I Gaznevada sono sempre dieci passi avanti

Se i Beatles rimettono assieme i pezzi della propria leggenda grazie alla tecnologia, i bolognesi Gaznevada si divertono a giocare con il proprio disco d'esordio "Sick Soundtrack". Ecco com'è nato (e com'è arrivato al Berghain) al "Synth Soundtrack", rilettura sintetica del capolavoro della new wave

I Gaznevada live negli anni 80 - tutte le foto per gentile concessione di Ciro Pagano
I Gaznevada live negli anni 80 - tutte le foto per gentile concessione di Ciro Pagano

Da Sick Soundtrack a Synth Soundtrack. In fondo cambia poco, giusto una manciata di lettere. Invece no, la differenza è abissale. Un po’ come passare da un’era geologica a un’altra. Perché tra il 1980 e il 2023 di ere geologiche ne sono passate parecchie. Avete presente i Gaznevada? Ecco…  

Sick Soundtrack esce nel 1980. Per la band bolognese è il disco della svolta. Robert Squibb (al secolo Ciro Pagano), Chainsaw Sally (Marco Bongiovanni), Andrew Nevada (Giorgio Lavagna), Bat Matic (Marco Dondini) e Billy Blade (Alessandro Raffini) si sono lasciati il punk alle spalle. Il loro primo album eponimo, la “cassettina”, come i diretti interessati hanno sempre amato chiamarla, è ormai relegato a oggetto da museo. La cassettina di cui sopra esce nel marzo 1979 per la Harpo’s Bazaar di Oderso Rubini e rappresenta un agglomerato di rock furioso e disturbante, con un apparato testuale che oggi farebbe rabbrividire persino il più tamarro dei trapper (“Spacco i tubi e le latrine, sodomizzo le bambine” and so on…). 

Bologna, in quegli anni, scoppia di salute. L’esperienza del ’77 è giunta a esaurimento, vero, ma basta con la solita solfa secondo la quale dopo la fine del mai troppo celebrato (è sarcasmo, si capisce, vero?) “Convegno sulla repressione” sia finito tutto, che tutti si siano rifugiati in casa a guardare la televisione. Cazzate. C’è ancora tempo e spazio pour épater la bourgeois, anche se con modalità diverse. Te ne accorgi se frequenti quei fuori di testa del Dams o passi dalle parti del centro e ti fermi in via delle Clavature 20, a pochi passi da piazza Maggiore. Dove alcuni ragazzi hanno occupato uno stabile trasformandolo nella Traumfabrik, la fabbrica dei sogni. Nient’altro che un crogiolo di pazzi, sovversivi, geni e fancazzisti di ogni risma.

Da lì passa la crema della controcultura dell’epoca: Andrea Pazienza, Filippo Scozzari, Stefano Tamburrini, Renato De Maria. È da quelle stanze irte di sacchi a pelo e joint che vengono alla luce i numeri di “Cannibale”, la più dissacrante rivista a fumetti mai pubblicata nel Belpaese. I Gaznevada sono frequentatori assidui della Traumfabrik, logica vuole che la loro musica non avrebbe potuto che nascere e svilupparsi con tonalità nervose e spregiudicate, elettriche e violente. Eppure, tra tanta elettricità, si riesce a intravvedere qualcosa di anomalo. Come il singolo Nevadagaz. Il cui suono è diverso da tutto il resto contenuto all’interno del nastro, finendo per prendere le distanze da quel punk che stava appestando l’aria bolognese e non solo. In pratica, si tratta dell’antipasto di Sick Sountrack.

