Fare Soldi sono un duo di producer e dj che con ep mixtape album e tanti tanti party da vent'anni diverte e fa ballare in Italia e all'estero. Li abbiamo incontrati per parlare della loro ultima uscita "21+". Un album maturo (come suggerisce il titolo) vivace e orgogliosamente house.
A quelli che non hanno sudato ai vostri party, volete presentare Fare Soldi?
Quasi 20 anni fa due disgraziati decidono di fare musica assieme mescolando molte cose che pensavano sbagliate. Tanti anni in giro per l’Italia, poi tanti anni in giro per il mondo. Risultato: musica per ballare, sudare e sorridere.
Come siete diventati dj? Con quale disco è scattata la scintilla?
Diremmo che il liberi tutti arrivò per noi con “Discovery” dei Daft Punk: quel disco emanava ed emana a tutt'oggi una luce ed una libertà a tratti ineguagliate: pop, groove indiscutibili, la capacità di piacere a più livelli di lettura, dal cafone allo snob. Lì abbiamo sentito che avremmo potuto veramente usare il groove per compiere qualsiasi misfatto ci girasse per la capa.
Una selezione di remix a 360 gradi, mixtape, ep e adesso finalmente un nuovo album: come è nato?
“21+” è il nostro quinto album in 14 anni dall’uscita del primo. È sicuramente il più importante e quello dove qualcosa è cambiato, facendoci sentire più adulti e maturi. E difatti "21+" è l’età minima per entrare nei club negli Stati Uniti.
L’album gode di featuring di livello altissimo: come sono nate le collaborazioni con M+A e Godblesscomputers? E soprattutto come avete convinto Sam Sparro?
Tutti le collaborazioni sono nate in modo molto naturale, con Sam poi è stato sicuramente un colpo di fortuna perché ci eravamo sentiti perché gli era piaciuto moltissimo il nostro remix per Kendrick Lamar, e abbiamo scoperto essere nostro grande fan.
Voi siete maniaci del groove: come nasce il vostro? Avete dei canoni precisi? Quanto avete studiato un disco come "Discovery" di cui in questi giorni si festeggia il 15° compleanno?
Il groove negli anni per noi è diventato un’autentica ossessione: sappiamo che certi elementi ci porteranno dove vogliamo, ma non esiste una formula precisa. Diciamo che c’è un certo rigore metrico che viene però reso selvaggio dal fatto che amiamo lavorare con sample, che hanno rimasugli di armonizzazioni, fruscii ed altri piccoli elementi che danno colore al sound.
(La copertina di "21+")
"Discovery" è uno dei nostri dischi da isola deserta, ma come dicevamo prima, non solamente per i groove. Sono rimasto impressionato dalle linee di basso perché ho sempre pensato sia la parte più difficile nel costruire una traccia dance: voi quanto ci lavorate?
Fare Soldi ha un solidissimo background funk e disco, per cui diciamo che il basso ha un ruolo di un certo peso, sarebbe innegabile. Abbiamo diversi iter a riguardo: a volte scriviamo tutto da zero noi, oppure se vogliamo qualcosa di più particolare stravolgiamo qualche sample di basso raccolto da mille vinili comprati negli anni, che sono tutti raccolti in un posto che noi chiamiamo “la campionaia”.
In "21+" si sente tutta la vostra passione per Daft Punk, l’Alan Braxe di "Intro", ma anche Dimitri From Paris (personalmente ritengo "A Night At The Playboy Mansion" una vera bibbia) o le prime cose di David Guetta (quello di "Radio FG" per intenderci). Tra le altre cose avete inciso anche per Kitsunè che non è una delle cose più banali del mondo; eppure c'è chi si ostina a dire che il french touch è morto.
Ormai siamo in giro da un po’ d’anni per aver vissuto tanti momenti diversi, dall’electroclash alla fidget, alla dubstep, fino all’edm e ora a questa specie di housetta blanda che, immaginiamo, nella mente di chi la fa dovrebbe riecheggiare in qualche modo alla deep. Eppure in tutti questi anni house, techno e disco ci sono sempre state: certo, momenti migliori, momenti peggiori, ma non se ne sono mai andate, e hanno sempre avuto il loro seguito. Noi siamo certamente tra la house e la disco, e forse uno dei suoi apici è stato quel french touch di cui citavi vari nomi. Nel mondo ci sarà sempre un ragazzino che prima o poi finisce davanti ad un vinile della Crydamoure, lo ascolta e ci impazzisce. E questo è molto consolante.
