L'anarchia creativa di Telebellotto

Non sa scrivere musica e a mala pena la legge, ma gli basta un input casuale per tradurre in note lo scibile. Qui l'intervista al cantautore campano dai mille nomi d'arte: dal significato di "Debacle" (l'ultimo disco) ai progetti futuri, passando per citazioni di Capossela e altre storie

Telebellotto - Foto di Federico Baracco
Telebellotto - Foto di Federico Baracco

All'anagrafe di Centola, un paesino a ridosso del mare in Cilento, fu registrato come Francesco, ma negli anni ha amato lasciare le sue tracce attraverso diversi pseudonimi: Vieni_127, Sean Caponigro, Dj Snizz Snazz, Giò Machiaveli e da poco più di un anno è Telebellotto. Viaggiatore indefesso e scrittore d'antan, ha vissuto in meridione e poi per tre lustri a Siena. Attualmente è di stanza a Brescia, dove svolge l'attività di medico (col suo nome di battesimo): "Una città meravigliosa", dice all'inizio di quest'intervista.

Come ti sei formato a livello artistico? 

A mio umile parere bisogna distinguere l'artista dal creativo: un'opera d'arte è l'approdo ultimo di un percorso in cui è imprescindibile lo studio, la tenacia e la tecnica, la creazione (da cui può scaturire arte, ma anche no) nasce invece dalla sensibilità e dall'istinto, con una componente selvaggia di cui io mi nutro con voluttà. Preambolo per dire che non mi sono mai formato a livello artistico, ma mi ritengo un anarchico creativo: non so scrivere musica e a mala pena la leggo – durante gli anni universitari strimpellavo il basso e dal duemiladiciotto violento la testiera di un pianoforte –, ma mi basta un input casuale per tradurre in note lo scibile.

Telebellotto - Foto di Federico Baracco
Telebellotto - Foto di Federico Baracco

Come definiresti la tua musica?

Mi piace raccontare storie, emozionarmi mentre le scrivo e le musico, trasognare nel momento stesso in cui le suono e le canto: la mia musica è il risultato di un approccio talvolta bulimico alla vita, con punte di estatica magnificenza senza però disdegnare lunghe pause di riflessione necessarie a decodificare la realtà e me stesso. Mi piacerebbe che chi ascolta le mie canzoni possa condividere con me anche solo un brillio della felicità o della malinconia che ho utilizzato per comporle.

Quali sono i tuoi ascolti e a chi ti ispiri?

Bellissima domanda, ringrazio per avermela formulata. Da giovanissimo esploratore dell'altro sesso, della sofferenza, dell'amore e della vita in generale, mi sono servito senza pietà di Fabrizio De André, di Vinicio Capossela, di Gianmaria Testa, di Alessandro Grazian, degli Avion Travel, dei Marlene Kuntz, degli Afterhours, dei Baustelle, degli A Toys Orchestra. Poi per quattro anni ho condotto una trasmissione radiofonica per la radio universitaria senese e lì ho ampliato notevolmente i miei orizzonti: ho visto centinaia di concerti e ascoltato per migliaia di ore la più svariata musica italiana (ho anche scritto un volume che si chiama Enciclopedia della Musica dei miei Primi Trent'Anni), da cui ho inevitabilmente tratto ispirazione. Faccio giusto i primi nomi che mi vengono in mente: Giuradei, Babalot, Violacida, Gionata, Maler, Niccolò Contessa, Bobo Rondelli, Numero6, En Roco, Ghemon, Pollio, Laszlo de Simone.

Telebellotto - Foto di Federico Baracco
Telebellotto - Foto di Federico Baracco

Significato complessivo di Debacle?

Sono sempre stato affascinato dalla gioia della sconfitta, o per utilizzare un concetto caro a Marco Parente dal "fascino del perdente". Questo è un concept album (o extended play che dir si voglia) che parla di una meravigliosa debacle in sei stazioni: se l'ouverture ci introduce a questo mondo di amari coriandoli, la suite susseguente srotola il tappeto di rose e di spine. Si parla di amori impossibili ispirati a Narcos Mexico, di weekend europei carichi di aspettative che conducono inesorabili a chimici panini notturni, di combattenti idealiste e padri disperati, della decadente e disillusa bellezza del gesto di Monsieur Oscar in Holy Motors per terminare con la fine di una relazione da cui germoglia l'ottimistico desiderio di continuare a sognare. D'altra parte al punto dieci del decalogo di Gerry Bellotto si legge esplicitamente: "Sorridi. Sempre. Anche nella debacle".

Ricordi/sensazioni dei tuoi ultimi live?

Una volta Vinicio Capossela mi scrisse queste parole: "Molto gli appassionati sanno degli artisti, poco gli artisti sanno degli appassionati", è un rapporto sfavorevole che rende il flusso emozionale disequilibrato. D'altra parte Glenn Gould smise di suonare dal vivo perché trovava questa relazione troppo sbilanciata, lo stesso Capossela aggiunse: "Bisognerebbe essere uno contro uno, invece siamo sempre uno contro mille, contro tremila, contro troppi". A me non interessa suonare dal vivo in senso lato, ma adoro farlo in un tête-à-tête paritetico: chi viene a trovarmi a casa è ormai abituato a "sorbirsi" le mie esibizioni, mentre si disquisisce di vita e si gusta del buon vino. Chiunque legga questa intervista è chiaramente invitato. 

Telebellotto - Foto di Federico Baracco
Telebellotto - Foto di Federico Baracco

Progetti futuri?

Continuare a viaggiare e a scrivere, amare il più possibile e tenere viva la fiamma della passione nei confronti della musica: sono già d'accordo con i ragazzi di Clockbeats, persone splendide grazie ai quali ho registrato Débâcle, di continuare a collaborare insieme, ho nel cassetto decine di nuove canzoni che parlano tra le altre cose di Egon Schiele, del cocktail cileno Terremoto e di neo-genitorialità, sarebbe un peccato non dischiudere ancora e per sempre la mia creatività per regalarla a chi vuole condividere un piccolo pezzettino di strada con me.

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L'articolo L'anarchia creativa di Telebellotto di Redazione è apparso su Rockit.it il 2022-06-16 12:00:00

Tag: bio

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