Forse una parte del loro pubblico li ha scoperti con X Factor, ma i Les Enfants sono attivi sui palchi di tutta Italia da diversi anni. Rockit li segue da sempre, sin dalla presentazione dei loro primi ep e video, e come ospiti del MI AMI Ancora nel 2014. Era naturale quindi invitarli a presentare "Isole", il loro primo album, sul palco del MI AMI 2017, dove si esibiranno sabato 27 maggio (qui le prevendite consigliate).
Allora ragazzi, via il dente via il dolore, parliamo subito di X Factor e vorrei farlo senza troppi giri di parole. Secondo voi qual è stata la cosa che non è stata capita dal pubblico della vostra proposta?
Non so se più il pubblico o i giudici. In fatto è che non è un programma dove abbiamo potuto portare la nostra proposta. Diciamo che il concetto Les Enfants si è espresso al 15%. Certo, eravamo noi che suonavamo con il nostro modo, con il nostro sound. Però non le nostre canzoni, il nostro mondo.
Però voi sapevate che sareste andati lì a fare le canzoni che non erano vostre.
Assolutamente, però… non era il progetto Les Enfants al 100% per come è pensato. Non eravamo per niente convinti di entrare nel programma, infatti fino a un secondo prima penso volessimo uscire. Quello che ci eravamo detti era andiamo a fare delle cover, cosa che non abbiamo mai fatto, quindi almeno facciamo qualcosa che ci piace tanto, e quindi abbiamo fatto delle proposte che sono state Venditti, Springsteen e Arcade Fire. Anche "Bologna è una regola" ci piaceva, ma il pubblico non la conosceva, e la cosa stava prendendo una deriva… Avremmo voluto fare del cantautorato italiano, c’era in ballo Vecchioni. Avremmo dovuto fare Dalla, Venditti. Eravamo lontani dal nostro concetto di musica e scrittura.
Ho guardato quasi tutte le edizioni di X Factor, Soler è stato il giudice che ho capito meno di tutte le edizioni, però voi ci siete stati assieme, anche se per poco. C’è qualche consiglio che vi ha dato che vi è veramente servito, che vi porterete dietro e che vi andrebbe di condividere?
In realtà i momenti con lui non sono stati tantissimi, però quando era con noi in sala prove ci ha dato dei piccoli consigli pratici su come riarrangiare le parti ritmiche e rimettere giù alcune cose che sicuramente ci hanno dato una piccola svolta. Diceva di usare più la batteria, spingere sul lato Phill Collins. In generale avevamo una cultura musicale completamente diversa, ma lui è molto intelligente, molto competente e tranquillo, davvero un grande professionista.
Voi vi eravate autocandidati o siete stati contattati da un talent scout?
Siamo stai contattati da un talent scout della produzione.
Avete accettato subito o ci avete pensato su?
Ne abbiamo discusso molto. Il primo provino era a Milano, comodo per noi, quindi abbiamo pensato di provare e lasciarci aperta l'opzione di mollare in qualsiasi momento. In realtà noi abbiamo puntato a fare il minimo indispensabile anche come sound per essere più compatti. Solo che questo cosa è diventata troppo compatta e gli è piaciuta, ci mandavano avanti anche senza fare niente praticamente. La sensazione è stata questa.
Con Manuel Agnelli avete avuto qualche confronto?
Un confronto vero no, però lui è sempre stato carino con noi, a parte i giudizi a volte un po’ strani, però quello era il suo personaggio. Invece quando lo trovavi in situazioni informali, per i corridoi, era sempre molto carino e ci stimava. Anche quando siamo usciti è stato gentile e umano. Manuel poi ha anche bene in mente cos’è una band, un pochino ci capiva. Così come Alvaro. Una volta dalla produzione sono venuti a riprenderlo perché stava troppo con noi, gli dissero che non poteva parlare troppo, il programma prevedeva che ci vedessimo una volta a settimana e lui era triste perché voleva stare insieme a noi.
Volendo tirare le somme di quell’esperienza comunque vi ha fatto più bene che male.
Sì, è stata un'esperienza bellissima anche a livello di crescita personale e di gestione dello stress. Gettati in un delirio totale, in una lavatrice. L’approccio a un lavoro meticoloso, otto ore in sala prove, ti da dei buoni spunti.
Parliamo del disco. Ci sono delle immagini ricorrenti legate alla natura: le foglie, le colline, la vita nel bosco. Al di là di tutta la storia dello scoutismo che voi vi portate dietro e che immagino che da questo punto di vista vi abbiamo un po' forgiato come immaginario, perché ritornano così spesso?
Si rifà a certe esperienze fatte in adolescenza o anche da grandi in montagna. Ci piace prendere e andare per rilassarci.
Fate delle gite?
Marco: A volte sì. A me piace tantissimo il bosco, è capitato spesso anche con gli scout di dormire senza tenda in mezzo alle valli. È un’esperienza molto forte che in qualche modo mi ha impressionato.
