L'inizio del 2012 vede i due dischi solisti di Karim e Appino degli Zen. Due lavori molto diversi, sia per la musica che per i testi. Abbiamo approfondito "Morte a credito": Camus come gli Stooges, Tolstoj come i Ramones, Céline come il metal. L'intervista a La notte dei Lunghi coltelli di Faustiko Murizzi in collaborazione con Alessandra De Ascentiis.
Quando hai deciso di fare un disco solista? C'è un momento chiave in cui hai capito di voler dar vita a questo progetto oppure si tratta di qualcosa che avevi in serbo da anni ed è maturata solo oggi?
Musicalmente sono "nato" come chitarrista/cantante a 14 anni, la batteria la scoprii a 19. (sorride, NdA) Dopo una ventina di mesi dietro le pelli mi chiamarono gli Zen a suonare con loro e, tra i continui tour, lo studio di registrazione e le esperienze come turnista, ho avuto sempre meno tempo da dedicare alla composizione solitaria. Durante il lunghissimo tour di "Nati per subire" cominciai a sfruttare le notti in hotel e la mia insonnia per buttare giù materiale. Niente di estremamente programmato. La pausa di un anno degli Zen mi ha permesso di far organizzare un tour con più libertà, di dire: "ok, nel 2013 ho il tempo per dedicarmi anche a questo". Anche perchè da maggio con Ufo e Andre ritorniamo in sala prove e a settembre entriamo in studio per registrare il disco nuovo.
Comunque sto scrivendo anche dei pezzi per il prossimo album de "La notte de lunghi coltelli".
Come mai questa scelta di associare il nome del progetto ad un evento di matrice nazista? Cosa c'è oltre la semplice provocazione?
Guarda, sinceramente l'aspetto provocatorio è forse quello al quale ho dato meno peso. Per quanto possa emanare fascino storico la storia nazista (soprattutto il lato antropologico ed esoterico), tutto quello che si slega appunto dal mero interesse storico, è da ricacciare via, ad esempio (per quanto sia esso un concetto banale e trito) con l'informazione: dare una dimensione tangibile alle conseguenze del perseguire un credo stupido e deleterio come quello neo nazista. Purtroppo sto notando una cosa: non sempre "ideali" di quello "spessore" sono figli della semplice ignoranza o dell'humus sociale nel quale alcuni individui crescono e apprendono. A volte becchi gente dotata di un'ottima preparazione storica, incredibilmente convinta e coinvolta dal neo nazismo e dal neo fascismo (quest'ultimo ancora più bieco ed ignorante dell'originale).
La scelta di usare "La notte dei lunghi coltelli" come nome della band, gioca sul simbolismo dell'epurazione delle camicie brune di Röhm da parte delle SS. L’andare a braccetto ed usare qualcuno per emergere, salvo poi distruggerlo nel percorso di ascesa, quando questo diventa un ostacolo per il proprio obiettivo, é un comportamento comune. Nella politica, nelle relazioni, nel lavoro ed in molti aspetti della vita. Disegna la cifra rappresentativa dell’uomo alla perfezione, soprattutto negli aspetti negativi ed è simbolico di una dinamica umana dura a morire. Avendo tutto questo un significato negativo, ho voluto usare un nome proveniente da un frangente oggettivamente lurido e disgustoso.
Il disco, invece, omaggia palesemente Céline nel titolo, tanto inusuale quanto sorprendete come scelta. Per cui ti chiedo: in che modo il romanzo “Morte a Credito” ti ha aiutato ad orientarti nel mondo?
Lessi "Morte a credito" a 13 anni. Rimasi scioccato per un lungo periodo dallo scontro con Céline; per un anno non riuscii a leggere nient'altro, gli altri scrittori non erano più in grado di emozionarmi. É come quando da ragazzino ti fissi con il metal ascoltando solo quello, il resto ti sembra roba per poppanti...ecco, uguale. Céline non aveva paura di sporcare il foglio con l'inchiostro... narrava tutte le sfaccettature del carattere umano, dal cinismo più nero alla comicità maligna. A mio avviso nessuno é riuscito ad avvicinarsi più di lui alla descrizione perfetta della lordia d'animo: le paure, le conseguenze delle paure, l'odio, la caducità dell'uomo... ma anche sprazzi di felicità estrema. Questo è un grande insegnamento. Nell'essere umano covano tutti i sentimenti possibili immaginari: dalla voglia di uccidere qualcuno al voler sacrificare la propria vita per qualcuno. Céline descrive la profondità dell'uomo; tutti sono capaci di tutto.
