Sempre per quella storia che esportiamo talenti all’estero, da qualche giorno, se accendete la radio, potrebbe capitarvi di ascoltare un brano inglese in tutto e per tutto, fatta eccezione per il titolo e per l’autore: si tratta di Ciao, singolo estratto dall’ultimo disco di Kiol, Techno Drug Store, uscito qualche mese fa. Kiol noi lo conosciamo bene: aveva esordito nel 2017 proprio al MI AMI, stesso anno in cui aveva pubblicato il suo ep di debutto I Come as I Am.
Kiol, che ha appena 23 anni, nel frattempo ha avuto l’opportunità di dividere il palco con alcuni importanti nomi della musica mondiale, tra cui Patti Smith, Joan Baez, Placebo ed Editors. Ora Kiol vive a Londra, dove studia alla British and Irish Modern Music Institute. L’abbiamo contattato per farci raccontare il suo nuovo disco, la sua vita nell’ultimo periodo e su come è riuscito a trovare la serenità durante la quarantena.
Ci siamo sentiti l’ultima volta nel 2017. Cos’è successo in questo lasso di tempo? Com’è stato tornare a studiare?
Non avrei mai pensato di voler tornare a scuola, dopo la lunga e sofferta impresa del liceo, ma 3 anni fa ero in tour in Inghilterra e, durante un day-off, ho incontrato un mio caro amico musicista e ho scoperto dell’esistenza di questa scuola! Così, un po’ per cambiare aria un po’ per scoprire cosa Londra avesse in serbo per me, mi sono iscritto, ho fatto uno student loan e mi sono trovato a vivere a Fulham. A Londra son successe più cose di quelle che si possano dire ma è stata decisamente un’esperienza che mi ha cambiato parecchio. In questi anni ho lavorato molto su un sound che mi rappresentasse di più e mi sono allontanato dal cosiddetto pop-folk, ho scritto centinaia di canzoni, e tra queste, il mio primo album. Poi ho avuto l’onore di suonare in palchi strepitosi, come l’Olympia di Parigi, l’02 Academy di Londra, la Halle Tony Garnier di Lione e molti altri. Sono stati anni di scoperte e di belle e brutte avventure, non cambierei nulla.
Ti manca casa?
Da quando è iniziato questo periodo di quarantena e isolamento sono tornato in Italia. Ho avuto la fortuna di scappare al mare con la mia ragazza prima che tutto questo cominciasse e, grazie alla possibilità di studiare online, ho continuato a seguire le lezioni e a scrivere nuova musica qui in Liguria. Quando, durante l’estate, ho potuto spostarmi nuovamente sono andato a Torino per stare un po’ con la mia famiglia e ora, vista la ripresa di questo maledetto virus, ho deciso di tornare qui in Liguria con la mia ragazza, continuando a scrivere e a studiare in attesa di tempi migliori in cui poter suonare la mia musica dal vivo. Potrei dire che mi manca Londra, ma non sarei del tutto sincero. Casa è una sola.
Le copertine di Techno Drug Store e dei singoli riprendono lo stesso artwork. Cosa rappresentano?
Sono io seduto su una sedia durante un set fotografico. Ero appena arrivato ed era mattina presto, o almeno, per me era davvero presto. Appena mi sono seduto su quella sedia, ho iniziato a sbadigliare e a stropicciarmi la faccia. Stefano Druetta, il fotografo, ne ha approfittato per fotografarmi così. Quando dovevo capire come volevo che fosse la copertina del disco, ho pensato che quella foto con le mani in faccia potesse rappresentare benissimo l’idea dell’album, ossia quella di un mondo complicato e in continua innovazione e cambiamento. Tutto questo, a volte, stanca. Scelta quella foto, l’ho data in mano a Luigi ed Elisa della EBLTZ, artisti torinesi ideatori degli artwork di Willie Peyote, che hanno avvolto la mia faccia di cavi creando così l’immaginario di Techno Drug Store. Le copertine dei singoli riprendono la stessa idea, con la differenza di avere un tema diverso al posto della mia faccia; Lonely e la solitudine di una nuvola in cielo, Polly (la mia ragazza, biologa) e un anemone, Joy e l’universo come la gioia di rendersi conto in che mondo splendido viviamo e Ciao, l’ultimo singolo, rappresentato dal deserto come il futuro, un luogo sconosciuto che possiamo conoscere solo se salutiamo il passato, andando avanti.
Techno Drug Store è l’espressione con cui definisci il mondo di oggi. Cosa sta a significare? Lo dici con accezione positiva o negativa?