In generale, come funziona la scrittura dei vostri pezzi?
In realtà nascono separatamente, come gruppo ci concentriamo molto sulla parte musicale inizialmente. Noi abbiamo la nostra sala prove quindi abbiamo la possibilità di passare ore e ore a non produrre niente, quindi cazzeggiamo di base, e qualche cosa viene fuori e da li lavoriamo sul pezzo. Solitamente Marco scrive molto di suo e parte a cantare anche parole a caso, per trovare una linea melodica, oppure ha dei testi che gli ritornano e pian piano prende forma il tutto. Le cose spesso nascono da dei frammento che continuiamo a suonare insieme. Poi si sviluppa qualcos'altro e possiamo andare avanti ore, ricavandoci diversi momenti di improvvisazione.
Avete lavorato con un produttore poi per la resa finale?
Per questo disco il lavoro è stato fatto in cinque, perché abbiamo lavorato tanto con Giuliano Dottori. Ci ha aiutato molto proprio sulla parte di scrittura.
I brani sono recenti? Sono passati 3 anni dal vostro ultimo ep.
Sono brani nati nell'arco proprio di questi tre anni. “Miracolo” è nata durante una gita in montagna in Valle d’Aosta. Avevamo in mano la prima copia dell’ep e stavamo già lavorando su qualcosa di nuovo.
Visto che l’avete tirata fuori parliamo di “Miracolo” che è la canzone che mi piace di più del disco. In parte mi avete già risposto, perché volevo che mi raccontassi dove era nata e come era nata.
Michele: È nata da un errore. Io ero fuori tempo con il basso e da quel fuori tempo è nato qualcosa… Il basso continua a girare in maniera strana rispetto al pezzo però alla fine si incastra tutto. È proprio uno specchio di quello che ci piace, più post-rock. A 17 anni era quello che cercavamo di fare, post-rock con due chitarre classiche e una batteria (ridono).
Invece il brano “Polvere” a chi parla, è una canzone per un amico?
“Polvere” è un insieme di suggestioni, di pensieri brevi e accostati l'uno all'altro. La polvere rappresenta il fatto di toccare il fondo. La frase “il folle sono stato io” parla di quando si giudica qualcuno per quello che sta facendo, ma poi se ne comprende il senso.
Mi parlate di “Mostri”? Ha questa immagine un po’ infantile dei mostri che si svegliano.
Michele: a me piace tantissimo. Volevamo aggiungere un pezzo rappato ma non siamo mai riusciti, secondo me ci stava. Musicalmente abbiamo usato montagne di autotune (ride).
In alcuni commenti online ho letto che sarebbe anche troppo.
Ascoltiamo tanto rap, e la chitarra in quel brano ha una sfumatura araba. Per questo disco ci eravamo detti dall’inizio è che volevamo sperimentare tante cose che ci piacevano insieme, cercando di tenere le fila.
Il sound infatti è piuttosto compatto. Non si direbbe da come lo state raccontando, siete molto bravi nel lavoro di sintesi.
"Mostri" è molto ispirato al mondo del rap, anche come ritmiche. È un mix di hip hop, trap, ambient. Alcuni ritmi sono trap, ma c’è anche il cantato sopra in italiano, un po' di rock, un'atmosfera un po' dreamy… Anche qui, sono tante tante cose assieme.
Ho degli appunti da farvi. Il primo è sulla voce: ho l’impressione che un po’ in tutto il disco manchi un po’ di dinamica. Sarà anche che il tuo timbro è cavernoso, in alcuni passaggi però mancano un po’ di sfumature.
Marco: Sì, sono d’accordo, è una cosa che stiamo cercando di migliorare, anche perché il live è faticosissimo, a volte facciamo due concerti consecutivi e sono morto.
Questo lo posso immaginare anche perché il tuo lavoro non è facilissimo in quanto batterista e cantante.
Marco: Esatto, e quando c’è il concerto andiamo sempre come un carro armato, al massimo, anche perché ci è capitato di fare diversi concerti di 25/30 minuti e lì devi dare tutto e subito, da qui deriva questa dinamica sempre alta.
L’ultima cosa che vi dico è che se c'è un particolare a non avermi mai convinta del vostro progetto è l’apparato grafico. Tralasciando vecchi loghi discutibili, anche la copertina di "Isole" non trovo che rispecchi il contenuto del disco e non riesco a capire bene cosa raffiguri. Volete spiegarmela?
Di base siamo antigrafici (ridono). In realtà la copertina è nata lavorando con questo ragazzo Carmelo, che a un certo punto ci ha fatto vedere questo quadro fatto da lui e ci siamo fissati su quell’immagine.
La teoria è che fossero delle isole diverse che insieme formano un'unica isola. Il quadro è fatto con la carta velina, quindi sommando le diverse veline vengono fuori dei colori diversi. Insomma, secondo noi è proprio bello.
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L'articolo LesEnfants - La vita nei boschi di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2017-05-22 09:00:00
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