Prendi anche a prestito le parole di un altro autore francese, Jacques Prévert, per esporre il tuo punto di vista sulla religione e su come spesso questa influenzi in maniera determinante la vita delle persone. Pensi che riusciremo, un giorno, a liberarci da questo fardello oppure si tratta di un elemento imprescindibile della natura umana?
Sicuramente cambieranno le dinamiche attraverso le quali la religione gira intorno alle nostre vite, ma non riesco ad immaginare l'umanità scevra da queste catene. Perdona la banalità da diario di prima superiore che sto per dire, ma è una cosa della quale sono convinto: nasciamo tutti con un vuoto dentro. Proviamo a riempirlo in vari modi: ficcandoci un ago in un braccio, comportandoci in modo ossessivo, stupido e violento, lavorando troppo, facendo del male agli altri, aiutando gli altri, facendo cazzate o cose stupende. E pregando. Il cristianesimo giudica questo vuoto come la causa del peccato originale. A me sembra più un difetto di fabbricazione.
Sempre parlando dei riferimenti culturali dichiarati: si tratta più semplicemente di una scelta stilistica o ritieni che la musica serva anche per veicolare e diffondere la cultura in senso più ampio, fungendo da "input inconsapevole"?
Guarda, ci addentriamo in un discorso melmoso (sorride, NdA). In questo disco ho buttato dentro una parte delle mie passioni.La storia e la letteratura, grazie anche ai miei genitori, le ho sempre vissute con lo stesso amore dedicato all'ascolto dei Ramones o degli Slayer.
Leggere Camus, da ragazzo (ma anche ora), era come ascoltare "Funhouse" degli Stooges, non so se riesco a spiegarmi. Non riuscivo e non riesco tuttora a vederci un piglio intellettuale nell'amare la storia, la lettura o l'arte, anche perchè ho fortemente sui coglioni l'usare la "cultura" in quel modo, soprattutto nella musica... comportandosi da vate, "istruendo le masse"... ma per favore. Può avere spessore anche un concept album sui diavoli della Tasmania, non per questo deve essere inferiore ad un disco incentrato su "La critica della ragion pura" di Kant. A me piace vedere il "leggere un libro" come passione pura, boh, mi emoziono sfogliando le ultime pagine di "Ivan Iljc" nello stesso identico modo nel quale mi vengono i brividi sulla schiena quando nel video di "It's alive" vedo Johnny Ramone puntare i piedi a bordo palco, mentro scruta con occhi assassini il pubblico. La musica può veicolare la cultura, ma deve essere (opinione personale) un processo cosciente e volontario, non calato dall'alto come verità assoluta ed illuminante. Può anche essere intrattenimento e divertimento, non c'è nulla di male. Poi vallo a sapere, parlo tanto, ma magari se questo disco l'avesse fatto un'altro avrei pensato: "ma chi crede d'essere sto stronzo? Sartre?" (ride, NdA)
Il tuo progetto e quello di Appino escono a distanza di pochissimo tempo l'uno dall'altro. Pur trattandosi di due lavori agli antipodi (a livello di liriche e musiche), pensi abbiano qualche punto in comune nell'urgenza di raccontare qualcosa?
Il punto in comune con lui è l'urgenza espressiva totale della musica. Siamo entrambi due persone dipendenti da essa. Quel famigerato calcio in culo (e capace di cambiarti la vita) preso quando eravamo quattordicenni.
I testi di "Morte a credito" sono molto distanti come approccio e tematiche da quelli de "Il testamento".
Così come la parte musicale; siamo proprio lontani anni luce. E questo fa molto piacere ad entrambi... se avessimo fatto tutti e due dei lavori sulla scia degli Zen, sarebbe stata una cosa molto triste. Anche se di media è quello che vuole il tuo pubblico.
