Il getaway è il pensiero della fuga, la speranza concreta di poter cambiare vita altrove, infatti il loro più grande rimpianto è quello di essere rimasti in Italia. Ma alla fine, scappare non significa per forza risolvere i problemi. Ma gli LNRipley non hanno solo rimpianti, anzi, sono fieri di essere tecnicamente perfetti e di riuscire a far ballare tutti, anche le signorine in tacchi a spillo che sorseggiano i cocktail. L'intervista di Marcello Farno.
Il titolo del disco mi sembra emblematico...
(ride, nda) Perché dici questo?
Beh, "The Getaway" dai, vuoi dirmi che non c'è qualcosa dietro?
Parti dal fatto che sono sempre tutti qua che si lamentano, vogliono andare via, fuggire, trovare un posto dove stare tranquilli. Noi invece volevamo provare a spiegare che la fuga è solo uno state of mind, qualcosa a cui ti aggrappi se ce l'hai, ma solo in quel momento, perché poi magari fuggi e i tuoi problemi non se ne vanno. Il getaway è il getaway stesso insomma, è il concetto di poter dire forse posso scappare che ti fa andare avanti. È un po' una fuga dalla noia.
Non che voi siate mai stati una band annoiata.
(ride, nda) Esatto. Diciamo che "The Getaway" rappresenta l'essere molto più visionari che annoiati.
Però siete tornati a fare un disco molto solido, quasi di genere.
Ti racconto una cosa, appena ho sentito il disco non sapevo se fosse meglio di "Bluroom Box 1". Ai tempi, quando abbiamo ricevuto il master, eravamo completamente impazziti, sentivamo una grande differenza rispetto alle cose che avevamo fatto fino a quel momento. Forse per un valore affettivo, forse perchè quello è stato un lavoro più naif, più pazzo, più creativo. "The Getaway" è stato un lavoro altresì creativo, ma anche tecnicissimo, e la solidità si riferisce a questa cosa, perchè c'è stato un lavoro di tecnica maggiore, i tre producer di LNRipley sono migliorati ancora di più. Ecco, la solidità è data dall'implemento delle skills.
Stai dicendo che mancava solo dell'esperienza per raggiungere questo step?
Sì, se vuoi chiamarla esperienza...in realtà nella nostra band c'è da considerare che oltre a essere musicisti siamo tutti anche tecnici e produttori nel senso che possiamo produrre sia delle canzoni per una band dal vivo che delle release, come fanno i producer dubstep o drum & bass. L'unione di queste due cose ha dato "The Getaway".
Ci sono tanti pezzi dritti che rimandano a quelli che erano stati i vostri esordi.
Quella è una roba di cui si discute sempre, perché quando entri in studio con chitarra e pianoforte è ovvio che escano pezzi più pop, mentre quando ti metti in saletta con dei synth, degli strumenti elettronici, allora lì pensi solo al live. Sicuramente è anche una nostra necessità di avere dei pezzi punk, diciamo così, pezzi che facciano ballare, perchè non dimentichiamoci che il nostro obiettivo è sempre quello di far ballare, prima noi stessi e poi il nostro pubblico.
Dove lo avete scritto?
Gli embrioni sono nati a casa, io e Alessandro piano e voce, chitarra e voce, alcune cose che ci portavamo dietro anche dal tour. Poi il lavoro è stato tutto finalizzato in Bluroom, che rimane la nostra base operativa, a Chivasso. E per la prima volta c'è stato un lavoro anche dei singoli produttori, nel senso che, mentre per "Bluroom Box 1" avevamo lavorato tutti insieme, qui i tre producer hanno lavorato anche separatamente, si arrivava in studio con del materiale già pronto, degli scheletri che stavano in piedi, c'era solo da arricchire e perfezionare. Anche le linee vocali erano già definite, mentre prima facevo sempre un sacco di freestyle per capire come farle stare su.
Come primo singolo avete scelto la cosa più atipica di tutto il disco. "Even Stronger" è una mattonata pazzesca.
"Even Stronger" ha una storia stranissima, è il pezzo su cui sono state messe di più le mani. Non mi ricordo se ne avevamo addirittura trentadue versioni, che è una cosa pazzesca se ci pensi. E considera che in corsa è stato anche cambiato. Quel pezzo è nato totalmente elettronico, e poi è diventato strumentale. Ninja ad esempio ha risuonato tutte le parti di batteria, che è una cosa atipica per noi, che in studio abbiamo sempre lavorato solo con VST, etc. L'abbiamo scelto perché lo sentiamo come l'unione di più anime, è sostanzialmente un reggae bianco, un reggae in chiave rock, che prosegue con questa salita sincopata, percussiva, quasi tribale, che poi finisce per farlo somigliare a un pezzo gabber (ride, nda). Ma nessuno di noi aveva intenzione di fare un pezzo gabber.
Sbaglio o siete diventati anche più colorati a livello di immaginario?
Non sbagli, e non è una cosa fatta a caso. All'interno della band c'è comunque una vitalità, una solarità, che magari per le maschere non traspare mai. Eravamo stufi di dare quest'immagine di noi molto cupa, tutti sono abituati ad LNRipley come ad una cosa scura, incazzata, nervosa. Lo è stato sicuramente, però "The Getaway" è un disco fatto con una certa allegria di fondo diciamo, e volevamo trasmetterlo in qualche modo. Ovviamente non possiamo metterci a fare i video con l'ukulele e le tipe nude, e la cosa che c'è venuta in mente sono quelle luci, la mia camicia...
