Giovane Feddini è il moniker dietro il quale si cela Federico Vettore. Con la sua crew, la Fuori Serie Click, pubblica due mixtape e due album, L’alba di domani e Giovane Per Sempre, con i quali il suo nome inizia a circolare all’interno della scena patavina, in una Padova che, negli ultimi anni, si è rivelata davvero fervida dal punto di vista musicale. Quello di Federico è un percorso underground, costellato di partecipazioni ai più importanti eventi di battle freestyle e dischi autoprodotti, lavorando per potersi permettere le registrazioni.
Giovane Feddini si è recentemente trasferito a Milano e nel suo ultimo singolo paragona il suo approdo nella capitale del rap italiano a quello di un giovane Andry Shevchenko nel club rossonero, con tante aspettative alla spalle, ma ancora tutto da dimostrare. Vedremo cosa succederà con il prossimo album. Nel frattempo, attratto dalle gesta dell’MC dei Colli Euganei, Don Joe lo ha scritturato per Dogozilla.
Giovane Feddini: come mai questo nome?
Il mio nome deriva dal protagonista di uno dei miei libri preferiti, il Giovane Holden. Un personaggio con tanta anima e altrettanto sangue caldo.
Come ti sei avvicinato al rap?
Devo tutto alle compilation masterizzate di mia sorella, avevo dodici anni. Il rap come forma d’arte è una tela bianca: non è giusto o sbagliato, non è buono o cattivo e, soprattutto, non giudica. Sei tu a dipingere la tua anima. Per questo ho iniziato a scrivere, per esprimermi per i fatti miei. E fin dagli albori ho sempre cercato di mettere le frasi in rima.
Hai un passato niente male, ma non pensi di esserti affacciato tardi al mondo del "rap che conta"?
Vengo da un paesino di campagna sperso tra i Colli Euganei, le aspettative delle persone attorno a me erano pari allo zero. Il fatto di non essere ancora diventato famoso è una delle frecciatine che mi lanciano più spesso. E sai perchè? Perché la mia penna ha un'anima forte e non ho paura di mettermi a nudo. Da quest’anno mi sono finalmente trasferito a Milano, dove tutt’ora lavoro. Ho sempre lavorato per pagare la mia musica: per i rapper di oggi sembra che non sia una cosa dignitosa, ma io mi sveglio la mattina e mi guadagno il pane con le mie forze. Finchè sarà così non avrò mai paura di guardare negli occhi nessuno.
Dal testo di Dispettoso si intuiva ti fossi trasferito. Milano è una città migliore per fare rap?
Sicuramente. Poi, la storia hip hop di questa città è una tra le più affascinanti d’Europa. Riascoltare Italia 90 di Jake La Furia, vedere coi propri occhi i riferimenti a Gratosoglio, Rozzano, è da brividi. È un piccolo aneddoto che a mio avviso riassume bene il potere e la forza dell’hip hop.
Dogozilla è un’etichetta che ha sempre dimostrato un certo gusto per un’attitudine real. Com’è stato approdare nella label di Don Joe?
Abbiamo lavorato molto. Sono entrato nel roster con dei numeri da piangere, ma ci siamo fatti tutti un mazzo così: dalla serie di freestyle Tuesday Flow con Don che mi ripeteva come un mantra che dovevo concentrare tutta la potenza in un minuto, alle sessioni di scrittura in studio DZE. Mi hanno sempre lasciato tanta libertà, mi hanno lasciato esprimere, specialmente in brani come Carnevale di Venezia e Figlio di Claudio. Un percorso faticoso che mi ha portato fino in Sony senza perdere colpi.
Più grande soddisfazione da quando lavori con loro?
Se penso ai lavori che usciranno, la cosa che più mi appaga è la fusione perfetta tra l’attitude Dogozilla e il sound dei collaboratori padovani de La Plaza, che mi conoscono da sempre: siamo riusciti a mantenere l’anima di quanto abbiamo iniziato mixandola alla professionalità di una delle leggende del’hip-hop italiano.
Shevchenko, simbolo di una Serie A che non c’è più, è un modo per esprimere una predilezione per un rap di matrice old school?
Sì, e poi francamente trovavo molto affascinante la sua parabola umana. Anche in questo caso è stato fondamentale l’apporto di mia sorella, che stravedeva per l’attaccante ucraino. Shevchenko è arrivato a Milano con molto talento alle spalle, ma ancora tutto da dimostrare. Le sue prime interviste con l’accento marcatissimo, la timidezza di chi sta facendo una scommessa più grande di sé. Mi ci sono rivisto moltissimo.
Jesse the Faccio, Post Nebbia, Dutch Nazari e Tony Boy e altri: a Padova c'è una bella situazione. Cosa ne pensi?
Che è ancora un po’ acerba, ma è solo questione di tempo: Padova ha varie sfaccettature musicali e sono sicuro che entro cinque anni diventerà una città di riferimento nazionale. La trap e lo street rap dei quartieri, le canzoni indie nate sui colli, le strofe da far sentire agli amici in Prato della Valle, lo 049 e tutti gli studi che stanno diventando punti di ritrovo per i ragazzi più giovani. "Entro cinque anni": io ve l’ho detto!
Nell'ultimo singolo ti paragoni a Cimabue, In Piano di Dio ti definisci "un mix tra Zola e Zolà". Hai un campo di "cit." ben al di sopra dei canoni rap.
Paragonato a quello di un rapper americano non è niente di che, te l’assicuro. È il livello italiano della scrittura rap e indie ad essere veramente basso. Kendrick Lamar in Italia non avrebbe mai sfondato. Non è mia intenzione offendere i miei concittadini, ma ora più che mai c’è bisogno di un reality check: andiamo in giro per l’Europa riempiendoci la bocca di Dante e Rinascimento e poi guardiamo il Grande Fratello, Temptation Island, Uomini e Donne. Non è sbagliata nessuna delle due cose, ma siamo sinceri con noi stessi e scegliamo chi vogliamo essere.
Hai fatto uscire due singoli a distanza di una settimana, cosa stai preparando?
Sto preparando il mio album di debutto per Dogozilla. Ringrazio Ric de Large, Dessa.One, Alexander 808 e RyanairZ per aver fatto i migliori beat che potessi chiedere. Non vi svelo ancora il titolo, ma posso dirvi che è ispirato a Time, il film con Justin Timberlake. E lancia lo stesso messaggio: il tempo è la valuta più importante che abbiamo, impariamo a sfruttarlo per essere felici.
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L'articolo Giovane Feddini vuole fare gol come Shevchenko di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2021-01-21 11:00:00
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