“In questa storia c'è il desiderio, se vuoi ingenuo e disordinato, di spogliare il tema della migrazione di ogni sovrastruttura ideologica. I migranti non sono povere vittime senza facoltà di parola o riscatto: sono spesso persone che si trovano a vivere tra due mondi, due epoche, due poli opposti. Koko rimane schiacciato in questa tensione tra due mondi”. A parlare è il musicista, autore e produttore Johnny Mox, al secolo Gianluca Taraborelli, e Koko è uno dei protagonisti della sua prima graphic novel “Polifonia”: in uscita il 28 febbraio per Coconino Press, il volume, disegnato dall’illustratrice romana Chiara Fazi, racconta la storia di Koko, che, insieme alla madre Indileni, si trasferisce in uno sperduto paesino tra le montagne, dalla cui diffidente comunità riuscirà a farsi accettare grazie alle sue doti canore, ma a cui sarà unito anche da un terribile segreto, durante un confronto violento e irrisolto tra due mondi che non hanno ancora una sintesi.
“Il merito di questo esordio come autore di fumetti, o se vuoi la colpa – scherza Mox – è di Ratigher, direttore editoriale di Coconino, che mi ha proposto di scrivere un soggetto legato al tema della migrazione, in virtù della mia esperienza con questo tema e con la narrazione”. Oltre che ai podcast (Uccidimi adesso, Sete, Bagliore, tra gli altri) e all’attività musicale e come autore, il riferimento è soprattutto a Stregoni, esperimento musicale itinerante che, dalla sua fondazione nel 2016 al 2020, ha coinvolto oltre 5000 migranti e richiedenti asilo in tutta Europa attraverso il linguaggio della musica, come raccontato anche nel film “Senza voce. La storia di Stregoni”. “Ho cercato di partire da quell’esperienza, facendo mente locale su quello che avevo imparato e su come è cambiata la narrazione intorno a questo tema, soprattutto a fronte della chiusura crescente che ho visto intorno a me a partire dai decreti sicurezza del 2018”.
Per Coconino, racconta il direttore editoriale Ratigher, "Polifonia" è l'espressione di un agire inedito: "Questa volta non siamo stati un radar che capta il segnale di un autore, che cerca cioè una voce e una storia che abbiano il valore per essere pubblicate. Cercavamo una storia ben precisa e con un tono che per noi mancava: solo a questo punto il nostro radar è entrato in funzione e ha trovato lo sceneggiatore di Polifonia. Volevamo pubblicare una storia di migranti che abbracciasse la complessità del fenomeno, che non solo condividesse l'urgenza umana e politica rappresentata da questa crisi, ma che di essa mettesse in luce molteplici aspetti, per liberarla dal rischioso effetto cartolina che priva questi argomenti di conflitto, desiderio e idee laterali, necessarie per un effettiva messa in pratica di strategie efficaci, nuove".
(Johnny Mox)
Chiedo a Mox se, nella storia raccontata in “Polifonia”, ci siano anche elementi reali tratti dalle vite dei ragazzi che ha conosciuto durante l’esperienza con Stregoni: “ Ne ho inseriti alcuni: penso ad esempio ai soldi che il protagonista Koko cuce nel colletto della sua camicia, alla vigilia della partenza in mare per l’Italia. Ma c’è, soprattutto, la stessa presa di posizione sull’immigrazione: un’attitudine che rifiuta il paternalismo e il modello dell’accoglienza da cartolina e, anzi, riconosce e accoglie gli elementi di conflitto e contraddizione che le migrazioni portano nella vita democratica. Il paese immaginario della storia presenta gli attuali problemi di molti paesi reali: è un luogo di montagna che si sta spopolando, in cui il turismo ha preso una piega sbagliata, dove a occuparsi degli anziani devono arrivare persone straniere.Il conflitto è presente peraltro anche all’interno del mondo dei migranti, nello scontro generazionale e nello sfruttamento perpetrato all’interno delle stesse comunità di migranti”.
Nella storia, un ruolo di grande rilievo è così quello del coro: “Rappresenta una dimensione spirituale, in cui le cose diventano più chiare: rivela che le voci sono tutte importanti, sono tutte diverse e hanno un senso quando sono incastrate l’una con l’altra, in una texture che non è di nessuno ed è di tutti. Sognavo da tempo di poter scrivere una storia in cui il coro avesse un ruolo da protagonista, un po’ come avviene nelle tragedie greche, dove esso ha il compito di creare una sintesi di ciò che accade agli eroi. Racconta un punto di vista collettivo, come ho cercato di fare anch’io nel libro, immaginando una dimensione dove le cose possano cambiare realmente”.
Prosegue Mox: “Mi piace che il tema della musica sia colorato di magia, che sembri una dimensione ultraterrena: era anche un modo per spingere il lettore a trovarsi in un punto meno netto, in una storia dove è via via meno chiaro chi siano i buoni e chi i cattivi.La comunità funziona quando viene messa alla prova: è tutto da costruire, con strumenti e linguaggi nuovi. Ma ne avevamo parlato molto già la scorsa volta: tra contenuti e contenitori, dovremmo privilegiare questi ultimi. Dobbiamo creare contenitori, perché sono questi a definire ciò che sta al loro interno: se noi costruiamo in un modo diverso tutto ciò che ha un perimetro, sia esso un’associazione, un coro, una comunità, sarà diverso anche il modo in cui interagiremo al suo interno”.
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L'articolo Ogni storia di migrazione è diversa dalle altre: Johnny Mox racconta la sua graphic novel "Polifonia" di Giulia Callino è apparso su Rockit.it il 2025-02-28 01:58:00
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