Ci sono artisti, anche molto navigati, che hanno un sacco di problemi con le interviste: parlano poco, non sanno cosa dire, si impappinano, non sono a loro agio. Poi arriva Federica Ferracuti in arte Hu, classe 1994 ed è un fiume in piena. Non solo: dice anche un sacco di cose interessanti, e starla ad ascoltare è un piacere. È una cantautrice, strumentista, digital performer, artista, producer, fa parte del clubbing, ma anche del pop e del jazz, è da poco in Warner e ha pubblicato un singolo dal titolo Neon. Tra poco la vedrete nella selezione dei venti semifinalisti di AmaSanremo, che sarebbe praticamente Sanremo Giovani, con la canzone Occhi Niagara, in uscita alla mezzanotte del 29 ottobre.
Dalle prime parole, già si capisce che è una nerd musicale, di quelle che vogliono sapere come funzionano le cose, un po' come quando da piccoli si rompono i giocattoli per vedere come sono fatti dentro: "Ho iniziato a studiare chitarra jazz a 11 anni, volevo studiare musica fin da quando ero piccola, ma non volevo diventare una virtuosa dello strumento, a me piaceva cantare, scrivere. Ero super timida, stavo nel mio mondo, scrivevo poesie e volevo cantarle. Il mio maestro è stato bravissimo perché ha capito la mia attitudine alla composizione, e l'approccio al jazz è stato free. A 13-14 anni da una paret facevo la turnista nelle classiche cover band e dall'altra suonavo in formazioni jazz. Avevo già questa dualità". Sembra proprio che Hu abbia un approccio interessante alla musica, vediamo di approfondire.
Com'è entrata l'elettronica nel tuo mondo?
A 15-16 anni mi sono comprata il primo Mac con FL Studio, con una latenza imbarazzante che faceva sembrare tutto Aphex Twin a mia insaputa. Piano piano, a son di tutorial ho iniziato a capire come fare. Io devo sapere come funzionano le cose, e quando ho capito sono passata a Logic, Pro Tools, Ableton e non mi bastava, volevo capire cosa c'era dietro all'elettronica. Mi sono iniziata ad appassionare all'ingegneria del suono, all'acustica e mi sono iscritta in Consevatorio a Pesaro, in triennale. nel frattempo facevo sempre la turnista per band locali.
Funzionava la scena dalle tue parti?
Io vengo da Fermo, nelle Marche. Il posto è piccolo ma fra il 2010 e il 2014 c'è stato un boom di musicisti così come nella vicina Pesaro con la scena wave. Al Conservatorio mi sono appassionata alla sintesi del suono, agli algoritmi e ho iniziato a studiare programmazione, per creare plug-in o più banalmente per fare delle istallazioni, da cui ho sviluppato questo canone di passione per l'arte concettuale.
Tantissime cose, ma quando hai iniziato a cantare?
Quello c'è sempre stato, all'inizio facevo piano e voce, poi ho fatto i primi set elettronici a 17-18 anni e giravo così, ho sempre fatto tutto per passa parola, la grande costante del mio progetto. Non ho mai avuto delle spinte forti, come capita a volte per fortuna e come sto avendo adesso, per esempio. Ho fatto tantissima gavetta e ho detto tanti no a situazioni che non mi appartenevano, anche se mi avrebbero facilitato il percorso, tipo i talent. Volevo fare la vecchia scuola: concerti, imparare bene a scrivere e poi fare il passo successivo. Negli anni mi sono avvicinata a diverse etichette, ho collaborato con tanti artisti, mi sono laureata, ho iniziato a fare la seconda laurea, poi ho vinto questo premio con lo Jägermusic Lab...
In cosa consiste?
Nel 2018, era una cosa molto club oriented e io non facevo quella cosa, ero a metà tra l'electro, il pop, l'indie, lavoravo con la drum machine. In breve quelli della Jägermeister mi hanno portato a Roma, dove ho fatto un anno a scrivere un album, ma fondamentalmente lavoravo per loro come consulente per gli studenti per la loro academy on line, ma neanche quello era il percorso che volevo. Così sono tornata a Milano, mi si è avvicinata Asian Fake con cui ho avuto una brevissima collaborazione, non era la mia cosa e ci siamo staccati in maniera naturale. Questo mi ha portato a lavorare con Mamakass con cui mi sono trovata molto bene e nel corso dell'ultimo anno ho conosciuto un sacco di persone...