Né l’una, né l’altra. È semplicemente la mia descrizione del mondo che stiamo vivendo. Techno Drug Store è un gigantesco centro commerciale, fatto di tantissime possibilità, il che è molto positivo ma, a volte, tutte queste possibilità limitano la scelta, la rendono più difficile. Dove vado a studiare? Dove andrò a vivere? Cosa farò nella vita? Se uno non ha le idee chiare, come molti della mia età, tutto questo diventa difficile da affrontare. La vita è fatta di scelte e, alla nostra età, scegliere non è un gioco da ragazzi. Nell'album ci sono canzoni molto diverse tra loro: così come il mondo offre un sacco di possibilità, ho deciso di farlo anche io con la mia musica, chiunque ascolterà potrà scegliere la visione (sonora) del mondo che più gli si addice. L’album in sé parla di belle cose, parla di amore, di gioia, di solitudine con l’accezione più positiva possibile e di come, tra tutte le possibilità che il mondo mi ha offerto, io abbia scelto le cose vere, le cose belle, le cose che restano, a discapito di ogni ambizione illusoria.
Nonostante il titolo, il tuo disco non ha nulla di techno.
La parola techno non si riferisce ad un genere musicale, bensì alla tecnologia che ormai è parte della nostra vita di tutti i giorni, e di come quest’ultima, ci possa aiutare o limitare. Per esempio l’uso dei social network, può essere un modo per arricchirsi e connettersi con persone con cui iniziare un’attività lavorativa o tramite le quali si può diffondere un messaggio. Ma allo stesso tempo può essere fonte di distrazione, di isolamento e di insoddisfazione. Le tecnologie oggi ci influenzano e se usate a nostro vantaggio possono sicuramente migliorarci o agevolarci. Per esempio io ho scritto, pre-prodotto e arrangiato tutto l’album usando solo ed esclusivamente il mio computer e qualche chitarra.
Pensi che farai un disco in italiano prima o poi?
Ho scritto un po’ di canzoni in italiano, ma seppur sia la mia lingua madre, non è la lingua con cui riesco ad esprimermi al meglio. Forse è solo questione di abitudine! Di sicuro farò uscire delle canzoni in italiano in futuro, magari come autore e non come artista.
In Joy hai inserito il discorso di Matthew McConaughey agli studenti dell’Università di Houston. Come mai?
All’inizio è stata una necessità, la canzone era troppo lunga e il testo troppo corto. Ero in studio e ho provato a tirare giù due frasi da cantare sulla parte finale della canzone, ma non è uscito nulla di valido. Giorni prima facevo sentire i provini a mio cugino e lui mi ha detto che gli piaceva un casino quando nelle canzoni ci sono dei discorsi: per esempio, in Iron Sky di Paolo Nutini compare il discorso finale del film The Great Dictator di Charlie Chaplin. Così, ho preso il cellulare e io ed il mio chitarrista/produttore Federico Puttilli ci siamo messi a cercare discorsi sulla gioia, e abbiamo trovato questo video di Matthew McConaughey. Quel giorno sono tornato a casa, l’ho ascoltato tutto più volte per tagliare frasi che potessero rappresentare al meglio l’idea della canzone. Il giorno dopo avevo ridotto a 1 minuto il suo discorso e ho provato a metterlo sulla canzone. Ci stava a pennello.
Come si fa a mantenere un approccio gioioso in un momento difficile come questo? Durante la quarantena ci sei riuscito?
L’altro giorno mi sono infognato in quello che comunemente si chiama animale guida. Questi animali, anche detti totemici, fanno parte delle culture sciamaniche e, in parole povere, sono come degli amichetti immaginari che ti tirano fuori da brutte situazioni. Ogni animale ha il suo significato e il porcospino, un vero ganzo, equivale all’eterno bambino che sa accettare i cambiamenti della vita con serenità e positività. Questo per dire che nella vita è importantissimo se non vitale essere in grado di approcciarsi positivamente a ciò che ci può capitare. Io credo di essermi comportato un po’ come lui durante la quarantena, ho imparato a fare un sacco di cose nuove, sono stato curioso e interessato a cose di cui non ho mai avuto tempo di interessarmi. Ho cercato di rendere prezioso ogni minuto e penso di avercela fatta! Di base cerco sempre di vedere il lato positivo di ogni cosa.
Ci parli del video di Polly? Come mai è girato in super 8?
Polly è una canzone dedicata alla mia ragazza, una delle prime che le ho scritto. Il video è uscito a maggio, quando tutti erano ancora in quarantena. Come ho detto prima, io e lei eravamo in Liguria e abbiamo avuto la fortuna di avere il mare a pochi metri. Siccome non potevo incontrare nessun videomaker per fare un video, ci siamo armati di cellulare e occhiali da sole, siamo usciti, siamo andati sulla scogliera più vicina e abbiamo iniziato a fare i cretini. Dopo aver girato più di un’ora di materiale siamo tornati a casa e abbiamo iniziato a montarlo, è una delle cose che ho imparato a fare con lei in quarantena. Essendo un fan dell’immaginario vintage, una volta montato il video, volevo provare a passarlo in una applicazione sul cellulare che simula l’effetto super 8. Finito questo passaggio, l’abbiamo rivisto e questo effetto aveva completamente cambiato il video. Gli aveva dato un non so che di home-made che ci faceva impazzire, sembrava quasi la patina delle diapositive che mi facevano vedere i miei genitori da piccolo, di quando da giovani andavano in camper sulla Route 66.
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L'articolo Kiol, un cantautore italiano a Londra di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2021-02-02 13:18:00
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