Foto Profilo è la nostra rubrica di interviste con la quale continueremo a seguire la nostra vocazione primaria: presentarvi validissimi e nuovi artisti italiani. Le regole sono semplici: con ogni risposta, una foto. Oggi tocca agli Hidden Hind, band dalla provincia di Brescia, dedita a un sound tra lo shoegaze e il dream pop e anche molto attenta ai testi.
Cominciamo con le presentazioni. Chi siete, da dove venite, cosa fate, dove andate...?
“Un fiorino!”
Noi siamo gli Hidden Hind e ci permettiamo pure di citare Benigni e Troisi. Siamo cinque: Alessandra Testoni, Gianluca Raia, Davide Rosa, Alberto Ronca e Gabriele Lussignoli, tutti di Brescia e dintorni. Ci piace fare shoegaze, ma anche un sacco di altri generi, così come ci piace ascoltare lo shoegaze, e anche un sacco di altri generi; spesso litighiamo sui generi musicali che ci piacciono, e di brutto anche. Lo diciamo sempre: non siamo quasi mai d’accordo su cosa sia degno d’ascolto, e questa è una cosa fantastica perché quando mettiamo il becco in ciò su cui stiamo lavorando lo facciamo in modo unico ed opposto l’uno all’altro. Dove andiamo figurarsi se lo sappiamo; noi procediamo, e nel frattempo stiamo a vedere che succede. Per ora, pare stiano succedendo cose molto belle.
Da dove viene il nome Hidden Hind? Ha una storia o un significato particolari?
Il nome l’ho inventato io, Alessandra (la cantante). A volte mi chiedono se sia io la “cerva nascosta” citata nel nome, e questa è una cosa piuttosto esilarante. Non c’è nessuna cerva nascosta da nessuna parte. Il nome viene da uno di quei momenti in cui la mente si oppone allo studio, e si mette a vagare per sentieri per lo più sconosciuti; in quel particolare caso aveva fatto sì che da qualche giorno mi continuasse a ronzare intorno l’ultima parola del secondo verso del sonetto “Whoso list to hunt” di Thomas Wyatt (uno di quei Sir del Cinquecento inglese annoiati ed incredibilmente abili a sputare poesie): “hind”. E poi niente, ho cercato automaticamente una parola che potesse dar vita ad un accostamento di suoni piacevole, o almeno non del tutto sgradevole. “Hidden Hind”.
“Gli Hidden Hind suonano come se i Ride fossero nati 20 anni dopo nella East Coast”. Ci sono altri mondi musicali a cui fate riferimento a parte quelli ovvi shoegaze/dreampop?
Ce ne sono a bizzeffe. Potremmo occupare pagine e pagine e dar vita all’ennesima rissa all’interno del gruppo stando ad elencare, come detto prima, le mille individuali e differenti influenze; sicuramente nel nostro patrimonio universale occupa un posto privilegiato l’indie-rock dei Pavement e dei Built to Spill, l’art rock di St Vincent, lo stregante suono dell’etichetta 4AD (Dead Can Dance e Red House Painters in particolare), l’immenso underground americano 80s e 90s (Fugazi, Flaming Lips, Cat Power…), anche se forse il decennio a cui dobbiamo di più è lo scorso (Arctic Monkeys, Joanna Newsom, Sufjan Stevens, The National, Battles). Parliamo di artisti che hanno tutti un ascendente indiretto ma potente su di noi e sulle nostre sonorità, oltre che essere stati indubbie fonti d’ispirazione in ciò che abbiamo composto finora. Siamo felicemente confusi! Dicendola in modo banale, in questo primo lavoro ci siamo concentrati sui gusti in comune e abbiamo suonato ciò che in quel momento ci andava più di suonare. La cosa interessante sarà cercare di far emergere dal calderone tutte le nostre influenze (ovviamente magari lasciando da parte quelle più estreme) per creare nuovi suoni, soluzioni armoniche e arrangiamenti, in modo da raggiungere una nostra identità ancora più forte e rinnovarci in continuazione.
I vostri testi sono descritti come “flussi di coscienza fra surreale e letteratura”. Da dove viene l'ispirazione? C'è qualche autore in particolare che vi “guida”?
Anche i testi sono miei (Alessandra)! Ci tengo a dire che ci tengo che si capisca che ci tengo ai testi, e ci tengo che tutti imparino a tenerci, ai testi. I miei possono essere definiti flussi di coscienza se si pensa al modo in cui nascono: mi siedo sul letto ed il mio cervellino dà vita ad un processo di selezione delle parole filtrandole attraverso la melodia su cui devo lavorare e poi facendomele scarabocchiare su un pezzo di carta, come da tradizione. Il surreale e la letteratura sono “mystery boxes” da cui amo attingere sempre, per qualsiasi occasione; l’uno perché è universalmente affascinante e inevitabilmente interessante, e l’altra perché è un po’ il mio pane quotidiano e, a mio avviso, uno specchio magico che riflette la realtà umana trasformandola in qualcosa di magico. Ed è assolutamente divertente pensarla così essendo la cantante di un gruppo che fa un tipo di musica in cui, spesso, ai testi viene dato un valore del tutto secondario!
Cosa dobbiamo aspettarci per il futuro?
In questo ultimo periodo delle nostre vite siamo riusciti a vedere in che modo il futuro ti si costruisce davanti, passo per passo. Partendo dal principio della formazione del gruppo fino a raggiungere l’uscita del nostro primo lavoro, "Hidden Hind EP", nei maggiori store digitali, bisogna passare attraverso l’esperienza della registrazione/produzione al T.U.P. Studio e dell’imparare a far tesoro dei consigli del nostro produttore Alessio Lonati, raggiungere la Mystery Room Mastering di Justin Perkins e, soprattutto, fermarsi un attimo a ringraziare i ragazzi della Sherpa Records, perché senza di loro potevamo sognarci tutto ciò che ci sta accadendo, e Alberto Zordan di HOODOOH per l’aiuto basilare. Poi, terminato il momento strappalacrime, si può guardare al futuro, che per ora ci pare ricco di eventi e sorprese. Sicuramente un piccolo tour, lavorare, come già detto, sulla nostra identità e magari un disco in cantiere.
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L'articolo Foto Profilo: Hidden Hind di Letizia Bognanni è apparso su Rockit.it il 2016-01-28 10:41:00
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