Gazebo Penguins: chi siamo, da dove veniamo e perché poghiamo?

"Temporale" è il nuovo disco della band di Correggio, disco frutto degli studi filosofici di Capra - e dell'ossessione per la pubblicità del silicone - con al centro il cervello. Ce lo siamo fatti raccontare da loro, assieme all'assurdo mockumentary sul pogo che ne accompagna l'uscita

Gazebo Penguins - foto di Gio Fato
Gazebo Penguins - foto di Gio Fato

“L'attesa, essenzialmente, non c'è stata”. Capra e Sollo descrivono così il periodo di tempo compreso tra l’ultimo live dei loro Gazebo Penguins dello scorso tour, al Locomotiv di Bologna lo scorso settembre, e il giorno in cui ci vediamo per parlare di Temporale, il loro nuovo album appena uscito. Mesi di intensa preparazione che hanno portato la band a non premere mai davvero il tasto “pausa”, complice il fatto di aver chiuso il tour di Quanto, il disco precedente, e le registrazioni di Temporale praticamente in contemporanea: quasi un passaggio del testimone da un disco sulla materia ad uno sulla mente, che i due Penguins ci hanno raccontato a ruota libera.

Temporale, il vostro nuovo disco, ha il cervello come filo conduttore. Come avete scelto questo tema? E quali sono gli aspetti della ricerca sul cervello che vi hanno affascinato di più, e in che modo faranno parte del disco?

Capra: Qualche anno fa ho avuto l’idea di iscrivermi a Filosofia, e in vari esami che mi erano piaciuti molto l’argomento era proprio quello del rapporto tra il cervello come organo e quello che dal cervello emerge, cioè la mente. Sembrava qualcosa di proficuo, e parlandone con gli altri ci siamo detti di provare. Se in Quanto avevamo provato ad analizzare la materia, quindi chiederci “dove siamo?”, in questo nuovo disco abbiamo provato a raccontare chi siamo, e che cosa ci rende quello che siamo.

Sollo: Capra ha portato tutti i testi, corredati da una serie di spiegazioni e documenti per poterci informare e contestualizzarli; la parte “umanistica” insomma. Io invece ho fatto un lavoro di produzione vocale e sulla scelta delle parole. C’è stato un lavoro molto bello di produzione sui testi, per capire insieme come inserire una parola senza cambiare il senso di quanto aveva portato Capra.

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Parlando del nuovo disco sui vostri scocial avete nominato influenze anni ‘80, droni e sintetizzatori: in che modo vi hanno ispirato?

Sollo: Già da Nebbia avevamo inserito dei droni nella composizione. Con “droni” intendiamo fondamentalmente pad, anche solo tastiere riverberate che creano un loop sul quale poi andavamo a comporre. Oltre a questi droni c’è stata l’aggiunta dell'MS-10, un sintetizzatore molto bello sulle basse frequenze che uso in sostituzione al basso, e abbiamo proseguito con questo modo di arrangiare i pezzi anche su Quanto e Temporale.

Capra: Diciamo che gli anni ‘80 tornavano nel momento di scegliere certi suoni. La sfida vera è stata declinare il bello degli anni ‘80 (che non è tantissimo, per quanto ci riguarda) con il nostro sound, per farli coesistere nei momenti in cui sentivamo di poter creare il giusto mood.

Questo è il vostro primo disco con Dischi Sotterranei: come vi siete incontrati con loro?

Capra: Ci siamo incrociati in un sacco di serate. Mi viene in mente l'ultima a Torino, per il premio Buscaglione: quella sera Michele dell'etichetta è stato con noi tutta la serata, ci ha dato una mano al banchetto del merch, era come se facesse parte della band. È successo anche altre volte, specialmente quando capitava di suonare a Padova, e parlavamo di che sogno sarebbe stato lavorare insieme. Quando li abbiamo sentiti per questo disco c’è stato subito un entusiasmo enorme, tant'è che noi abbiamo avuto la confidenza di chiamarli ad ascoltare dei provini, roba orribile, senza nessuna velleità, e dirgli “questo un giorno sarà il nostro disco e ve lo facciamo sentire così”. A loro è piaciuto subito.

Gazebo Penguins - foto di Gio Fato
Gazebo Penguins - foto di Gio Fato

Nel primo dei singoli del disco, Gestalt, raccontate quei momenti in cui entriamo in uno stato di pilota automatico e usciamo da noi stessi. C'è un evento in particolare che ha ispirato questo pezzo?