Madonna che vita impegnata!
Che poi io sono un'anima solitaria, non sono presenzialista, vivo nel mio computer. Mi ha mosso una grossa passione che mi ha fatto evitare situazioni che non corrispondessero a me. Se un artista non è troppo consapevole, capita che perda l'equilibrio, per questo l'estate scorsa sono stata sui libri per studiare diritto d'autore, un mondo che mi affascina. Voglio capire come funziona la musica ma anche tutto quello che c'è dietro. A quel punto mi sono detta: so quello che vorrei, so assolutamente quello che non vorrei, e voglio farlo con grande consapevolezza. Dietro tutto quanto c'è l'amore che muove le cose, io sono un po' una romanticona. Non vogli perdere questo lato perché quando gli impegni sono tanti e nons ei a fuoco, risch di perdere il controllo della situazione e io non voglio farlo, voglio parlare la stessa lingua di manager, produttori, fonici, discografici.
Come sei arrivata alla partecipazione a Sanremo Giovani?
A maggio, in piena pandemia, si era fermato tutto e ho creato questo format col mio amico grafico Andrea Moretti, e mi sono messa a fare corsi di produzione gratis in streaming, queste robe è difficile che te le insegnino bene senza pagare tantissimo, e da pensare che fossero 10 gatti a seguirmi, ne sono stati più di 200 connessi in contemporanea. Sono stata avvicinata da molti artisti e questa cosa mi ha caricato tantissimo, fino a farmi pubblicare un singolo da sola, Neon, senza promo né niente, tanto o fai una cosa per bene oppure, se devi farla a metà, è meglio raccontare di meno e vedere come va.
Concordo in pieno...
Da lì alla firma con Warner è stato davvero veloce, l'ho scelta dopo aver formato il mio team. Fortunatamente ho avuto persone che mi hanno sostenuto, ho fatto tantissimi concerti senza mai avere un booking e avere niente fuori. Sempre col passa parola sono arrivata a Kosmi Carlucci e Flavia Guarino, i miei manager, e con loro ho fatto i colloqui coi discografici e ci siamo trovati benissmo con Anna Rampinelli di Warner, appunto. Quando è uscito il discorso Sanremo mi sentivo pronta, con la squadra giusta, quindi ci ho provato. Il pezzo è nato in 10 minuti e ora siamo in semifinale. Non è l'obiettivo principale ma è comunque un aiuto, che mi consente di essere come sono senza cambiare nulla.
E come sei?
So cosa mi piace ma sono in evoluzione costante, mi sono capitate cose nella vita che sono state pesanti e mi hanno fatto crescere, quindi mi adatto ai cambiamenti. Sono sempre molto attiva.
Di preciso, quando dormi?
Io sono una regolare: vado a letto al mezzanotte massimo e mi sveglio alle 5.30-6 tutte le mattine, vado ad allenarmi a crossfit o faccio 10 km di corsa, così risveglio la testa e il corpo, poi torno a casa, rispondo alle mail, faccio tutta la mia routine e quando non ho niente da fare ascolto musica oppure leggo, ricerco, studio e in generale non sto mai ferma. La sera mi butto a letto e voglio spegnere gli stimoli, non ho neanche Netflix, dormo e basta.
E siamo arrivati a oggi... Hu che vuol dire?
Tanti mi chiedono se ho riferimenti giapponesi, perché ho scoperto recentemente che ho adottato il cognome di mezza Asia, ma non c'entra niente, è una divinità egizia non personificata, che dà agli uomini la facoltà di pensiero e di parola e muove il pensiero creativo. Me lo sono dato a fine 2016, l'anno in cui mi sono rasata a zero, per darmi coraggio.
E Hu che vuol fare?
Voglio fare quello che mi fa stare bene, sono una persona positiva e aperta alle cose nuove. Mi piace il progetto Hu che usa l'elettonica virata al pop e mi piace sperimentare cantando su base più techno oscura. Mi voglio mettere in gioco come producer e, di base, non voglio seguire nessuna moda per non ritrovarmi tra cinque o dieci anni a rimpiangere quello che ho fatto. Sanremo mi dà l'opportunità di farmi notare senza cambiare niente di ciò che ho scritto o prodotto, l'ho scelto per questo. L'ho detto anche ad Amadeus alle prove: l'importante è il viaggio.
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L'articolo Hu, una giovane elettronica a Sanremo di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2020-10-29 12:00:00
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