Li avevamo lasciati sul palco del MI AMI nel 2019. Quell’anno, i Tersø erano appena usciti con Fuori dalla giungla, il primo disco (dopo l’ep d’esordio del 2017, L’altra parte) ed erano impegnati con il tour: "La più grande soddisfazione di questi tre anni di musica è ovviamente legata ai concerti. Il MI AMI è stato uno dei palchi più belli su cui siamo stati, ma anche quella volta che abbiamo aperto a Frah Quintale, a Cosmo o ai BowLand all’Alcatraz è stato pazzesco, come tutte le volte che abbiamo suonato nei piccoli locali. L’emozione è sempre la stessa e la cosa più bella e che manca più di tutte è lo scambio e il contatto con il pubblico, con le persone", dice Marta Moretti, la voce del gruppo bolognese con l'aptang finale.
Lei, milanese cresciuta in Liguria e trapiantata a Bologna, scrive il testo e le melodie sopra le strumentali del suo ragazzo, Alessandro Renzetti, producer bolognese da cui parte l’idea iniziale dei pezzi. Durante la fase di scrittura dei brani, interviene Alessio Festuccia (che porta avanti da Londra un progetto solista dietro il nome di Alèfe) e insieme anche a Luca Ferriani, il batterista, il gruppo rivede le scelte produttive e approfondisce la ricerca sonora tracciata da Alessandro. Con il risultato di un’elettronica mista al glitch pop perfettamente accompagnata dalla voce di Marta, che canta in italiano su una produzione che tende verso il panorama musicale nord-europeo: "La scelta della ø in Tersø è una scelta estetica, ma anche un riferimento a quello stile. E un rimando al cielo quando è limpido e luminoso, che sia sopra Bologna o sopra la Danimarca", spiega la cantante.
Uno storytelling evocativo e raffinato, con un linguaggio tuttavia semplice che attinge dal quotidiano: Laser, l’ultimo singolo fuori per Vulcano, è tutto questo. Ed è anche un inno ai momenti spontanei: "Siamo molto contenti che sia uscito questo pezzo. È una canzone sincera, cui vogliamo molto bene. Non ci sono grandi slogan e il significato è racchiuso nel ritornello, 'Qua non si possono fare foto / Non posso fotografarti / Voglio soltanto provare a ballare / In mezzo alla gente sentirti ballare'. Ci piace pensare che ci siano ancora posti in cui è possibile sentirsi sé stessi e fare quello che ci pare senza per forza doverlo documentare", spiega Marta.
"Quando scriviamo le canzoni, a volte succede che subito dopo accade qualcosa che è l’esatta semplificazione dei messaggi che vogliamo trasmettere con la nostra musica. Laser (scritto in pieno lockdown) era ultimato e io e Ale eravamo in vacanza. Avevamo raggiunto a nuoto una caletta cui si poteva accedere solamente via mare, non via terra. In alto passava, però, un sentiero. Avevamo pensato: 'Speriamo passi qualcuno così che ci veda, perchè se non ci vede nessuno è come se non fossimo mai stati qui'", racconta la cantante dei Tersø. Un pensiero angosciante che è pura verità, perché si sa, siamo in un momento storico in cui gran parte di quello che facciamo è e deve essere documentato agli altri: "Con Laser volevamo raccontare quanto è bello rimanere, invece, nascosti", continua Marta.
Una riflessione che si inserisce all’interno di un discorso più ampio sulla società contemporanea – in Tersø si parla di cibo biologico, di inquinamento, di ambiente, di fast food –, e il messaggio complessivo che Marta, Alessandro, Alèfe e Luca vogliono portare avanti con la loro musica è questo: non avere paura di essere diversi, ma non essere diversi per forza. Un concept presente anche in Fuori dalla giungla: "Con il nostro primo disco volevamo esortare ad esplorare fuori dalla giungla, cercando anche un modo per rimanerci e stare bene", spiega Marta. E continua, ridendo: "Anche io ho lo smartphone e anche io mangio la mortadella! Ci siamo tutti dentro fino al collo, ma ci sono tanti altri principi per i quali voglio combattere e ognuno con le sue convinzioni porta avanti la propria battaglia".
Laser e tutte le altre canzoni erano già pronte prima del lockdown, ma il gruppo aveva già deciso di rimandare le uscite perché immaginava che i live sarebbero slittati. Ma non fino a questo punto, con il nuovo DPCM che per l’ennesima volta ha tagliato fuori la musica e il settore della cultura: "È un dispiacere personale, ma non solo. Siamo molto arrabbiati perché non capiamo (senza entrare in discorsi politici) le conclusioni cui è arrivato il governo. Non si sono trovate soluzioni e non capisco perché abbiano deciso di chiudere completamente questo settore, quando altre attività continuano il loro operato", dice mortificata Marta.
E continua: "Sabato sera siamo stati al Teatro Manzoni, al concerto di Andrea Laszlo de Simone: il nostro ultimo concerto fino al 24 novembre. Avevamo comprato i biglietti online e prima di comprarli avevamo specificato che fossimo congiunti. In base a quello ci hanno assegnato dei posti vicini, ci hanno misurato la febbre prima di entrare e siamo stati seduti con la mascherina per tutta la durata del concerto. È stato assolutamente tutto sotto controllo. Spero che le polemiche di questi ultimi giorni siano così forti da far capire che non è giusto fare distinzioni e che se possiamo andare a messa, possiamo andare anche a un concerto. Mi dispiace banalizzare, ma è così".
Non poter fare live è una grande perdita per tutti i professionisti del settore e per tutti i musicisti. Rimanere fermi rallenta la crescita dell’artista. I live sono fondamentali perché sono esercizio: "Più ne fai, più il progetto si mette a fuoco. Migliora la performance, la sicurezza, la consapevolezza, lo stare sul palco. Migliora tutto. Da quando hanno riaperto abbiamo ricominciato a provare come se avessimo concerti tutte le settimane e stiamo continuando tutt’ora a farlo", dice la cantante del gruppo bolognese.
Anche per il periodo che stiamo vivendo, al momento Marta non può dedicarsi al 100% alla musica e al progetto Tersø: "Nella vita, assolutamente e purtroppo devo fare altro oltre alla musica. Purtroppo, in realtà, tra virgolette, perché principalmente faccio la babysitter e amo stare con i bambini", dice la cantante, e continua: "Se si vuole che la musica diventi il proprio lavoro, bisogna fare tanti sacrifici e si deve dedicare a questa passione moltissimo tempo. Ecco perché, di fatto, tutti i lavori che faccio sono lavoretti gestibili in base agli impegni che ho con la band. Non ho un posto fisso e questo significa a volte parecchio stress emotivo, ma quando ho scelto di fare musica ho scelto anche questa condizione", spiega Marta, e conclude: "Più dai alla musica, più lei ti dà indietro qualcosa. Non vediamo l'ora di ricominciare a suonare live i nostri pezzi".
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L'articolo Tersø, come il cielo del Nord Europa visto da Bologna di Claudia Mazziotta è apparso su Rockit.it il 2020-10-27 15:57:00
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