Capra: La prima parte del pezzo è un'esperienza che vivo tutte le volte che torno a casa di notte. C'è una curva prima della rotonda di Montombraro, e da lì mi sento già a casa; da quella curva la percezione si stacca dalla realtà e quei tre chilometri che mancano è come se scomparissero. Il concetto dietro a Gestalt è proprio un richiamo a quella scuola di pensiero dell'inizio del Novecento che ha esaminato la nostra percezione della realtà, nel senso che la realtà che vediamo è continuamente elaborata dal nostro cervello, e quindi diversa da persona a persona. È come un alpinista e un pittore che guardano la stessa montagna: vedono la stessa cosa, ma l'interpretazione che ne danno è completamente diversa.

Invece in Inospitale parlate di quando ciò che abbiamo dentro la testa senso sembra ribellarsi, quasi a volerci ostacolare. Spiegando il pezzo avete fatto l’esempio di una canzone che entra in testa per non volerne uscire più, spesso contro la nostra volontà: a voi succede?

Capra: A me succedeva in continuazione con le pubblicità in TV. Se qualcuno parla di silicone o se vedo che il bagno di un ristorante è un po' scrostato dietro al lavandino, mi viene subito in mente la canzone di Saratoga silicone sigillante. Sostanzialmente perché mi eccitava tantissimo la pubblicità che raffigurava questa donna a cui veniva montata una doccia attorno con il silicone per farle fare la doccia. Io che avevo 6-8 anni ancora non conoscevo la masturbazione, e quello era il massimo dell'eccitamento che mi era concesso. Nel cervello nascono pensieri che non possiamo controllare, come se la nostra volontà fosse qualcosa di diverso dal cervello che la ospita. E allora sono io il mio cervello, o il mio cervello è qualcos’altro rispetto alla mia personalità? La mia volontà, la mia identità, sono separate da questo cervello che fa quello che non voglio? E da lì è partita l'idea di collegare questa struttura mentale al pogo, che è un po' il senso del clip di Inospitale, attraverso questa metafora forsennata di una situazione in cui non sai quello che ti potrà succedere.

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Come siete passati dall’idea di pogo come luogo potenzialmente inospitale al mockumentary che fa da videoclip? Avevate già l’intenzione di dargli un taglio scientifico?

Capra: Ai ragazzi di Dischi Sotterranei era stato proposto un mockumentary sul pogo, mentre noi avevamo l'intenzione di fare un videoclip per uno dei pezzi, quindi è stato naturale mettere insieme le due cose. Lavorando per rendere la cosa coerente con il resto del disco, siamo riusciti ad elaborare questa sorta di digressione pseudo-scientifica sui meccanismi cerebrali che si attivano durante il pogo. Tra l’altro, uno dei due ragazzi con le sonde in testa quella sera si è spaccato il naso in mezzo al pogo e non ha potuto più proseguire le riprese. Questa cosa è estremamente divertente: alla fine tu devi fare il pogatore professionista in un video e non puoi perché durante il pogo ti sei spaccato il naso. Molto spesso, dopo i concerti un po' più movimentati, la gente ci manda le foto dei lividi, delle maglie strappate, delle croste sulle ginocchia, un piede senza una scarpa che non è stata più trovata. Mi colpisce ancora che questo senso di partecipazione sia così totalizzante che devi condividere le tue ferite di guerra. È molto toccante.

Sollo: Sì, è anche quello che ci ha dato la carica per rimetterci subito a scrivere, perché abbiamo visto che con Quanto c'è stata una risposta che neanche noi ci aspettavamo. Abbiamo visto molti ragazzi giovani pogare e caricarsi, quindi ci siamo caricati anche noi. È sempre da lì che arriva la voglia di scrivere un altro disco.

Cosa vi aspettate dalle prossime date, in cui porterete per la prima volta in giro Temporale?

Capra: Noi facciamo dischi per poi andare a suonare dal vivo e quindi speriamo sempre che siano delle serate che ci ricorderemo volentieri. Considera che abbiamo fatto più di 500 concerti e se qualcuno ci dice “ti ricordi quella volta..?” noi ce la ricordiamo, e anche stavolta il sogno sarebbe che arrivino serate che tra dieci anni ci ricorderemo, perché sarà stato qualcosa di memorabile. 

Sollo: Quello che ci aspettiamo è cercare il più possibile di non rimanere delusi e di non deludere nessuno, quello è la base; e di divertirci, perché lo facciamo per quello. A casa ci rompiamo i coglioni, ci piace andare in giro a suonare in compagnia e poi farci le mangiate il giorno dopo, e ci auguriamo di continuare a farlo.

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L'articolo Gazebo Penguins: chi siamo, da dove veniamo e perché poghiamo? di Daniele Bianchi è apparso su Rockit.it il 2025-03-24 11:00:00

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