Musicalmente nel disco sento molto gli echi del punk di matrice britannica degli anni '80, frammenti che rimandano ai Tool e finanche alcune atmosfere riconducibili al Tricky più oscuro. Essendoci una tale varietà, la direzione musicale dei pezzi ti era chiara fin dall'inizio o avevi lasciato ampi margini di manovra fino al momento di entrare in studio?
Il disco ha avuto varie fasi di lavorazione. La prima, fatta su garageband, è servita a buttare giù idee, evitando così di scordare riff di chitarra e parti di batteria e tastiera. Dopo ho coinvolto Izio Orsini nel progetto... questo ha cambiato le sorti dell'album. Di elettronica ne capisce molto più di me e ha fatto da Virgilio in un ambito nel quale dire che non capivo nulla era un eufemismo. (non che ora...) È seguito a questo processo una preproduzione sviluppata nella cantina di casa mia, utilissima per capire la direzione da prendere. È stato tutto molto naturale... non ho detto "bene facciamo un mischione tra HC, industrial, elettronica e sludge", semplicemente è venuto fuori il risultato di tanti ascolti ed influenze. Una volta entrati in studio ho chiamato il bravissimo Ale Demonoid Lera a fare le parti di batteria; a parte la drum machine non volevo nemmeno toccare le percussioni. L'intenzione era dare un'impronta corale e di gruppo a "La notte dei lunghi coltelli". Ale è entrato in pianta stabile nella band, insieme a Gabriele Urzi alla chitarra, arrivato in corsa poco prima dell'inizio del tour. Per me cantare e suonare la chitarra contemporamente in un live come il nostro avrebbe compromesso la buona esecuzione di entrambe le cose. Ale e Gabriele vengono dal metalcore ed hanno dalla loro una capacità tecnica di esecuzione rara ed un tiro assurdo. Sono riusciti ad ambientarsi in un genere diverso dal loro senza fare i semplici turnisti o snaturare il suono, che dal vivo è molto più potente rispetto al disco.
Dichiari, nelle note stampa, di avere radici sarde molto profonde. Come concili una così forte tendenza alla sperimentazione con l’amore per le tue origini e tradizioni? "D'isco deo", in questo senso, è un tributo alle tue radici?
Sono figlio di due genitori sardi e, nonostante il forte accento pisano, non ho mai considerato la Toscana casa mia. Sono cresciuto in continente, ma la Sardegna è sempre stata presente. Ho passato molto tempo la e tuttora vivo una buona parte dell'anno in quella fantastica regione (quando non sono in tour). In Toscana non abito più da molto tempo. L'amore che ho per la Sardegna è enorme e difficile da spiegare a parole. "D'isco deo" è esattamente un tributo alle mie radici, hai detto benissimo. In questo album ho infilato molte delle cose che amo e non poteva mancare la mia isola. Diego Pani dei King Howl Quartet ha fatto un lavoro maestoso alla voce, molto probabilmente superiore a quello che avrei potuto fare io. Ha tecnicamente una delle voci migliori in Italia.Il brano è peculiare: senza batteria e composto da un unico riff di chitarra, una sorta di suite che mette insieme l'ambient con il doom.
Il mio brano preferito del disco. Quanto questo disco appaga, anche inconsapevolmente, la tue passioni musicali di gioventù?
Molto. Contiene musicalmente tutti quegli ascolti iniziati da ragazzino, resistiti alla dura prova del tempo.
L'HC americano degli anni 80 e 90, Black flag, Germs, Sick of it all, Zeke, Agnostic Front, Refused e mille altri, ma anche l'industrial metal dei Ministry e dei Lard o l'elettronica assurda di Aphex Twin, Atari Teenage Riot e Brian Eno.
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L'articolo La notte dei lunghi coltelli - Metal Machine Music di Faustiko Murizzi è apparso su Rockit.it il 2013-02-25 00:00:00
COMMENTI (1)
Intervista bella ed appassionante. dal vivo sono allucinanti . Solidi violenti e davvero originali.lui ha una voce enorme...rispetto al disco che già è bello, non c'è paragone. ha una band dietro formidabile ed un batterista fenomenale. Dopo il concerto è stato disponibilissimo. persona di un'intelligenza paurosa e sinceramente modesta. bello conoscere gentd così . però Karim lasciamelo dire: NON TI POSSONO NON PIACERE GLI SMITHS :)