Siete apprezzatissimi in Francia, soprattutto a Parigi dove il french touch è quasi un inno nazionale: lo sentì dal panettiere e al ristorante; è il suono che accompagna la quotidianità.
Noi in Italia abbiamo una grande tradizione house eppure… siamo sempre stati molto abili a vergognarci del nostro passato, per fare i cool con trend che non ci appartengono. Un caso a riguardo fu una decina di anni fa la riesplosione della italo disco da parte di gente come Todd Terje o Lindstrom, che scoprivano ogni giorno gemme nascoste italiane, mentre da noi uno come Simonetti dichiarava che lui quei dischi li faceva solo per pagare il mutuo e che era scandaloso li si preferisse ai Goblin. In Francia è diverso, hanno uno spirito nazionalistico spesso esagerato su certe cose, ma sanno che quel sound è stato il loro apice nel mondo e, con mille variabili ed aggiornamenti, non hanno intenzione di dimenticarsene mai.
Voi siete orgogliosamente oltre la nu disco: siete propriamente house. Si ha sempre la sensazione che quando si chiama in causa la musica house si parli del lato “meno pregiato” dell’elettronica, quasi fosse un genere semplice e per nulla intellettuale. Siamo arrivati al punto di dover tenere in alta considerazione solo la musica poco orecchiabile?
Il mondo della musica dance in generale paga a nostro parere l’orrendo scotto di avere una funzione principale: provocare piacere e divertire. Questa cosa ad un sacco di producer non va giù perché, oltre a commettere l’errore di credere che sia di per sé una cosa facile, pensano di apparire e risultare stupidi in questo. Per cui hai orde di producer che parlano di arte e cultura riguardo alla loro musica, ma lo fanno sbagliando i congiuntivi e avendo letto quattro libri nella loro vita. Buttano giù un beat in 4/4 su Ableton Live, lo ricoprono di pretenziosità, ed eccoci qua. La house è un mondo dove hai la perfezione stilistica di certi canoni come i Masters At Work e Four Tet che fa un remix di un’intera ora, quindi grazie a dio è un paesaggio ancora dove si può variare un sacco, e questa forse è anche una delle chiavi dell’essere un genere evergreen. L’hi hat di una 909 è come un riff punk di 3 accordi: culturalmente è ormai un classico e la nostra mente lo riconoscerà per sempre come tale.
La gente ai party vuole ballare: mi sembra che con Venerdì Credici – e non solo - voi abbiate trovato la soluzione perfetta: qual è la tattica?
Il nostro Venerdì Credici è uno dei progetti di cui andiamo più fieri: dopo tanti anni passati a suonare in giro per il mondo, avevamo voglia di farci un party come lo vediamo noi nella nostra città, Udine. Lo abbiamo messo in piedi assieme ai ragazzi di Cas*Aupa, e ormai da due anni è uno degli appuntamenti più divertenti del nostro mese e anche di quello della città. Le regole sono semplicissime: prezzi popolari, nessuna cazzata vip, niente tavoli o altre menate, nessuna lista o prenotazione. Al Venerdì Credici si viene per ballare, e se vuoi entrare, l’unico modo è venire presto, anche perché di solito verso mezzanotte siamo già sold out. Dentro ci siamo noi che mettiamo disco, house e, in caso di qualche Ceres di troppo, anche qualcosa di techno. I ragazzi ballano fino a che ne hanno e c’è gente che si fa anche 200 km ogni mese per venirci, manco fossimo nel 1993.
Per una volta saranno altri a remixare voi: che nomi vorreste?
Qualche anno fa, un discografico truffaldino particolarmente banfone ci fece la stessa domanda, garantendoci qualsiasi nome grazie ai suoi potenti mezzi. A te facciamo gli stessi nomi che scrivemmo a lui: Armand Van Helden e Soulwax.
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L'articolo Fare Soldi: il groove prima di tutto di Mirko Carera è apparso su Rockit.it il 2016-03-08 11:01:00
COMMENTI (1)
Meraviglierrimi! (così, tanto perché va di moda inventare parole)