Magari così la gente balla anche più di gusto...
Ti dirò un'altra cosa, probabilmente ci siamo anche accorti che negli ultimi due anni il nostro pubblico femminile è aumentato in maniera esponenziale. Questo vuol dire che non è solo una cosa per ravers con cani e cappucci. E menomale, è quello che cerchiamo di trasmettere da anni, la drum & bass è un genere che può farti ballare anche se hai i tacchi e vuoi berti un cocktailino, o ti vesti colorato.
Quindi l'appello è ancora più donne ai live degli LNRipley?
Le prime tre file assolutamente sì, dopo le tre file ci sono i barbari che si menano dal secondo pezzo in poi. A Torino hanno fatto il wall of death, da soli, al secondo pezzo. Senza che io gli dicessi niente eh, e mancava ancora un'ora e venti alla fine del concerto (ride, nda).
Quali sono gli elementi essenziali che entrano in gioco nella costruzione di un vostro live?
Sicuramente deve esserci il volume, quello è la prima cosa. Una volta siamo arrivati in un posto in cui l'impianto non era adeguato e abbiamo detto "ragazzi noi non possiamo suonare, o lo implementate o ce ne andiamo". È finita che è arrivato un camion con un altro impianto, è stata una scena che non ti dico. Già con quello abbiamo fatto il 70% del live, poi sicuramente l'energia, lo scambio che c'è tra noi e il pubblico, lì spetta a noi trasmettergli la sensazione che tu sei lì solo per loro. E in questo io sono molto grato al nostro pubblico.
C'è in questo atteggiamento qualcosa che avete preso da altre band?
Per quanto riguarda il suono sicuramente Chase & Status sono una fonte di ispirazione per noi molto importante. Per quanto riguarda l'essenza del frontman, io l'ho sempre detto, mi sono ispirato a gente come Damon Albarn, Dennis Lyxzén dei Refused, l'MC dei Death Grips. Ultimamente dal vivo mi sono piaciuti un sacco anche gli Enter Shikari. Quelle che a me piacciono sono le performance energiche, non esagitate, quelle dove cerchi di dare tanto al pubblico.
Il posto ideale dove far suonare questo disco?
Stati Uniti sicuramente. Non avrei dubbi, potessimo fare un tour delle università statunitensi...l'obiettivo adesso è lavorare a questa cosa qua.
Lì le tipe arrivano pure alle prime dieci file.
(ride, nda) Anche, probabilmente. Guarda, il pubblico italiano è fantastico, è caldo, veramente caldo, da Milano a Palermo, senza distinzione. Il punto è che negli States potremmo arrivare a un bacino di persone veramente molto grande, e quindi ti parlo di quantità non di qualità del pubblico. In Europa ci piacerebbe tanto suonare in posti come Ungheria, Polonia, Romania, dove potremmo avere un grande appeal.
Se ti guardi indietro qual è la cosa di cui vai più fiero di questi quasi otto anni di LNRipley?
Sicuramente la capacità tecnica del gruppo in sé. E lo dico senza spavalderia e presunzione, ma con obiettività, credo che in Italia e anche all'estero, nei posti in cui abbiamo suonato, non abbiamo ancora incontrato un'altra band che riesca a rappresentare con questa prepotenza il binomio di musica suonata e musica elettronica. Se fossimo una squadra di calcio ti direi la compattezza. Ogni volta che scendo dal palco non mi viene mai da pensare "merda, forse eravamo slegati", ed è una delle cose di cui andiamo più fieri tutti.
Dimmi anche quello che rinneghi però.
Non aver trasferito il gruppo fuori dall'Italia. La nostra è stata una scelta, il fatto di essere italiani, di credere nell'Italia e di continuare a farlo. Però, girando, io non ho mai potuto credere che in Italia ci siano così tante serate drum & bass, così tanta gente che segua il genere, eppure dai media la drum & bass venga ancora considerata una musica di nicchia. E non me ne capacitavo già dal 2008, quando usciva il secondo di Chase & Status, uscivano Pendulum, Sub Focus. Io ero appena tornato da Londra e lì erano tutti in classifica, non su Beatport ma su Billboard. Forse l'unico rimpianto è quello di aver creduto troppo in questo paese. Poi in Italia ogni cosa ha bisogno sempre di essere contestualizzata, siamo un paese particolarissimo. Uno dei motivi di tutto ciò è sicuramente il malfunzionamento che colpisce ogni angolo della nostra industria artistica.
Quindi la soluzione è fare uscire il disco per una label di Torino che ha la residenza in Inghilterra.
Esatto. Io sono molto contento di averlo pubblicato per NoMad Records. Loro si sono spostati a Bristol, perché lì è più facile, nel giro di poco hanno legalizzato tutto, etc. Fai conto che io l'etichetta l'ho vista nascere, ho collaborato in diverse release, siamo andati insieme a suonare all'Outlook Festival, ed è una label con una margine di crescita notevole. I fondatori sono persone che ci credono, ci lavorano tutti i giorni, e a me piace lavorare con questo tipo di persone.
Tutti pronti per il getaway alla fine?
Sì, però ti ripeto sfatiamo questo mito. O ci nasci con il getaway oppure trasferirti fuori non risolve mica i tuoi problemi.
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L'articolo LNRipley - Drum'n'bass con i tacchi a spillo di Marcello Farno è apparso su Rockit.it il 2014-05-14 00:00:00
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