaramente su di sé: "Qualcosa che ho percepito da subito è la pressione per il fatto che altre persone investivano su di me. In generale la pressione che deriva da ritmi e scadenze da rispettare può entrare in conflitto con la natura intrinseca dell’espressione artistica; oggi c’è l’abitudine di pretendere e fornire il prodotto artistico con estrema velocità e “ricambio”, ed è sicuramente un aspetto che può risultare frustrante. Nonostante questo non ho avvertito una forte competizione, perché con la digitalizzazione musicale sembra esserci spazio per tutti, se si ha qualcosa da dire. Forse io sono stata anche tutelata dall'avere intorno persone che non mi hanno imposto il confronto con i numeri, ma che hanno posto il focus su l'entusiasmo di lavorare con passione e sulla qualità del prodotto e della performance".
Lo stesso approccio alla discografia per Clode è stato un po' un caso. A notarla per prima è stata Veronica Proia, che lavora presso l'agenzia di booking DNA ed è amica della sorella della cantante. È stata Veronica a segnalarla prima a Valerio Errico di Studio Nero, studio di registrazione dove Clode ha realizzato i suoi primi brani. "Abbiamo scelto di investirci perché, seppure in forma molto grezza, abbiamo visto in lei delle potenzialità nel gusto, nella scrittura e nella voce. Credo che si tratti semplicemente di affinità e quindi di attrazione, quindi difficile da spiegare, ma per fortuna succede. Abbiamo fatto tante, tante, tante sessioni con l’obiettivo di creare un piccolo repertorio e insieme un’identità musicale. Abbiamo usato approcci diversi nel tempo, partendo dalla scrittura di un beat, o da una melodia vocale, o ancora da un giro armonico. A un certo punto ci siamo guardati e abbiamo capito che avevamo in mano un ep. Abbiamo fatto girare il materiale tra i nostri contatti e per fortuna abbiamo avuto la conferma che quello che avevamo fatto non piaceva solo a noi".
Già qua è evidente un primo scoglio di ingresso: la necessità di trovare un match tra artista e un produttore che ci noti qualcosa, abbia voglia, tempo e risorse per puntarci forte. Altrimenti il rischio è fare qualcosa che si perda immediatamente, come afferma ancora Valerio: "È senza dubbio presente un livellamento vero il basso che fa sembrare superflue molte delle uscite settimanali. Un principio in assoluto virtuoso come “molte più opportunità per tutti” sta mostrando il suo contrario negativo: siamo in un'epoca che fa del consumo bulimico il suo marchio di fabbrica. In questa ottica noi siamo fortunati per una serie di ragioni: in primis siamo a Roma, se resisti qua a fare musica tutto sommato vuol dire che senti proprio l’esigenza di dire qualcosa. In questa città ormai totalmente fuori dal mainstream si fatica a trovare il proprio sweet spot".
Valerio è stato poi il punto di contatto con Gabriele Minelli, A&R di Universal, che ha portato immediatamente Clode in major. Non un passaggio scontato, come si può intuire: con soli 5 brani c'è stato l'immediato interesse per farla firmare con un'etichetta importante. Al netto del talento che Clode può avere, siamo già a un numero non indifferente di connessioni e di "folgorazioni" musicali. "Quando abbiamo cominciato a parlarci, i brani di Clode erano già ad un buon punto di lavorazione. Inizialmente il progetto è stato firmato per Virgin Music LAS (sotto-etichetta di Universal, ndr), era la struttura ideale per ‘incubare’ il progetto Clode, facendolo partire dal basso e seminando a livello comunicativo", spiega Gabriele. "Al mio passaggio in Island (altra sublabel di Universal, ndr) a marzo, la nuova label ha immediatamente accolto Chiara e le sue canzoni: è un’artista e un tipo di progetto che in Island mancavano, e che in prospettiva può davvero rappresentare una grande sorpresa".
È sempre Gabriele a dare la misura di quanto entrare in un'etichetta così importante sia quasi un terno al lotto: "Entro in contatto ogni anno con una miriade di progetti nuovi, ma la possibilità di lavorarci dipende sia dal progetto in sé che dal roster e dalla struttura della label o dal momento ‘storico’ del mercato. Progetti che richiedono grande lavoro di sviluppo sono certamente i più complessi per una major, ma sono spesso anche quelli che in prospettiva possono arrivare a una maggiore solidità a livello artistico e di pubblico. La forza di un progetto simile sta sempre e prima di tutto nelle canzoni e nella determinazione dell’artista, nella sua voglia di crescere e nella sua disponibilità al lavoro e alla crescita. Non tutti gli artisti devono avere la medesima traiettoria a livello di carriera: è cruciale però evitare di fare tentativi, di provarci, appunto, col proverbiale ‘braccino’".
Arriviamo quindi all'ultimo passaggio della catena: l'ufficio stampa. Qui è stata coinvolta Gabriella Esposito dell'agenzia Foresta Promotion, la prima a far sentire a noi giornalisti musicali la musica di Clode. Gabriella è ben abituata a districarsi con il numero gigantesco di artisti che hanno un progetto da promuovere: "Dare un numero preciso è difficilissimo, soprattutto perché lavoro principalmente con emergenti, in particolare con progetti alla prima pubblicazione. Per scelta non ne seguo più di 10/12 l'anno, soprattutto se parliamo di esordi: il lavoro su progetti da lanciare e posizionare è molto più intenso di quello su un progetto avviato, e questo a mio avviso non si può fare seguendone 30-40 l'anno. Inevitabilmente qualcuno poi resta indietro o viene lavorato male. E non c’entra neanche la quantità di persone coinvolte sul lavoro, ma di proposte che si vanno a fare: non possiamo chiedere ai media di investire spazi e attenzione su un esordio a settimana. Se poi andiamo anche ad analizzare i vari canali quindi web, stampa, radio, ci sono gradi di difficoltà maggiore in base al network. Quello radiofonico resta oggettivamente il più ostico per gli emergenti".
È ancora Gabriella a darci la sua prospettiva rispetto al percorso intrapreso da Clode fino adesso: "Clode dalla sua ha la fortuna di aver avuto un esordio molto strutturato, già nella fase di produzione e di scrittura è stata affiancata da professionisti, ha pubblicato con una major, è seguita da un'agenzia di comunicazione, ha un team manageriale. Questi elementi innegabilmente sono un acceleratore, non solo perché danno la possibilità di essere affiancati da professionisti, ma anche perché condizionano positivamente la percezione esterna sul progetto. Le opportunità rispetto a un esordio indipendente sono maggiori. Il lavoro sugli emergenti non è facilitato dalla pubblicazione bulimica a cui siamo esposti, anzi. C'è un esubero tale di proposte che rende più complesso il tutto, e anche un desiderio spasmodico di vedere i risultati in tempi brevissimi, per cui sembra che le cose debbano accadere subito e se non accadono è spesso un problema".
Tutte queste testimonianze su un solo progetto discografico danno un'idea di quante siano le persone messe in gioco e quanti gli sforzi per farlo funzionare. C'è tutta una serie di professioni messe in campo con un unico scopo, per di più con al centro un'artista ancora molto piccola, per quanto talentuosa, figurarsi quando si parla di big ascoltati da milioni e milioni di persone. Per cui sì, è vero che tutti possono fare musica oggi come oggi e sognare (vivaddio) di poter dedicare la propria vita all'arte, ma per una Clode su cui viene puntato forte, esistono sciami interi di musicisti che rimangono nascosti negli abissi.
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L'articolo Per fare musica oggi il talento non può bastare di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2024-08-09 09:52:00
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