I Gaznevada, dopo il burrascoso esordio, hanno tutto il tempo per scoprire che c’è vita oltre il punk: la new wave e la no wave stanno collezionando proseliti, perché non immergersi in quei suoni stramboidi, quasi alieni? Robert Squibb e compagni vengono storditi da una compilation curata da Brian Eno, No New York, e cominciando ad andare fuori di melone per i Contorsions, per i Talking Heads, i Devo. Quando la Italian Records, erede della Harpo’s Bazaar, decide di pubblicare Sick Soundtrack, in molti si sentono spiazzati. Non tanto la stampa specializzata, che capisce e sostiene, ma non tutti riescono a capire perché si debba per forza passare dal caos punkettone degli esordi a qualcosa di indefinibile, di insolito: “Il nostro secondo album" ricorda ai microfoni di Rockit Ciro Pagano, alias Robert Squibb "fu accolto come un ufo: eravamo una cosa che non c’era. Non esisteva nulla che suonasse così all’epoca nel nostro Paese, non ci si poteva aspettare un disco così da quel periodo musicale. Si parlava di rock italiano e noi uscivamo con un album che aveva al suo interno contaminazioni elettroniche. Che, ai tempi, significava batterie elettroniche e qualche sequencer con i pattern fatti a mano, nulla di più. Non esisteva ancora la tecnologia che ti portava a realizzare certe cose”.

Ed è per questo che si è materializzato Synth Soundtrack. Una rilettura dell’album originale, pensata come se la band avesse avuto a disposizione la tecnologia di oggi. L’album, un vinile 180 grammi, è uscito per la Italian Records/Expanded e presenta la successione di tutti i brani di Sick Sountrack introdotti, non a caso, da Nevadagaz. Un’idea nata da un incontro/performance nell’ambito di “Gioia e rivoluzione, Rock e ribellione nella Bologna di fine anni ’70”, una rassegna messa su dal giornalista Pierfrancesco Pacoda e realizzata all’auditorium Damslab di piazzetta Pasolini lo scorso anno, ovviamente nel capoluogo emiliano. Pacoda parte con gli Skiantos e i Confusional Quartet, il 24 marzo è la volta dei Gaznevada: Ciro Pagano e Marco Bongiovanni si ritrovano insieme sul palco a ricostruire la storia della loro band tra aneddoti e ricordi. Poi si spostano al computer per attaccare i loro vecchi cavalli di battaglia.

“Da quel momento" riprende Pagano "Sick Soundtrack è diventato, per me, per Marco e Giorgio Lavagna, un tormento. Lo abbiamo riascoltato con grande tenerezza e ci siamo divertiti nel riscoprire certe soluzioni un po’ sempliciotte che avevamo adottato al tempo. Così lo abbiamo ripreso tra le mani non per fare un remix, ma un re-work. Ed è nato Synth Soundtrack, ovvero il vecchio disco, ripreso, messo a tempo con il computer e poi imbottito di sequenze elettroniche. Si tratta della versione del 2023 di quello che sarebbe stato, secondo la lettura mia, di Giorgio e di Marco, Sick Soundtrack se fosse uscito oggi. Questa edizione ha reso il vecchio disco meno eterogeneo e un po’ più concept, ad ascoltarlo ci si accorge della presenza di un fil-rouge, quantomeno a livello sonoro. Anche l’approccio è stato diverso: nel 1980 eravamo cinque ragazzi giovani che pensavano di essere già delle rockstar, oggi siamo invecchiati ma siamo comunque riusciti a divertirci. Certo, la pre-produzione è stata faticosa: mettere i brani a tempo, cercare il più possibile di tirare fuori le voci… è stato un lavoro di routine ma lo abbiamo fatto con entusiasmo. Tutto molto bello grazie anche al supporto di Giovanni Natale dell’Expanded: l’idea di rifare il disco è stata sua. Io e Marco, quella sera a piazzetta Pasolini, pensavamo di fare il set, andarcene e chiuderla lì, invece Giovanni ci ha convinti e siamo andati avanti”.

E adesso? I Gaznevada, o meglio, un pezzo dei Gaznevada sembra essere tornato in circolo. Ciro e Marco, dopo l’esperienza di piazzetta Pasolini, sono tornati a esibirsi sul palco del Covo, sempre nella loro Bologna, e al Tenax di Firenze. E hanno avuto l’opportunità di dire la loro al Berghain Panorama Bar di Berlino I Gaznevada sono tornati? È già tempo di reunion? No, ma mai dire mai…  

---
L'articolo I Gaznevada sono sempre dieci passi avanti di Giuseppe Catani è apparso su Rockit.it il 2023-11-03 11:57:00

COMMENTI (1)

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia
  • partysmith 13 mesi fa Rispondi

    Nel 1980 i Gaznevada erano avanti trent'anni. Oggi fanno roba omologata.